“Anche la legge veneta sulla falconeria è stata impugnata dal governo.
È l’ennesimo caso, altri soldi dei veneti sprecati in contenziosi facilmente evitabili.
Ancora una volta, infatti, eravamo stati facili profeti: un provvedimento presentato dai consiglieri della Lega che introduceva una deregulation per privilegiare pochissime persone, mettendo in pericolo la fauna selvatica“.
Il consigliere del Partito Democratico, e vicepresidente della commissione Ambiente, Andrea Zanoni interviene dopo l’impugnazione da parte di Palazzo Chigi della legge 6/2019 approvata dall’aula a fine gennaio.
“Avevamo sottolineato la nostra contrarietà all’addestramento dei falchi tutto l’anno poiché non è possibile distinguere, vista la natura dei rapaci, tra questa attività e quella venatoria in senso stretto.
E infatti l’articolo 1, comma 1, lettera b della legge è finito nel mirino dell’esecutivo poiché la normativa regionale, così formulata, si presterebbe a una ‘surrettizia elusione dei limiti temporali entro i quali è consentita la caccia’ violando l’articolo 18 della legge quadro nazionale 157/1992.
Nel dispositivo del Consiglio dei ministri viene scritto che allenare i falchi durante l’intero periodo dell’anno ‘non offre adeguate garanzie di rispetto della normativa nazionale, non risultando possibile distinguere agevolmente tra attività di mero addestramento ed esercizio dell’attività venatoria in senso stretto, conservando i rapaci utilizzati gli istinti predatori, con conseguenti potenziali ricadute sulla fauna selvatica, in special modo nei delicati periodi di relativa riproduzione e dipendenza, ove risulta maggiore la vulnerabilità dei giovani appena involati“, fa sapere il consigliere del Partito Democratico.
Stesso articolo impugnato, sempre al primo comma, alla lettera c che consente alla Regione di autorizzare l’istituzione di apposite zone con periodi per l’addestramento e l’allenamento dei falchi, con l’abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili.
“Anche qua andiamo in contrasto con la legge quadro nazionale perché i falchi durante la predazione non distinguono un animale selvatico da uno di allevamento.
Niente di nuovo e tutto ampiamente prevedibile: la Regione – protesta in chiusura Zanoni – la smetta con questi regali a una lobby minoritaria dei cacciatori anche perché il conto di provvedimenti sbagliati lo pagano tutti i veneti.
E visto che gli scontri con Roma sono assai frequenti, la spesa sale: i 22 casi arrivati a sentenza lo scorso anno sono costati ai cittadini veneti oltre 248mila euro“.
(Articolo pubblicato con questo titolo il 5 aprile 2019 su “La Voce di Rovigo”)
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COMUNICATO LAC
Il 4 aprile 2019 il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie Erika Stefani, ha esaminato ventidue leggi delle Regioni e delle Province Autonome ed ha quindi deliberato, tra l’altro, accogliendo l’esposto delle associazioni ENPA, LAC, LAV, LIPU e WWF, di impugnare alla Corte costituzionale la legge della Regione Veneto n. 6 dell’8 febbraio 2019, recante “Modifiche e integrazioni alla legge regionale 20 gennaio 2000, n. 2 “Addestramento e allenamento dei falchi per l’esercizio venatorio””, in quanto alcune norme riguardanti l’esercizio dell’attività venatoria con il falco violano l’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, tendendo a ridurre in pejus il livello di tutela della fauna selvatica stabilito dalla legislazione nazionale, invadendo illegittimamente la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (LAC Veneto, LAC Liguria, 5 aprile 2019).