Bentornati nel clima del pliocene: la CO2 mai così alta da tre milioni di anni

 

L’ultima volta è successo nel pliocene.

Tre milioni di anni fa l’Antartide era verde, coperto dagli alberi, il mondo era più caldo di 3-4 gradi e i mari più alti di 15-20 metri.

Oggi siamo tornati allo stesso livello di anidride carbonica di quell’epoca, quando l’homo non era ancora nato: 410 particelle per milione.

I ricercatori se ne sono accorti scavando carote di ghiaccio in Antartide.

In profondità, la parte antica della calotta conserva infatti minuscole particelle dei gas del passato.

Per gli studiosi del clima, immergersi in quel manto bianco è come sfogliare all’indietro un libro di storia.

Estraendo il loro campione, i ricercatori del Potsdam Institute for Climate Impact Research hanno tracciato la poco rassicurante linea che unisce noi al pliocene.

La loro ricerca è su Science Advances

Per i ricercatori tedeschi, di questo passo il cambiamento di colore dell’Antartide sarà solo questione di tempo.

L’aumento dell’anidride carbonica è iniziato più o meno nel 1750 (data di nascita convenzionale della rivoluzione industriale) a partire da circa 280 particelle per milione.

Nel 1958, quando sono iniziate le misurazioni, eravamo a 315.

Nel 2013 abbiamo superato l’asticella delle 400, con la temperatura media del pianeta che è aumentata di un grado e la Nasa stima un valore di 450 per il 2040.

Il quotidiano inglese The Guardian ha deciso di pubblicare i livelli di anidride carbonica misurati dalla stazione di Mauna Loa, alle Hawaii, nella pagine delle previsioni del tempo.

Dalla fine del pliocene (1,6 milioni di anni fa), mai il termometro aveva segnato più di due gradi rispetto all’epoca precedente alla rivoluzione industriale.

Se le emissioni di gas serra continueranno così – proseguono gli studiosi – il limite di 1,5-2 gradi di riscaldamento fissato dagli accordi di Parigi verrà sicuramente superato.

Anzi, si arriverà probabilmente a 3 gradi, con un mare più alto di 50 centimetri alla fine del secolo. 

Occorrerebbe fermare le emissioni, avvertono gli scienziati e impongono gli accordi internazionali.

Invece sta accadendo esattamente il contrario.

Nel 2018 altre tre particelle per milione si sono aggiunte al bottino già così ben rappresentato in atmosfera.

Tre dei quattro record di inquinamento sono stati registrati negli ultimi quattro anni, fa sapere la Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration).

Secondo l’ente americano incaricato di monitorare il clima, la velocità di accumulo di gas serra è di 100 volte superiore rispetto alla fine dell’ultima era glaciale, fra 11mila e 17mila anni fa.

In questo panorama di sconforto e impotenza, un raggio di sole è arrivato da Berlino.

Il governo tedesco ha fatto sapere di essere riuscito a ridurre le sue emissioni del 4,2% nel 2018: caso non unico ma raro, fatta eccezione per i paesi in recessione economica.

Certo, il clima più mite aiuta i paesi del nord, che non hanno grandi consumi per il condizionamento in estate.

Ma sul nostro risultato – ha spiegato il ministro per l’ambiente Svenja Schulze – ha pesato il maggior utilizzo di sole e vento come fonti energetiche al posto di carbone, petrolio e gas“.
 

(Articolo di Elena Dusi, pubblicato con questo titolo il 6 aprile 2019 sul sito online del quotidiano “la Repubblica”)

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