Artico, «Mi dispiace per gli orsi». Putin: rispettare la fauna, ma vuole più petrolio e gas

 

Intervenendo al quinto International Arctic Forum che si conclude oggi a San Pietroburgo, il presidente russo Vladimir Putin ha sottolineato la necessità di tenere conto dei rischi che la flora e la fauna artica possono affrontare a causa dello sviluppo economico.

«La principale minaccia nell’Artico penso sia ecologica – ha detto Putin – Mi dispiace per gli orsi, in questo caso per gli orsi polari».

Poi ha chiarito di provare gli stessi sentimenti per tutta la fauna della regione artica e ha aggiunto: «Il possibile sviluppo economico dell’area aumenta i rischi, dobbiamo tenerne conto».

Ma in realtà è proprio la politica artica di Putin a tenere in scarsissimo conto le conseguenze ambientali e climatiche dello sfruttamento di un’area dove si trovano il 22% delle riserve di idrocarburi non scoperte del mondo e che ospita anche migliaia di specie di piante, animali e microrganismi.

Il presidente russo ha detto che «la regione artica rappresenta oltre il 10% di tutti gli investimenti dell’economia russa. 

Il Paese sta lavorando a una nuova strategia per lo sviluppo della regione» ed ha annunciato di aver «incaricato il governo, gli esperti e i rappresentanti delle imprese di redigere una legge federale su uno “speciale sistema di preferenze per gli investitori” nella zona artica.

Sto chiedendo loro di svolgere questo lavoro prontamente in modo che la legge venga approvata dalla Duma di stato nella sessione autunnale»

All’Arctic Forum, dove sono presenti circa 350 imprese russe e straniere, Putin ha sottolineato che gli imprenditori che avranno accesso alle risorse dell’Artico russo dovrebbero essere scelti in base a caratteristiche «ancora più avanzate, più stabili, tenendo in considerazione  le peculiarità della regione artica».

Ma in realtà la Russia si appresta a varare sostanziose agevolazioni fiscali, Putin ha detto: «stiamo creando e continueremo a creare condizioni vantaggiose per le imprese che lavorano nelle dure condizioni artiche. 

Ciò è dovuto non solo alla mancanza di sviluppo delle infrastrutture, ma anche alla necessità di investire denaro in tecnologie, questo aiuterebbe a preservare la natura della regione.

Quest’anno intendiamo preparare e approvare una nuova strategia per lo sviluppo dell’Artico entro il 2035.

Dovrebbe consolidare le attività dei nostri progetti nazionali e programmi statali, i piani di investimento delle aziende infrastrutturali e programmi di sviluppo delle città dell’Artico.»

Putin ha anche annunciato che la Russia modernizzerà i porti della costa artica e rinnoverà la sua flotta rompighiaccio e ha invitato partner stranieri a collaborare nella cantieristica, elle comunicazioni, nella sicurezza e nella produzione di minerali nella regione, assicurando che «le sanzioni non interromperanno i piani della Russia per lo sviluppo dell’Artico».

Insomma, Putin pensa di tutelare gli orsi polari e il fragile ambiente artico disseminandolo di piattaforme offshore, miniere, porti, basi militari e rompighiaccio nucleari che aprono le rotte al traffico navale globale.

Come se non bastasse, il ministro dell’energia russo, Alexander Novak,  prevede che «mentre la domanda globale di carburante aumenta, entro il 2035 la produzione di gas naturale liquefatto (GNL) della aumenterà di oltre 10 volte, fino a 140 milioni di tonnellate all’anno».

Secondo Novak nel 2018 le esportazioni di GNL dalla Russia hanno raggiunto i 12,86 milioni di tonnellate e la produzione annua crescerà a 73 milioni di tonnellate già nel 2025.

Di fronte ai delegati dell’Arctic Forum il ministro ha ricordato che «la Russia ha una vasta gamma di opportunità per espandere la produzione di GNL. 

Molti impianti di GNL sono attualmente in fase di progettazione e stanno diventando operativi.

Secondo le nostre stime, un’ulteriore domanda aggiuntiva raggiungerà un totale di 300-350 milioni di tonnellate entro il 2035.

Ciò significa che punteremo a raggiungere una produzione annua di GNL di 100-140 milioni di tonnellate entro lo stesso anno come parte della nostra strategia energetica».

Novak ha denunciato che «Washington sta cercando di costringere l’Europa ad acquistare il GNL americano, creando una concorrenza sleale.

Il fattore che gioca un ruolo importante è il protezionismo che vediamo oggi dagli Stati Uniti che sta effettivamente imponendo il proprio gas naturale liquefatto ai consumatori europei a scapito del suo diritto di scelta».

Ria Novosti/Sputnik  scrive che «all’inizio di questa settimana, il Servizio federale delle dogane della Russia ha riferito che le esportazioni di GNL del Paese hanno registrato un aumento annuale dell’81% nei primi due mesi dell’anno in corso. 

L’aumento della domanda estera ha permesso alle imprese russe come Sakhalin Energy e Yamal LNG di raddoppiare le proprie entrate all’esportazione a quasi 1,5 miliardi di dollari nel periodo indicato».

Putin sarà anche preoccupato per gli orsi, ma il suo governo sta facendo il contrario di quel che bisognerebbe fare per difenderli dal riscaldamento globale: estrae e vende idrocarburi e distrugge e occupa il suo habitat.

Hanno provato a spiegarlo timidamente all’International Arctic Forum anche scienziati come Aleksandr Mikhaylovich Sergeyev, il presidente dell’Accademia delle scienze della Russia, che ha messo in guardia: «Lo scioglimento del permafrost nell’Artico provoca un rilascio di metano che potrebbe creare una tale esplosione che l’insieme della Terra ne subirebbe le conseguenze».

Ma, con una capriola logica, Sergeyev ha aggiunto che, secondo lui, «queste emissioni non dipendono dalle attività industriali».

Tesi ardita, visto che è lo stesso presidente dell’Accademia delle scienze della Russia a dire che «l’aumento delle emissioni di metano in seguito al riscaldamento climatico e allo scioglimento del permafrost nell’Artico potrebbe tradursi in conseguenze catastrofiche».

Comunque Sergeyev ha continuato il suo equilibristico percorso tra politica putiniana e scienza, risultando ala fine più realista del re  (Putin aveva detto che il possibile sviluppo economico dell’Artico aumenta i rischi), e ha concluso:  «Questo rilascio di gas può prodursi in maniera irregolare.

Si possono avere delle emissioni molto potenti, per esempio là dove ci sono più idrati di gas.

Questo processo non è più legato alle attività industriali e l’Artico è diventato un attore indipendente per quel che riguarda la sua influenza sul clima.

Noi diciamo che bisogna controllare le emissioni di gas serra. Ma, dopo gli ultimi dati, il fattore di rilascio del metano, che non è direttamente legato alle attività industriali, diventa sempre più importante»

Ora, se il riscaldamento globale è provocato in gran parte proprio dall’utilizzo dei combustibili fossili che vengono estratti anche nell’Artico e che hanno fatto schizzare le concentrazione di CO2 nell’atmosfera a livelli mai visti negli ultimi tre milioni di anni, come si fa a dire che lo scioglimento del permafrost – che dipende dal riscaldamento globale –  non è legato alle attività industriali in corso nell’Artico e che Putin e i suoi ministri vorrebbero moltiplicare?

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 10 aprile 2019 sul sito online “greenreport.it”)

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