Clima: il lento risveglio dei media italiani

 

Greta Thunberg, Fridays For Future, School Strike 4 Climate, Extinction Rebellion.

A questi manifestanti sono rivolti i complimenti degli scienziati per aver portato il tema del clima agli onori della cronaca.

La lotta al cambiamento climatico rappresenta non solo un’urgenza, come afferma la stragrande maggioranza degli scienziati, ma anche un impegno, come attesta l’adesione dell’Italia all’Accordo di Parigi del 2015.

Secondo questo accordo, l’Italia e oltre centonovanta Paesi nel mondo sono tenuti ad agire “per mantenere l’aumento medio della temperatura mondiale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali”, puntando a limitare l’aumento a 1,5°C.

È questo il messaggio che risuona da settimane nelle piazze di tante città del mondo.

Da Roma a Berlino, da Piazza del Popolo a Marble Arch.

D’altra parte, stando a quanto trasmesso sui numerosi canali di comunicazione, le informazioni finora diffuse dai mass media italiani sembrano vertere più sui numeri delle piazze e sugli incontri degli attivisti con istituzioni e personaggi di spicco – oltre che su complotti, trecce, élite e anti-Greta sovraniste –, piuttosto che sul messaggio che i manifestanti portano con sé.

Secondo il parere di molti, sul tema del cambiamento climatico giornalisti e istituzioni sembrano ancora girarci intorno.

A loro giustificazione corre in aiuto la scienza.

Perché si sta facendo poco per contrastare il cambiamento climatico?

Perché è un fenomeno difficile da percepire.

Alcuni ricercatori, in un articolo pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas), dimostrano infatti che è la percezione spontanea degli esseri umani (limitata a un lasso di tempo fra i due e gli otto anni) a impedirci di avvertire le considerevoli prolungate variazioni del clima.

Come spiega Pietro Greco su Micron “se vogliamo reagire ai cambiamenti climatici non dobbiamo fare troppo affidamento sulla percezione spontanea, quanto piuttosto sulla conoscenza diffusa”.

Eppure, nonostante i negazionisti e i limiti fisiologici di percezione della nostra specie, dagli italiani sembra giungere una bella notizia.

Secondo un recente sondaggio di European climate foundation e Ipsos Mori, oltre l’80% degli italiani pone la lotta ai cambiamenti climatici tra le priorità per le prossime elezioni europee, e chiede che i partiti intraprendano azioni efficaci nella risposta al riscaldamento globale.

Tuttavia, a un mese dalle prossime elezioni, come d’abitudine nel nostro Paese, questi temi ancora non rientrano efficacemente nelle agende politiche dei nostri candidati.

E l’atteggiamento negazionista di alcuni giornalisti sembra tutt’altro che favorire le volontà e la necessità di informazione degli italiani.

Troppo spesso, finora, parlare di clima in Italia è stato parlare di una ragazzina svedese con le trecce (o senza, a seconda dell’occasione), accusata di essere saccente, di essere strumentalizzata, di essere affetta da Asperger, di essere una “rompiballe”.

Di non conoscere i massimi sistemi.

Quello che ancora sfugge a molti, è che la voce di Greta Thunberg rappresenta la voce di oltre un milione di studenti scesi in piazza, lo scorso 15 marzo, per manifestare contro il cambiamento climatico.

Sono le voci di migliaia di scienziati da tutto il mondo, Italia inclusa, schierati dalla parte dei manifestanti per il clima, e le cui dichiarazioni sono state recentemente diffuse dalle prestigiose riviste scientifiche Nature e Science.

È la voce del segretario generale dell’Onu António Guterres che, al termine della IV Assemblea dell’Onu sull’ambiente e la sostenibilità di Nairobi, ha rivolto le sue lodi ai manifestanti per il clima, ribadendo l’impegno delle Nazioni Unite per il prossimo summit sul clima che si terrà in settembre a New York. “My generation has failed to respond properly to the dramatic challenge of climate change. This is deeply felt by young people. No wonder they are angry”, ha affermatoGuterres su The Guardian.

È la voce di María Fernanda Espinosa, presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che dichiara “ora dobbiamo davvero accelerare la nostra azione, perché tutti i rapporti scientifici in proposito sono pessimisti, e ci dicono che non stiamo facendo ciò che dovremmo”.

Sono le voci del presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani, della presidente del Wwf Italia Donatella Bianchi, di Luca Iacoboni, responsabile della campagna Clima e energia di Greenpeace Italia, e delle numerose associazioni e movimenti ambientalisti presenti sul nostro territorio.

È anche la voce di Papa Francesco che, stringendo la mano a Greta Thunberg, la invita a continuare nella sua lotta.

E, paradossalmente, è anche la voce dei nostri contestati leader politici, che si sono espressamente congratulati con Greta e con i manifestanti per il clima.

Dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dal presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati al ministro dell’Ambiente Sergio Costa.

Ricordando le calamità naturali che hanno colpito il nostro Paese e il relativo legame con l’azione dell’uomo, Casellati ha inoltre affermato: “Quello che però non possiamo più ignorare e non possiamo più sottovalutare è che non si tratta di casualità, coincidenze o sfortuna.

Dobbiamo necessariamente voltare pagina”.

La lotta al cambiamento climatico è senza dubbio un tema spinoso per la nostra classe politica.

E non solo per la nostra.

Cambiamenti climatici e socio-economici viaggiano a braccetto, senza discriminazioni o frontiere di sorta.

A dimostrazione di questo legame, e dei relativi rischi, basti pensare ai possibili effetti collaterali delle politiche di decarbonizzazione e al caso dei gilets jaunes, insorti a novembre con le manifestazioni contro il rincaro dei carburanti, poi sfociate in uno scontro sociale.

Ed è un tema spinoso anche per molti giornalisti.

Poco avvezzi, in Italia, a parlare di scienza e di ambiente.

Nondimeno soggetti, tuttavia, alla responsabilità di diffondere le notizie con “la maggior accuratezza possibile” e, nel caso di argomenti scientifici, a evitare sensazionalismi che potrebbero “far sorgere timori o speranze infondate”.

Ben vengano allora i ringraziamenti dei nostri politici ai manifestanti per il clima.

Ben vengano anche le parole dei giornalisti, seppur troppo spesso espressione di inutili accanimenti personali e di sgradevoli illazioni.

Ben venga, questo tormentato risveglio dell’interesse per l’informazione scientifica.

Purché di clima, e di scienza, finalmente se ne parli.

 

(Articolo di Simona Re, pubblicato con questo titolo il 30 aprile 2019 sul sito on line “greenreport.it”)

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