Agricoltura, in 10 anni scomparso un campo di grano su cinque

 

In 10 anni in Italia è scomparso un campo di grano su cinque, con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati ed effetti dirompenti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente.

La denuncia arriva da Coldiretti in occasione della Giornata nazionale del grano italiano, che vede la trebbiatura realizzata nel centro di Milano, al Villaggio contadino al Castello Sforzesco.

Trebbiatura che quest’anno, secondo una prima stima dell’associazione dei coltivatori, vedrà un raccolto di circa 7 miliardi di chili di grano, coltivati su oltre 1,8 milioni di ettari, rispetto ai circa 2,3 milioni di un decennio fa.

Segnali positivi arrivano però dalla coltivazione di grani antichi che nel giro di due anni, rileva Coldiretti, hanno visto moltiplicare per sei le superfici coltivate, passando dai 1000 ettari del 2017 ai 6000 attuali, trainato dal crescente interesse per la pasta 100% italiana e di qualità.

Un esempio è il grano Senatore Cappelli, ma da Nord a Sud sono state recuperate tante altre varietà, dalla Timilia al Saragoilla, dal gentil Rosso al Farro dicocco e monococco, dal Russello al Burattata.

Un lavoro di valorizzazione importante, ambientale oltre che economico, – sottolinea Coldiretti – visto che questi tipi di grano antico sono ‘capaci’ di sopravvivere in condizioni ambientali ostili, poveri di nutrienti e di acqua, con un limitato utilizzo di agrofarmaci.

Un lavoro che rischia di essere vanificato – sottolinea la Coldiretti – dai bassi prezzi riconosciuti ai coltivatori a causa delle speculazioni e delle importazioni dall’estero di prodotti che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale vigenti nel nostro Paese.

Dopo l’approvazione dell’accordo di libero scambio con il Canada (Ceta) nei primi tre mesi del 2019 il paese nordamericano è risultato il primo fornitore di grano duro dell’Italia con un aumento di 600 volte delle importazioni di prodotto, che secondo Coldiretti viene trattato con l’erbicida glifosato in preraccolta, secondo modalità vietate sul territorio nazionale dove la maturazione avviene grazie al sole.

La situazione – denuncia la Coldiretti – mette in pericolo la vita di oltre trecentomila aziende agricole che coltivano grano spesso in aree interne senza alternative produttive e per questo a rischio desertificazione.

L’Italia deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività nelle campagne“, dichiara il presidente della Coldiretti Ettore Prandini sottolineando che “con la chiusura di un’azienda agricola, infatti, insieme alla perdita di posti di lavoro e di reddito viene anche a mancare il ruolo insostituibile di presidio del territorio“.

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 6 luglio 2019 sul sito online del quotidiano “la Repubblica”)

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