PTPR: la relazione dell’Assessore Massimiliano Valeriani

 

(Dal resoconto stenografico della seduta del 29 luglio 2019)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per svolgere la relazione, l’assessore Valeriani. Ne ha facoltà. (segue t. 13)

VALERIANI, Assessore.

Grazie, Presidente.

Onorevoli consiglieri, siamo arrivati a una fase molto importante di questa legislatura perché stiamo lavorando all’approvazione di un provvedimento fondamentale e atteso da decenni da amministratori locali, operatori del settore, ambientalisti, associazioni di categoria e semplici cittadini.

Con il Piano territoriale paesistico regionale verrà disciplinato l’uso dell’intero territorio del Lazio salvaguardando i vincoli del paesaggio e fornendo certezze normative.

Il nuovo piano, infatti, sarà uno strumento fondamentale per garantire regole chiare e univoche sulla gestione del territorio regionale.

In particolare, consentirà il definitivo superamento dei vecchi Piani paesistici assicurando uniformità, trasparenza e semplificazione al sistema di tutela del Lazio.

Appena il nuovo piano sarà vigente, i Comuni avranno tre anni di tempo per adeguare i loro strumenti urbanistici.

Su questa scadenza non si può derogare perché i tempi sono previsti dal Codice Urbani del 2004.

Prima la tempistica era di due anni e l’abbiamo volutamente allungata di un altro anno per venire incontro ai Comuni.

Potremmo considerare il nuovo PTPR un Piano paesistico di quarta generazione.

La prima generazione dei piani discende direttamente dall’applicazione della legge n. 1497/1939 e dal suo regolamento di attuazione, il decreto regio n. 1357/1940, che è ancora vigente e che ha visto come unica amministrazione competente il Ministero per le attività culturali.

La seconda generazione dei piani, invece, deriva dagli obblighi della legge Galasso, la n. 431/1985, che ha confermato come Amministrazione competente la Regione imponendo la redazione dei Piani paesistici o Piani urbanistici territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ambientali.

Oltre ad approvare i PTP, con la legge regionale n. 24/98 il Lazio ha provveduto a definire le modalità di tutela omogenea per tutto il territorio regionale in riferimento ai beni diffusi e ha previsto l’approvazione di un unico piano, il PTPR, appunto, determinandone contenuti e procedura di realizzazione.

Lo strumento normativo del Piano, dunque, si sovrappone ai PTP vigenti definendo proprio le modalità di tutela omogenea sul territorio regionale.

I PTP, infatti, sono stati elaborati a partire dagli anni Ottanta con gli strumenti allora disponibili, ovvero su basi cartografiche del 1960.

L’approvazione di un unico piano consentirà di racchiudere in un solo unico strumento l’intera disciplina del paesaggio regionale con il definitivo superamento dei vecchi PTP.

La terza generazione discende poi dal Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004, presentato dal ministro Urbani, di cui porta il nome, e varato dal Governo presieduto dall’allora presidente Berlusconi nel corso della XVII legislatura.

Il codice attribuisce al MiBACT la competenza sulla tutela e la conservazione del patrimonio culturale del paesaggio in attuazione ai princìpi costituzionali.

Ricordo l’articolo 9 della Costituzione, che recita: “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione mentre demanda alle Regioni la realizzazione dei piani paesaggistici”.

Ad oggi risultano approvati in Italia quattro piani paesistici secondo i criteri fissati dal Codice nelle Regioni Puglia, Toscana, Lombardia e Sardegna, mentre sono diversi i piani che vigono in regime di adozione, ma mai approvati dai loro Consigli.

Successivamente la specializzazione e l’evoluzione tecnica e normativa sia degli approcci nelle materie ambientali sia del loro sviluppo nell’azione amministrativa hanno ridefinito la collocazione della pianificazione paesaggistica in un preciso e più ampio ambito, introducendo nel nostro ordinamento numerose disposizioni regionali, nazionali e comunitarie che hanno modificato il campo di azione del Piano paesistico e ne hanno specializzato ed esteso le finalità.

Le disposizioni sulla difesa del suolo, sulla protezione civile, sulla salute, sulle valutazioni ambientali, sulla difesa degli inquinamenti di acqua, aria e suolo hanno consentito che gli aspetti relativi alle discipline scientifiche e alle funzioni istituzionali acquisissero una propria specializzazione.

Pertanto, la sfera di competenza della pianificazione paesaggistica assume le funzioni di un piano quadro con valenza territoriale che persegue la salvaguardia dei valori culturali, del paesaggio e del patrimonio naturale definendone un sistema identitario della nostra regione sia come comunità che come territorio.

Il piano, quindi, si configura come uno strumento di pianificazione territoriale di settore, con attenzione ai valori e ai beni del patrimonio paesaggistico naturale e culturale del Lazio.

Ottempera poi agli obblighi previsti dall’articolo 156 del richiamato codice del 2004 in ordine alla verifica e all’adeguamento dei piani paesistici vigenti; applica i princìpi, i criteri e le modalità contenute nell’articolo 143 e più in generale nella terza parte del codice; accoglie e trasferisce in ambito regionale gli obiettivi e le opzioni politiche per il territorio europeo relative ai beni del patrimonio naturale e culturale contenuto nello Schema di sviluppo dello spazio europeo, meglio conosciuto con l’acronimo SSSE.

Applica altresì i princìpi contenuti nella Convenzione europea del Paesaggio, adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa nel 2000, sottoscritta dallo Stato e ratificata con la legge n. 14 del 2006, in cui si mira a promuovere la protezione, la gestione e la pianificazione dei paesaggi europei e di favorire la cooperazione europea.

La Convenzione è il primo trattato internazionale esclusivamente dedicato al paesaggio europeo nel suo insieme.

Un altro aspetto innovativo che viene sviluppato nel Piano riguarda l’individuazione di obiettivi di qualità paesaggistica, che si concretizzano in descrizioni, prescrizioni e indirizzi volti a consentire l’attuazione della tutela per la conservazione e la creazione dei paesaggi.

Gli obiettivi di qualità paesaggistica riguardano il mantenimento delle caratteristiche dei paesaggi, i valori costitutivi, le morfologie, le tipologie architettoniche, le tecniche e i materiali costruttivi tradizionali, le linee di sviluppo compatibili con i diversi livelli di valore riconosciuti senza diminuire il pregio paesistico, la salvaguardia delle aree agricole, la riqualificazione di parti compromesse o degradate, il recupero dei valori preesistenti, la creazione di nuovi valori paesistici coerenti e integrati.

Il Piano, dunque, non è uno strumento urbanistico, in quanto questa competenza resta in capo alle Amministrazioni comunali, ma ha una forza cogente per orientare e armonizzare lo sviluppo del territorio all’interno di un dettagliato sistema di tutele.

Il perseguimento di questi obiettivi avviene in coerenza con le azioni degli investimenti di sviluppo economico e produttivo delle aree interessate, attraverso progetti, con misure incentivanti di sostegno per il recupero, la valorizzazione e la gestione finalizzata al mantenimento dei paesaggi e con l’indicazione di idonei strumenti di attuazione.

Il lavoro di redazione del Piano si è rivelato molto complesso e non di semplice definizione, in quanto perseguiva due precise direzioni: trasferire su una cartografia omogenea e aggiornata ai PTP vigenti tutte le informazioni sul regime vincolistico, ma soprattutto rendere uniforme e univoca tali piani su tutto il territorio regionale, evitando disparità di comportamento nell’azione amministrativa.

Allo stato attuale, i PTP convivono con il Piano adottato del 2008, producendo un conflitto a volte eccessivo tra i livelli di tutela, con la prevalenza della misura più restrittiva.

Il nuovo Piano ha, quindi, rispettato questi obiettivi e ha tenuto in considerazione l’evoluzione della legislazione e degli indirizzi intervenuti nel frattempo sia a livello nazionale che europeo.

Il Piano, in sintesi, si prefigge i seguenti obiettivi: riorganizzare e sistematizzare l’intera normativa, tenendo conto della prassi di applicazione dei Piani paesistici provinciali approvati, nella definizione della normativa transitoria posta dalla legge n. 24 del 1998, e l’introduzione di disposizioni che integrano e colmano i vuoti normativi dei precedenti Piani paesistici provinciali, previsione del sistema del paesaggio con cui viene classificato l’intero territorio regionale in sostituzione delle attuali, quelle dei piani paesistici, classificazioni di livello di tutela, a cui si attengono anche i beni diffusi.

Sono stati, inoltre, definiti gli usi compatibili per ciascun paesaggio.

Costruzione di un quadro conoscitivo certo e condiviso contenente tutte le informazioni utilizzate nel piano attraverso la realizzazione della nuova cartografia e la realizzazione di un geo-portale web contenente tutte le informazioni, che garantisce trasparenza e accessibilità.

Trasformazione del piano in uno strumento più flessibile, con un quadro normativo e conoscitivo che viene aggiornato periodicamente.

Il Lazio presenta un vasto e diversificato patrimonio paesaggistico e culturale.

Questo bene comune, universale, di elevato valore storico, ambientale e sociale deve essere adeguatamente protetto e gestito anche in funzione della propria valorizzazione e promozione, per essere vissuto e tramandato alle nuove generazioni.

Questo è un po’ il valore del Piano paesistico.

Il piano riconosce l’importanza della salvaguardia e, nello stesso tempo, intende rendere più semplici le procedure per intervenire in modo corretto ed efficace sul patrimonio paesaggistico.

Si arricchisce di contenuti e di strumenti volti a supportare le Amministrazioni locali, sia nella definizione dei contenuti paesaggistici dei propri strumenti di pianificazione che degli ambiti assoggettati a tutela.

La pianificazione locale, quindi, potrà essere sostenuta nella disciplina del territorio e del paesaggio.

Il codice ha introdotto con maggiore chiarezza e omogeneità il concetto di “paesaggio”, attribuendo al territorio la capacità di esprimere una chiara identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni nel tempo.

La tutela del paesaggio, dunque, è stata definita per salvaguardare e recuperare i valori culturali che esso esprime.

A questo fine le Amministrazioni sostengono azioni volte ad attività di conoscenza, informazione e formazione per la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti e integrati.

Lo Stato, le Regioni e gli altri enti pubblici territoriali, nonché tutti i soggetti che nell’esercizio di pubbliche funzioni intervengono sul territorio sono tenuti a orientare la loro attività secondo i princìpi di uso consapevole del territorio e di salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche, prestando attenzione anche alla realizzazione di nuovi valori paesaggistici che rispondono a criteri di qualità e sostenibilità.

Il piano, altresì, assume come riferimento la definizione di “paesaggio” contenuta ‒ come detto ‒ nella Convenzione europea del paesaggio, in base alla quale esso designa una determinata porzione di territorio così come percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali o umani e dalle loro interrelazioni.

Questo piano riconosce il paesaggio in quanto componente essenziale del contesto di vita della nostra collettività e ne promuove la fruizione uniformandosi a princìpi e metodi che assicurano il concorso degli Enti locali e l’autonomo apporto delle formazioni sociali sulla base del principio di sussidiarietà.

Pertanto, il paesaggio è la parte del territorio che comprende l’insieme dei beni costituenti l’identità della nostra comunità locale sia sotto il profilo storico-culturale che sotto il profilo geografico-naturale garantendone la permanenza e il riconoscimento.

La tutela del paesaggio ha una cogenza che deriva dai princìpi costituzionali e da leggi nazionali che la rendono inaggirabile.

Questo è un po’ il tema al cuore di questo strumento.

L’individuazione delle categorie dei paesaggi deriva dall’ipotesi che la rappresentazione del paesaggio sia riconducibile a due configurazioni fondamentali: il paesaggio naturale e il paesaggio antropico che riguarda i fattori agroforestali e insediativi.

Quest’ultima, a sua volta, può suddividersi in un paesaggio agricolo e paesaggio dall’insediamento umano insediativo.

Nelle realtà queste configurazioni generali del paesaggio sono costituite da complesse tipologie di paesaggio che interagiscono tra loro.

Per cui, ogni configurazione acquisisce il termine di sistema dei paesaggi.

Abbiamo il sistema dei paesaggi naturali, caratterizzati da un elevato valore di naturalità e semi naturalità.

Tale categoria riguarda principalmente aree interessate dalla presenza di beni elencati nella legge Galasso, aventi caratteristiche di naturalità o territori più vasti che li ricomprendono, il sistema dei paesaggi agricoli, paesaggi caratterizzati dall’esercizio dell’attività agricola e suddivisi in rilevante valore agricolo e agricolo di continuità, il sistema dei paesaggi insediativi caratterizzati dai processi insediativi delle attività umane, storico e culturali. In ultima sintesi, la definizione delle tipologie del paesaggio è basata sulla conoscenza del territorio attraverso l’analisi delle specifiche caratteristiche.

Il processo di elaborazione del piano è stato avviato nel 1999 attraverso il Comitato tecnico scientifico formato dal direttore della Direzione regionale del territorio e urbanistica, dai direttori delle altre Direzioni regionali interessate, dai rappresentanti del Ministero e da docenti dell’Università Roma Tre.

In quella fase è stata istituita una consulta permanente delle associazioni ambientaliste e culturali del PTPR tramite il Comitato Regione autonomie funzionali e organizzazioni economiche e sociali nonché attraverso la presentazione degli obiettivi e delle finalità proposte da questa nuova pianificazione del paesaggio mediante varie illustrazioni nelle diverse sedi provinciali.

A questo è succeduta alla pubblicazione a cui sono pervenute 16.000 osservazioni, che hanno comportato 22.897 esiti, di cui 7.828 dei Comuni e 15.069 dei privati, dei quali 20.632 riguardanti le richieste di modifica di contenuto del piano.

Le osservazioni presentate contro il Piano adottato e le relative controdeduzioni non sono state rappresentate sugli elaborati del Piano, ma sono state riportate negli allegati della relazione istruttoria.

In seguito, grazie al protocollo d’intesa tra Regione Lazio e MiBACT, è stato possibile rielaborare congiuntamente il Piano e finalmente approvarlo dalla Giunta.

È bene ricordare che le previsioni del Piano sono direttamente efficaci e le sue disposizioni sono, inoltre, prevalenti su quelle degli strumenti di pianificazione territoriale, compresi quelli delle aree protette, come abbiamo avuto modo di specificare anche attraverso l’attività normativa di aggiornamento della legge regionale n. 7 del 2018.

Il PTPR in discussione è quello che è stato esaminato dalla Commissione presieduta dall’onorevole Cacciatore, che ringrazio per l’efficace lavoro, in tantissime sedute di audizione e di approfondimento.

È un testo quello che arriva oggi in Aula sul quale la maggioranza della Commissione ha operato una scelta precisa, le cose che richiamavano prima i proponenti della pregiudiziale, a cui ho tentato di dare una prima parziale risposta.

La maggioranza della Commissione ha apportato una modifica sostanziale, ma che non ritengo possa snaturare in nessun modo l’efficacia e l’impianto del Piano adottato e aggiornato, con tutti gli adeguamenti normativi e vincolistici, un Piano che ho portato per due volte all’approvazione, in questa consiliatura, in questa legislatura, in Giunta.

Comprendo e ritengo legittime le scelte fatte in quella sede dalla Commissione, perché sono abituato a esprimere sempre in modo trasparente il mio punto di vista, l’ho fatto anche durante la presentazione del Piano.

Alcune perplessità, che erano oggettive, contenute nel Piano copianificato le ho sempre espresse in modo trasparente.

Provo a riassumere con estrema sintesi alcuni passaggi che sono intercorsi all’adozione del Piano dal 2008 ad oggi.

Il primo passaggio attiene alle osservazioni, la spada di Damocle che pende sull’approvazione definitiva del Piano.

Durante la fase istruttoria, la Direzione regionale ha operato su criteri assai stringenti e schematici, stabiliti congiuntamente al MiBACT per la valutazione di tutte le osservazioni pervenute, stabilendo di non inviare quelle che avevano già avuto in fase istruttoria un esito negativo, ma trasferendo al Ministero per l’opportuna valutazione tutte le altre che avevano avuto un esito positivo e quelle che erano state parzialmente accolte.

La X Commissione ha deciso di recuperare quelle osservazioni, quasi 500, 500 casi rispetto a una mole ben più vasta, il cui esito, dopo le verifiche del Ministero, ha avuto un segno opposto rispetto a quello proposto dai tecnici regionali, cioè quelle osservazioni, le 500, erano entrate in copianificazione con un giudizio positivo della Regione, ma non condivise nel tavolo di copianificazione dal Ministero all’epoca.

La Commissione ha deciso di recuperare queste 500 osservazioni puntuali, che riguardano osservazioni prodotte da molti Comuni e da molte situazioni specifiche.

Non possono sfuggire, ma di certo non possono essere taciuti in questo momento, anche gli obblighi di pubblicità e trasparenza in materia di attività di pianificazione e governo del territorio, disciplinati con nettezza a partire dall’articolo 39 del decreto legislativo n. 33/2013.

Sul tema degli obblighi di trasparenza, infatti, è intervenuta anche l’Autorità nazionale anticorruzione, da ultimo con la delibera n. 1310/2016, chiarendo che la pubblicità di questi atti è condizione imprescindibile per l’acquisizione di efficacia degli stessi, secondo quanto previsto dal citato articolo 39.

A fronte di oltre ventimila osservazioni, avremmo adottato, forse, una procedura completamente diversa per una parte dei cittadini della regione, introducendo nuovi obblighi di legge per non essere riusciti a definire con sufficiente precisione cosa vorremmo tutelare.

Quindi, con comprensibile precauzione si è scelto un testo sempre condiviso e aggiornato di Piano adottato e pubblicato nel 2008 e non quello copianificato, proprio con l’obiettivo di evitare una massa infinita di ricorsi per difetto di pubblicazione, soprattutto in relazione agli ulteriori vincoli che sono stati inseriti, tra cui quelli più preponderanti riguardanti le aree di interesse archeologico.

Un’istanza di segno opposto, invece, è contenuta in diverse proposte di emendamento presentate dai Consiglieri regionali volte ad utilizzare la cartografia di base del Piano con la Carta tecnica regionale affinché questa cambi i paesaggi attribuiti nella tavola A.

La nuova base cartografica è stata inserita, ma non può portare alla modifica dei paesaggi.

Un’iniziativa, oggi, da questo punto di vista sarebbe impossibile perché contraria a quanto previsto dal codice, che necessariamente comporterebbe una ripubblicazione dell’intero Piano, portandoci ‒ come è facile intuire ‒ ad un meccanismo vizioso che non ci farà mai approvare nulla di definitivo.

Questa fase di aggiornamento puntuale sull’aggiornamento della cartografia sarà, invece, possibile una volta approvato il Piano nei due anni successivi, così come prevedono le norme di cui ci siamo dotati.

A parte questi due aspetti, il Piano non differisce in null’altro da quello uscito dalla copianificazione con il MiBACT.

È sostanzialmente la stessa identica cosa.

Aggiungo che sul dibattito sviluppatosi in questi giorni intorno alle sorti del centro storico di Roma, la disciplina stabilita dal comma 17 dell’articolo 43 delle norme del Piano è la medesima convenuta con il Ministero, tanto che se voleste riprendere l’allegato A della delibera che abbiamo approvato in Giunta, quello copianificato, trovereste la stessa identica disposizione che rimanda alla disciplina del sito UNESCO di Roma.

In questi anni, le Istituzioni di Roma non hanno mai ‒ sottolineo “mai” ‒ chiesto alla Regione di intervenire sulle tutele del centro storico rispetto alla normativa vigente.

Su questo aspetto, come io ho sempre detto in queste settimane, siamo pronti a fare una proposta, come Amministrazione regionale, per assicurare al centro storico della Capitale tutte le ulteriori garanzie per la sua salvaguardia e conservazione.

Quello che oggi vige nella disciplina del centro storico di Roma è quello che la città di Roma con le sue istituzioni elette ed rappresentative in tutti questi anni hanno voluto.

Se c’è una volontà di superare questo meccanismo è assolutamente legittimo porre questa questione, ma è singolare che siamo arrivati all’approvazione di questo Piano dentro il Consiglio regionale del Lazio senza una, dico una, indicazione di merito su questo punto da parte di nessun ente che rappresenta istituzionalmente, non parlo dei comitati, parlo delle Istituzioni, parlo del Comune, Sovrintendenze e quant’altro.

Su questo Piano non ci è mai arrivata nessuna osservazione.

Si apre oggi, in conclusione, la fase finale di un percorso complesso e lungo almeno due decenni, volto a favorire una migliore e più incisiva tutela del territorio della Regione Lazio, del suo patrimonio naturale e agricolo, dei suoi complessi urbani e delle aree periferiche; un percorso che ha avuto avvio dalla legge regionale n. 24 del 1998, varata proprio in funzione della predisposizione e dell’approvazione di un Piano paesistico regionale che finalmente trattiamo per la sua approvazione definitiva, con l’obiettivo di individuare le più opportune disposizioni per garantire una salvaguardia omogenea sull’intero territorio del Lazio.

Possiamo segnare un passo fondamentale per la protezione del patrimonio regionale.

Con questa approvazione, che auspico, saranno adeguati alle sue previsioni anche i Piani urbanistici generali e di settore.

Qualora l’adeguamento messo in atto dagli enti locali evidenzi la necessità di una modifica puntuale degli elaborati del Piano, il Comune stesso può formulare motivate e documentate proposte di variante al Piano che saranno valutate congiuntamente dalla Regione e dal Ministero.

In ultima analisi l’approvazione del Piano comporta la possibilità, nel corso del biennio successivo, come previsto dalla legge n. 2 del 2018, l’avvio dell’aggiornamento del Piano finalizzato all’adeguamento dei contenuti del PTPR.

Comporterà, come detto, il superamento dell’esistenza di due distinti strumenti di tutela, ovvero i PTP ormai superati, datati, e permetterà la definizione delle istanze dei cittadini e degli enti disattese dal 1998, ovvero tutte le osservazioni promosse e dichiarate ammissibili.       

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CANGEMI

(ore 16,58)

Consentirà di accogliere e correggere le effettive caratteristiche di alcune categorie di beni diffusi, laghi e corsi d’acqua pubblica, e la loro puntuale rappresentazione secondo le osservazioni di Comuni e privati.

Renderà effettivo quanto previsto per le aree urbane e i paesaggi degli insediamenti urbani in materia di fascia di rispetto dei corsi d’acqua.

In definitiva, approvare il Piano vuol dire fare un salto di qualità nel Lazio e soddisfare le richieste di amministratori locali, operatori economici, associazioni ambientaliste e cittadini, che attendono da anni questo strumento per dare certezze, tutele e diritti, ma anche per garantire maggiore trasparenza e mettere in sicurezza il territorio della regione più bella d’Italia.

Grazie.

 

 

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