Con il Pd, alla regione Lazio prove di autonomia differenziata

 

Quando l’anno scorso lanciammo un appello (La rigenerazione poco urbana del Piano Casa di Zingaretti; il manifesto del 28 marzo 2018) per scongiurare l’abbattimento e la ricostruzione (con aumento di cubatura) di uno dei Villini del primo Novecento a Roma, per effetto del vecchio Piano Casa Polverini fatto proprio dalla Regione Lazio con il pomposo nome di Norme per la rigenerazione urbana e il recupero edilizio, pensammo che forse Zingaretti avrebbe prima o poi affrontato e risolto il problema.

Per esempio ponendo dei vincoli in quelle aree che non sono soggette a tutela da parte del Piano Territoriale Paesaggistico Regionale e dello stesso Prg.

Molti (o forse pochi) di noi concedevamo ancora del credito al futuro segretario del Pd, quasi certi che non avrebbe ceduto alla pressione dei signori del cemento.

Ebbene (ancora una volta) sbagliavamo a sottovalutare l’influenza nella politica di questi palazzinari che a Roma continuano a dettare legge quasi indisturbati.

La conferma l’abbiamo avuta con il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (Pptr) che, svincolato da ogni controllo del Ministero per i Beni Culturali, non pone nessuna tutela per il centro di Roma.

NONOSTANTE TUTTE le osservazioni fatte in diversi tempi al Piano e l’impegno continuo di un’Associazione romana, Carte in Regola, che ha ingaggiato numerose battaglie in proposito, compreso un emendamento per vincolare i tessuti urbanistici di pregio a Roma e la resistenza interna di quattro consiglieri della maggioranza Pd (Capriccioli, Leonori, Bonafoni e Ciani) che, insieme ai Cinque Stelle, si oppongono alla approvazione della versione finale di questo Piano.

Questo risultato è stato ottenuto scavalcando direttamente il Mibac, come se anche la Regione Lazio si muovesse nel solco di quell’autonomia differenziata già invocata dalle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.

E in questi giorni si è tentato di mettere le mani nella ex sede del vivaio Eurogarden, poco distante dalle Terme di Caracalla e quasi accanto alle Mura Aureliane, per realizzare un ristorante di una nota catena di fast food con annesso parcheggio dove sarebbe stato consentito (anzi incentivato) consumare i pasti in auto, come nella vecchia tradizione dei drive-in degli anni Cinquanta e Sessanta (l’epoca d’oro dell’automobile privata).

Per fortuna sembra un tentativo fallito, per l’intervento del ministero Mibac contro la Sovraintendenza dopo un rimpallo di competenze.

SEMBRA DI VIVERE in un mondo capovolto dove l’obiettivo è quello di distruggere quel tanto o poco di bellezza che rimane in questa città a favore di poco trasparenti interessi privatistici che non si fanno scrupolo di lucrare sui “gioielli della nonna” ereditati nei secoli.

Segno che ormai l’urbanistica, seguendo una traiettoria intrapresa negli anni Ottanta, si è definitivamente fatta paladina degli interessi privati e della più rapace speculazione edilizia trovando nelle città l’ultima fonte di profitti da incassare rapidamente.

E così quel progetto di autonomia differenziata che ancora trova qualche timido ostacolo in sede parlamentare, si realizza a partire dalle città che svendono, pezzo dopo pezzo, il loro patrimonio pubblico o privatizzando quello che ancora rimane di esso, nonostante le tante proteste di cittadini.

IL PD SEMBRA aver abbracciato tale logica a Roma, come a Firenze e in tanti altri posti, rinunciando ad una opposizione decisa e, come nel caso del Lazio, addirittura contribuendo a favorire i processi di speculazione.

Se a questi fatti aggiungiamo che il Partito democratico è a favore del Tav, considerato da molti un’opera quanto mai inutile e anzi dannosa (non a caso la sua difesa si riassume nel fatto che costerebbe di più impedirla che realizzarla), si può comprendere come i consensi a Salvini continuino a crescere tra lo stupore dei pochi che ancora si ostinano a credere che sia una forza di sinistra.

 

(Articolo di Enzo Scandurra, pubblicato con questo titolo il 1 agosto 2019 su “il manifesto”)

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