Smantellamento del PTPR del Lazio: l’ulteriore allentamento delle prescrizioni di tutela delle aree vincolate

 

L’analisi delle Norme del PTPR così come approvate dalla maggioranza del Consiglio Regionale la mattina del 2 agosto 2019 ha portato a registrare un generale allentamento delle prescrizioni di tutela relative ai cosiddetti “beni diffusi” (fasce costiere marine, fasce costiere lacuali, corsi delle acque pubbliche, montagne sopra i 1200 m.t. s.l.m., parchi e riserve naturali, aree boscate, aree delle università agrarie e di uso civico, zone umide, aree di interesse archeologico).

Ma anche dall’analisi del resto delle Norme emerge che è stato generalizzato l’allentamento delle prescrizioni di tutela delle aree vincolate.

Ne elenchiamo di seguito i casi in cui è stato riscontrato.

EFFICACIA DEL PTPR NELLE AREE NON INTERESSATE DAI BENI PAESAGGISTICI

(ART. 6)

Il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” ha recepito la cosiddetta “legge Galasso” e lascia capire che anche il PTPR del Lazio deve essere esteso a tutto il territorio, pianificando anche le aree non vincolate.

A conferma viene il 2° comma dell’art. 1 delle Norme del PTPR adottato nel 2007 che precisa che «è un piano paesaggistico che sottopone a specifica normativa d’uso L’INTERO TERRITORIO DELLA REGIONE LAZIO con la finalità di salvaguardia dei valori del paesaggio».

L’art. 6 delle Norme del PTPR adottato riguarda la “Efficacia del  PTPR nelle aree non interessate dai beni paesaggistici”: il 1° comma dispone che «nelle parti del territorio che non risultano interessate dai beni paesaggistici …, il PTPR costituisce un contributo conoscitivo ed ha efficacia esclusivamente propositiva e di indirizzo per l’attività di pianificazione e programmazione della Regione, delle Province e dei Comuni, nonché degli altri soggetti interessati dal presente Piano».

Il successivo 2° comma precisa che «nelle parti del territorio di cui al comma 1, gli strumenti di pianificazione e programmazione degli enti sopra indicati e le loro varianti possono recepire le proposte e gli indirizzi  del PTPR adeguandoli alle specifiche realtà locali.»

Le suddette disposizioni riguardanti le aree non vincolate sono state sostanzialmente confermate dal MIBACT nel 2015 in sede di controdeduzioni alle osservazioni presentate al PTPR nel 2008 dopo la sua pubblicazione.

Prima ancora dell’inizio del procedimento di approvazione del PTPR, le cosiddette “forze produttive” del Lazio hanno avanzato fin dal gennaio del 2017 la richiesta di una serie di modifiche delle Norme del PTPR, fra cui l’eliminazione delle funzioni di indirizzo del Piano nelle aree non vincolate, nel seguente modo: «Il PTPR ha       suddiviso e classificato l’intero Territorio regionale in paesaggi, indipendentemente dalla presenza di vincoli o di beni di pregio da tutelare.    

Tale impostazione determina effetti discorsivi sulla pianificazione locale operata rispetto a quelle    parti di territorio non vincolate.

Infatti, lo stesso PTPR prevede che la normativa dei paesaggi abbia anche una funzione di indirizzo per le attività di pianificazione e programmazione e per l’adeguamento degli altri strumenti di pianificazione vigenti.

Chiediamo di  modificare gli articoli 3, 6 e 61, prevedendo l’eliminazione della  funzione di Indirizzo della normativa dei paesaggi.»

Come risulta dal resoconto stenografico, nella mattinata del 1 agosto 2019 la seduta è stata sospesa e ripresa alle ore 12,10, riprendendo la votazione fino all’emendamento n. 200.

Si è quindi passati all’emendamento n. 201 presentato dal cons. Enrico Panunzi, che l’ha voluto illustrare, affermando che «si riferisce alle norme descrittive e di indirizzo che devono essere considerate non vincolanti ‒ del resto già è così, è più una specifica ‒ al fine di non generare confusioni o, quantomeno, di lasciare dei margini alle autorità sulla valenza delle norme stesse».

Sull’emendamento c’è stata una accesa discussione, anche perché il Movimento 5 Stelle aveva presentato contro di esso il subemendamento D02/4: si è arrivati così alle ore 12,59 quando l’Assessore Valeriani ha dichiarato che «in totale onestà, penso che invece la sottolineatura, la specifica che gli atti di indirizzo non siano vincolanti, perché altrimenti non sarebbe necessario avere quelli prescrittivi, secondo me è corretta e giusta».

Alle ore 12,59 la seduta è stata sospesa per essere ripresa alle ore 13,42 con la votazione prima sul subemendamento D02/4, su cui la Giunta ha espresso parere contrario e che è stato conseguentemente bocciato dal Consiglio Regionale, il quale ha invece approvato l’emendamento n. 201 di Enrico Panunzi, anche perché su di esso c’è stato il parere invece stavolta favorevole della Giunta.

Il testo dell’art. 6 delle Norme controdedotte nel 2015 è stato così modificato, specificando che il PTPR ha valenza di «indirizzo non vincolante per l’attività di pianificazione e programmazione».

INTERVENTI SUL PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE E SULLE INFRASTRUTTURE. ELIMINAZIONE DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE

(ART. 14)

L’art. 18 quater alla legge regionale n. 24 del 6 luglio 1998 ha disciplinato le procedure finalizzate alla “eliminazione delle barriere architettoniche” con un solo comma, che è stato correttamente recepito dall’art. 14 delle Norme del PTPR adottato nel 2007.

In sede di controdeduzioni effettuate congiuntamente assieme al MIBACT nel 2015 il 1° comma è stato modificato e ad esso sono stati aggiunti altri tre commi.

In sede di approvazione del PTPR è stato approvato a maggioranza, con il voto dichiaratamente contrario di Movimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia, il sub-emendamento D/10 che ha confermato il testo dell’art. 14 controdedotto nel 2015, integrando però ulteriormente il 1° comma e aggiungendo un comma 3-bis ed un comma 5.

Alla lettera a) del 1° comma sono stati aggiunti anche «gli interventi di ristrutturazione edilizia nei limiti consentiti dal Codice».

Completamente nuovo è il comma 3-bis, che riguarda gli interventi previsti dalla legge regionale n. 7 del 18 luglio 2017 sulla rigenerazione urbana e che si vengono a consentire anche in deroga alle norme del PTPR.

In base all’aggiunto comma 5 «sono comunque fatte salve le ulteriori deroghe previste dalla legge regionale n. 24/1998»

Del suddetto comma 3-bis si è accorta nella stessa notte del 2 agosto 2019 la consigliera Valentina Corrado (M5S) che ha fatto al riguardo il seguente intervento: «Si dimentica di dirci, l’Assessore, che alcune delle modifiche più rilevanti si trovano all’articolo 14 del Piano, dove in particolare si introduce il comma 3bis, il quale sostanzialmente, benché lui stesso abbia ribadito in quest’Aula che tutto ciò che concerneva l’edilizia con il Piano non aveva nulla a che fare e che i pazzi eravamo noi che prevedevamo di vedere l’inserimento di interventi afferenti all’edilizia in questo Piano, eravamo noi a immaginare norme che mai sarebbero arrivate in un Piano che riguarda la tutela del paesaggio, dunque comma 3-bis introdotto con il vostro submaxiemendamento, anche probabilmente comma 3-bis ribattezzato “norma Ciocchetti”, dice: “fermo restando l’obbligo a richiedere l’autorizzazione paesaggistica e nel rispetto delle modalità di tutela del Capo III delle presenti norme, per il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente sono sempre consentite, anche in deroga alle disposizioni di cui alle presente norme”.

Qui già vi contraddite, perché dite che bisogna obbligatoriamente chiedere l’autorizzazione paesaggistica e rispettare le modalità stabilite dal Capo III di questo piano, ma in deroga comunque alle disposizioni di cui alle presenti norme, quindi anche al Capo III che voi richiamate, sono consentiti che cosa?

Gli interventi previsti dalla legge regionale n. 7/2017, che è la famosa legge sulla rigenerazione urbana e il recupero edilizio, anche noto come nuovo Piano Casa, relativi alla rigenerazione urbana degli edifici delle aree urbanizzate ricadenti nel paesaggio degli insediamenti urbani.

Poi alla lettera b) c’è la marchetta ai titolari delle concessioni demaniali, perché si parla degli interventi previsti all’articolo 9 rispetto ai manufatti edilizi che ricadono nelle aree demaniali e lacuali.

Poi alla lettera c) ci sono le marchette alle strutture ricettive, invece, perché qui, sempre in deroga alle disposizioni del PTPR, sono consentiti gli interventi previsti dal Piano Casa relativi alle strutture ricettive all’aria aperta.»

Anche la consigliera Gaia Pernarella (M5S) ha posto l’accento sul comma 3-bis«Non mi soffermerò su quanto già detto dai miei colleghi, perché questo PTPR ha molti altri aspetti su cui soffermarsi, però una cosa la voglio dire sul fatto di utilizzare un articolo che ha come titolo l’abbattimento delle barriere architettoniche per metterci dentro le peggiori nefandezze che questo PTPR abbia oggi.

Andiamo in deroga non solo legalizzando il Piano Casa e inserendolo all’interno di una norma di tutela del paesaggio.

Lo facciamo anche per altri settori.

Lo facciamo per gli impianti fotovoltaici, lo facciamo per gli impianti tecnologici, lo facciamo addirittura per i distributori di benzina.

Praticamente noi, in un articolo solo, di abbattimento delle barriere architettoniche, ci mettiamo dentro tutto ciò che non si potrebbe fare con una norma normale, regolare.

Quindi, siamo andati a metterli là dove non avevano alcuna necessità di esistere.» 

DISPOSIZIONI SPECIALI PER I TERRITORI COLPITI DA EVENTI CALAMITOSI

(ART. 14 BIS)

Dopo l’adozione del PTPR nel 2007 il Centro Italia è stato interessato dai terremoti che hanno avuto inizio il 20 agosto del 2016 e che si sono ripetuti a gennaio del 2017, portando alla distruzione dei centri storici di diversi Comuni, tra cui soprattutto quello di Amatrice.

Il subemendamento D/10 presentato dalla Giunta Regionale e poi approvato a maggioranza nella mattina del 2 agosto 209 aggiunge alle Norme del PTPR adottate nel 2007 ed a quelle controdedotte nel 2015 un art. 14 bis, dove non c’è nessun riferimento ai centri storici colpiti dal terremoto, che sono stati sottoposti a vincolo paesaggistico come “beni tipizzati” contestualmente alla adorazione del PTPR, ed al conseguente obbligo di acquisire il rilascio della “autorizzazione paesaggistica” per tutti i progetti di ricostruzione ricadenti all’interno del perimetro del loro vincolo (fascia di rispetto dei 150 metri compresa): si demanda per di più alla Giunta Regionale, su proposta del Comune interessato, l’individuazione delle porzioni di territorio (ricadenti quindi anche nei centri storici) all’interno delle quali consentire la ricostruzione di edifici legittimi e/o legittimati anche con variazione della sagoma.  

Un edificio ricostruito ex novo in un centro storico vincolato deve comunque ottenere l’autorizzazione paesaggistica da parte del Comune subdelegato a rilasciarla, previo parere della Soprintendenza competente, specie se ne è previsto un aumento delle volumetrie e soprattutto se ha una nuova sagoma che va ad impattare sul paesaggio urbano. 

In un articolo pubblicato l’11 agosto 2019 sul quotidiano “la Repubblica” l’Ing. Paolo Berdini, ex assessore all’Urbanistica del Comune di Roma, ha contesto «la possibilità di ricostruire fuori sagoma, cioè non in conformità con il disegno urbanistico originario, i centri storici colpiti dal terremoto

Riguardo ai borghi terremotati Berdini ha denunciato che «grazie all’articolo 14bis, il centro storico di Amatrice, disegnato nel 1500 da Cola dell’Amatrice, rischia di perdere la sua identità storico-urbanistica».

ERRATA PERIMETRAZIONE DEI VINCOLI

(ART. 15)

Questa eventualità è stata disciplinata dall’art. 26 della legge regionale n. 24/1998 con un unico comma che prevede che la Regione «procede all’adeguamento delle perimetrazioni del PTPR secondo le procedure previste dalla presente legge per l’approvazione del PTPR, con i termini ridotti alla metà».

Il PTPR adottato nel 2007 lo ha recepito all’art. 15 delle Norme, integrandolo in 5 commi, estendendo la possibilità di segnalare la errata o incerta perimetrazione anche «su istanza dei soggetti interessati».

Il 3° comma prevedeva che «la Regione, entro sessanta giorni dalla ricezione della documentazione, comunica al comune eventuali controdeduzioni in ordine alla richiesta di adeguamento delle perimetrazioni».

in sede di controdeduzioni effettuate congiuntamente assieme al MIBACT nel 2015 il suddetto 3° comma è stato abrogato e l’intero art. 15 è stato ridotto a 3 commi, il terzo dei quali stabiliva che «la segnalazione di cui al comma 2 è trasmessa a cura dell’ufficio comunale competente unitamente alla documentazione utile ai fini dell’esatta perimetrazione del bene.»

La mattina del 2 agosto 2019 è stato approvato a maggioranza, con il voto dichiaratamente contrario di Movimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia, il sub-emendamento D/10 che ha confermato il testo dell’art. 15 controdedotto nel 2015, abrogando però il 3° ed ultimo comma.

Riguardo alla suddetta abrogazione la consigliera Valentina Corrado (M5S) ha fatto il seguente intervento: «All’articolo 15 è disciplinata l’errata perimetrazione dei vincoli.

Non so perché, su questo chiedo chiarimenti, è stata eliminata, rispetto alla previsione precedente, anche l’applicazione di questo articolo rispetto all’incerta perimetrazione dei vincoli, cosa che prima era prevista, e viene modificata la procedura prevista prima, nella vecchia formulazione.

Nella vecchia formulazione era previsto che la Giunta provvedeva alle rettifiche delle perimetrazioni del PTPR secondo le procedure previste dalla legge regionale n. 24/98, con i termini ridotti a metà.

Questa procedura viene eliminata.

Non se ne capisce la ragione.

Così come sparisce il comma 3, e questo potrebbe essere un problema.

Il comma 3 della vecchia formulazione chiudeva la procedura per intervenire in caso di errata perimetrazione dei vincoli e prevedeva che era la Regione che provvedeva alle rettifiche, dopo che i Comuni segnalavano.

Adesso questa previsione non c’è più e, di fatto, rimane la fase di segnalazione da parte dei Comuni, ma poi non si capisce chi deve effettuare la perimetrazione.»

VARIANTI SPECIALI PER IL RECUPERO DEI NUCLEI ABUSIVI IN AMBITO PAESISTICO

(ART. 60)

Sono state previste e disciplinate dall’art. 31-quinques della legge regionale n. 24/1998, che è stato correttamente recepito dall’art. 60 delle Norme del PTPR adottato nel 2007, consentendo al 1° comma il recupero dei nuclei edilizi abusivi perimetrali solo nelle aree urbanizzate individuate dal Piano.

Ma in sede di controdeduzioni effettuate congiuntamente assieme al MIBACT nel 2015 il recupero previsto dal 1° comma è stato esteso e consentito «nelle aree urbanizzate individuate nel PTPR ovvero nei paesaggi degli insediamenti in evoluzione e agrario di continuità».

La mattina del 2 agosto 2019 è stato approvato il sub-emendamento D/10 che ha confermato il testo dell’art. 60 controdedotto nel 2015, aggiungendovi un comma 1-bis che è riferito al vincolo paesaggistico imposto con D.M. del 25 gennaio 2010 che ha riguardato l’ambito meridionale  dell’Agro romano  compreso  tra  le  vie  Laurentina  e Ardeatina ed il vincolo paesaggistico imposto il 6 marzo 2013 dalla Commissione Provinciale che ha riguardato l’”Agro romano meridionale, zona tra via Laurentina, fosso della Solfarata, fosso di Mala Fede, Valle di Decimo e del Fontaniletto, fosso della Perna” e che è stato ratificato dalla Giunta Regionale con Deliberazione n. 651 del 7 ottobre 2014.

Riguardo alla eventualità di nuovi vincoli paesaggistici imposti dopo l’adozione del PTPR il 2° comma dell’art. 140 del D.Lgs. n. 42/2004 (”Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”) dispone che «la dichiarazione di notevole interesse pubblico detta la specifica disciplina intesa ad assicurare la conservazione dei valori espressi dagli aspetti e caratteri peculiari del territorio considerato» con la precisazione che «essa costituisce parte integrante del piano paesaggistico e non è suscettibile di rimozioni o modifiche nel corso del procedimento di redazione o revisione del piano medesimo.»

La deliberazione della Giunta Regionale n. 651/2014 rinvia infatti per la disciplina di tutela del vincolo al PTPR adottato.

Il comma 1-bis dell’art. 60 delle Norme del PTPR stabilisce che «per i nuclei abusivi  da recuperare perimetrali o adottati prima dell’approvazione del presente piano o da adottare e per quelli compresi» in entrambi i due suddetti vincoli paesaggistici del 2010 e del 2014 «i perimetri comunque individuati, devono essere riferiti alla cartografia allegata ad entrambi i provvedimenti».

Si mette in evidenza che successivamente alla adozione del PTPR, oltre al vincolo paesaggistico della via Laurentina, sono stati sottoposti a vincolo paesaggistico anche la Tenuta Gallesina, la Torretta dei Massimi, la Barcaccia e Casal del Marmo, che non sono stati parimenti inclusi nel comma 1-bis perché evidentemente non interessate dalla presenza di nuclei abusivi.

NORME DI SALVAGUARDIA IN ATTESA DELL’ADEGUAMENTO DEGLI STRUMENTI URBANISTICI AI SENSI DEL COMMA 3 DELL’ARTICOLO 145 DEL CODICE

(ART. 62)

La legge regionale n. 24/1998 ha disciplinato anche la casistica in questione all’art. 27 che riguarda i “Rapporti tra pianificazione paesistica e altri strumenti di pianificazione” e che è stato recepito dall’art. 62 delle Norme del PTPR riguardanti le “norme transitorie di raccordo tra piano paesistico e strumenti urbanistici comunali generali e attuativi”.

In sede di controdeduzioni effettuate assieme al MIBACT nel 2015 l’art. 62 ha subito una serie di modifiche.

Come si può vedere, il MIBACT ha preteso di cambiare anche il titolo dell’art. 62, facendo espresso riferimento al 3° comma dell’art. 145 del “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”.

Prima ancora dell’inizio della procedura di approvazione del PTPR, le cosiddette “forze produttive” del Lazio hanno sollecitato fin dal gennaio del 2017 una serie di modifiche alle Norme del PTPR, fra cui quella dell’art. 62 nel seguente modo: «Il PTPR prevede una norma transitoria del tutto illogica e gravemente dannosa. 

Infatti, secondo la sua formulazione le previsioni dei piani attuativi approvati dopo l’entrata in vigore della l.r. 24/1998, possono essere fatte salve solo a seguito di una delibera ricognitiva del Consiglio comunale che attesti la compatibilità del piano o ai PTP o al PTPR adottato.

Per i piani adottati, invece, alla data di pubblicazione dell’approvazione del PTPR, la norma prevede la necessità per la loro approvazione di una verifica di conformità da parte del Ministero.

Chiediamo di modificare l’articolo 62:

a) per sancire l’intangibilità dei piani attuativi già approvati che non dovranno essere oggetto di ulteriori esami e valutazioni;

b) per escludere i piani attuativi adottati alla data di pubblicazione dell’approvazione del PTPR, dalla verifica di conformità da parte del Ministero se conformi agli strumenti urbanistici generali approvati successivamente all’adozione del PTPR e se tra la adozione del PTPR e la sua approvazione non siano   sopraggiunti nuovi vincoli.»

Nella mattina del 2 agosto 2019 è stato approvato il sub-emendamento D/10 che ha modificato l’art. 62 delle Norme controdedotto nel 2015, accogliendo di fatto l’istanza delle cosiddette “forze produttive” del Lazio.

Il successivo 2° comma riporta il testo del comma 5-bis dell’art. 27 della legge regionale n. 24/1998 che fa salve le previsioni contenute negli strumenti urbanistici approvati successivamente alla adozione dei PTP, ma «fino alla data di pubblicazione dell’adozione del PTPR», che è avvenuta a febbraio del 2008 e non «prima dell’entrata in vigore della presente legge» che è avvenuta a luglio del 1998, come prescrive il comma 5-bis dell’art. 27 della legge regionale n. 24/1998, di cui appare quindi in aperta violazione.

Viene mantenuto anche il testo del 1° periodo del 3° comma, eliminando però il periodo successivo che disponeva: «In tale sede la Regione acquisisce il concerto con il Ministero di cui all’articolo 54, comma 4» delle Norme del PTPR che fa riferimento all’obbligo di uno Studio di Inserimento Paesaggistico (SIP) per una serie di opere e attività. 

I successivi commi fanno salve tutte le possibili casistiche in relazione alle fattispecie di strumenti urbanistici generali (adottati prima della pubblicazione del PTPR ma non ancora approvati, approvati dopo l’approvazione della l.r. 24/98 e prima della pubblicazione del piano, approvati dopo l’adozione  dei PTP vigenti e prima della l.r. 24/98) e di strumenti urbanistici attuativi (adottati prima della pubblicazione del PTPR ma non ancora approvati, approvati dopo l’approvazione della l.r. 24/98 e prima della pubblicazione del piano, approvati prima della l.r. 24/98), fino a prevedere il caso dei piani attuativi che abbiano acquisito il parere paesaggistico nel periodo che va dalla adozione del PTPR fino alla sua approvazione.

ADEGUAMENTO DEGLI STRUMENTI URBANISTICI COMUNALI AL PTPR

(ART. 64)

Il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” emanato con il D.Lgs. n. 42 del 22 gennaio 2004 ha disposto al 4° comma dell’art. 145 che, una volta approvato il PTPR, «i comuni, le città metropolitane, le province e gli enti gestori delle aree naturali protette conformano o adeguano gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale alle previsioni dei piani paesaggistici, secondo le procedure previste dalla legge regionale, entro i termini stabiliti dai piani medesimi e comunque non oltre due anni dalla loro approvazione.

I limiti alla proprietà derivanti da tali previsioni non sono oggetto di indennizzo».

La suddetta disposizione è stata inizialmente recepita dall’art. 27.1 della legge regionale n. 24/1998, aggiunto dalla legge regionale n. 18 del 9 dicembre 2004, che al 1° comma confermava l’adeguamento dello strumento urbanistico comunale entro e non oltre 2 anni dalla approvazione del PTPR.

Ma il suddetto termine è stato poi portato a tre anni con la legge regionale n. 2 del 12 febbraio 2015, senza che il Governo l’abbia a tutt’oggi impugnata per violazione palese del 4° comma dell’art. 145 del “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”.

Il PTPR è stato adottato nel 2007, vale a dire quasi 8 anni prima della modifica illecita apportata al 1° comma dell’art. 27.1 della legge regionale n. 24/1998, per cui il 1° comma dell’art. 64 delle sue norme, che è dedicato all’ “adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al PTPR”,, dispone che l’adeguamento debba avvenire «non oltre due anni dalla approvazione del PTPR stesso.»

Le controdeduzioni alle osservazioni presentate al PTPR sono avvenute assieme al MIBACT nel 2015, ignorando che il 1° comma dell’art. 27.1 della legge regionale n. 24/1998 era stato modificato portando a tre gli anni entro cui deve avvenire l’adeguamento degli strumenti urbanistici generali dei Comuni alle previsioni del PTPR approvato: è stata quindi ribadito il termine di 2 anni per l’adeguamento.

Ma nella mattina del 2 agosto 2019 è stato approvato il sub-emendamento D/10 che ha modificato il testo dell’art. 64 controdedotto nel 2015, portando a tre anni il termine ultimo per l’adeguamento al PTPR degli strumenti urbanistici comunali.

Malgrado la previsione dell’art. 27.1 della legge regionale n. 24/1998, dell’evidente vizio di legittimità si sono accorti nella stessa note del 2 agosto 2019 sia il consigliere Marco Cacciatore (M5S) che la consigliera Gaia Pernarella (M5S).

Il Presidente della X Commissione Urbanistica Marco Cacciatore ha dichiarato al riguardo: «Articolo 64.

Da legge, ci sono due anni per l’adeguamento dei PRG ai PTPR.

Articolo 145 del Codice Urbani, il decreto legislativo n. 42/2004.

Nessuno si offenda per il tono accademico.

Noi qui riportiamo tre anni, perché ci piace.

Facciamo gli sconti.

Alla fine, un Comune può avere problemi.

Chissà cosa succede in quell’anno in più.

Sinceramente sono preoccupato, perché veniamo da un decennio almeno di aggiramento di norme di salvaguardia.

Questa cosa, tra l’altro, l’avevo sentita trapelare da quella parte alla mia sinistra dei banchi dell’Aula.»

Gli ha fatto eco la consigliera Gaia Pernarella con la seguente affermazione: «Altra cosa su cui mi ripeto, perché forse l’ironia del presidente Cacciatore non è stata compresa, è che per quanto riguarda l’adeguamento dei Piani regolatori, che comunque la norma nazionale intende entro due anni, noi come ente sottordinato abbiamo un’unica possibilità, quella di dare tempi più restrittivi.

Non possiamo permetterci ‒ perché non siamo certo al di sopra delle norme, come invece qualcuno qui dentro crede ‒ tempi più lunghi di quelli stabiliti dalla norma nazionale.»

Il successivo 7 agosto 2019 su “Il Fatto Quotidiano” è stato pubblicato un articolo dal titolo «Regione Lazio, il Piano paesaggistico apre a nuovo cemento, anche sulle spiagge. Il Mibac: “Non condiviso, lo impugniamo”».

L’articolo fa sapere che l’Ufficio Stampa del MIBAC ha confermato ad “Il Fatto Quotidiano” che «il ministero dei Beni culturali impugnerà il Piano territoriale paesaggistico appena approvato dalla Regione Lazio.»

Fra i motivi di impugnazione c’è anche il seguente: «Un altro aspetto che appare peggiorativo è l’articolo 62 che dà un anno di tempo in più ai comuni del Lazio per adeguare i propri piani urbanistici vigenti alle indicazioni del Ptpr regionale.

In precedenza, la tempistica massima per adeguarsi alle indicazioni della Regione era di 2 anni, come previsto anche dalle norme nazionali, ora invece è di tre».

Nell’annunciato ricorso al TAR il MIBAC dovrebbe chiedere anche di sollevare la questione di legittimità costituzionale del 1° comma dell’art. 27.1 della legge regionale n. 24/1998 in quanto non rispetta la norma sovraordinata del 4° comma dell’art. 145 del D.Lgs. n. 42/2004,  che prescrive l’adeguamento entro non oltre due anni.

Dott. Arch. Rodolfo Bosi

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