Gli ambientalisti denunciano Trump per la rottamazione della legge sulla protezione delle specie

 

Earthjustice ha presentato, per conto di Center for Biological Diversity, Defenders of Wildlife, Sierra Club, Natural Resources Defense Council, National Parks Conservation Association, WildEarth Guardians, and the Humane Society of the United States, una causa all’ U.S. District Court for the Northern District of California contro la rottamazione di importantissime parti dell’ Endangered Species Act, la legge statunitense che protegge le specie a rischio, messa in pericolo dal presidente Usa Donald Trump Washington.

La Causa si basa su tre argomenti contro la nuova deregolamentazione:

1) L’Amministrazione Trump non ha rivelato né analizzato il danno e gli impatti di queste regole, violando il National Environmental Policy Act.

2) L’Amministrazione Trump ha inserito nuovi cambiamenti e regolamenti finali che non erano stati pubblicati e quindi sottoposti alle osservazioni pubbliche, lasciando l’opinione pubblica senza un’opinione al riguardo.

3) L’Amministrazione Trump ha violatolo spirito dell’Endangered Species Act, cambiando arbitrariamente i requisiti di attuazione della Section 7, che richiede che le Agenzie federali si assicurino che le decisioni che autorizzano, finanziano o implementano non mettano in pericolo l’esistenza di qualunque specie a rischio estinzione, né distruggano o modifichino in peggio habitat essenziali per qualsiasi specie a rischio.

Trump è in difficoltà perché l’Endangered Species Act non è solo efficace ma anche immensamente popolare.

Secondo un sondaggio di Tulchin Research del 2015 il 905 degli elettori appoggia questa Legge, compresi il 96% dei liberal e l’82% dei conservatori.

Da uno studio dell’Ohio State University è emerso che 4 statunitensi su 5 appoggiano l’Endangered Species Act e 800.000 persone hanno inviato alle Agenzie federali osservazioni in appoggio alla legge e contro le modifiche volute da Trump.

Anche i procuratori della California e del Massachusetts hanno dichiarato di voler denunciare l’amministrazione Trump che vuole rottamare l’Endangered Species Act che è stato a lungo attaccato dagli allevamenti intensivi, dall’agroindustria, dall’industria petrolifera e mineraria che l’hanno sempre vista come un ostacolo alla loro espansione.

La pensa così anche il segretario agli interni Usa, l’ex lobbista dell’industria dei combustibili fossili David Bernhardt,  secondo il quale l’Endangered Species Act «impone un inutile onere normativo ai nostri cittadini».

Bernhardt ha festeggiato i cambiamenti alla legge insieme all’American Petroleum Institute, alla National Cattlemen’s Beef Association e all’American Farm Bureau Federation il cui presidente, Zippy Duvall, ha detto che «questo approccio eliminerà tempi e spese inutili e faciliterà l’impegno degli agricoltori e degli allevatori che vogliono aiutare le specie a riprendersi».

Karimah Schoenhut, avvocata di Sierra Club, la più grande e diffusa associazione ambientalista Usa, ribatte che «i nuovi regolamenti allontanano l’Endangered Species Act  dalla scienza sulla quale è basato e che l’ha reso così efficace.

Questo ha aperto la porta a decisioni politiche presentate come allegati che minacciano le specie, lasciandole nell’incertezza per potersi occupare di loro.

A causa della crisi climatica, il risultato di questo abbandono di responsabilità sarà l’estinzione».

Infatti, con le importanti modifiche ai regolamenti su cui si basa l’Endangered Species Act, che dovrebbero entrare in vigore a settembre, le agenzie governative non prenderanno in considerazione gli effetti dei cambiamenti climatici nel determinare se elencare una specie come minacciata o in pericolo e avranno quindi meno possibilità di proteggere un habitat considerato essenziale per le specie per sopravvivere agli effetti di riscaldamento globale.

Kristen Boyles, che gestisce la causa per  Earthjustice, sottolinea che «non c’è nulla in queste regole rivolto a proteggere la fauna selvatica o rendere più facile tenere conto del modo in cui il cambiamento climatico sta influenzando le specie.

In effetti, il linguaggio è progettato specificamente per impedire di guardare alle conseguenze oltre i giorni nostri, che è esattamente ciò che dobbiamo fare rispetto ai cambiamenti climatici.

Va completamente nella direzione sbagliata».

Rebecca Riley, avvocato del Natural Resources Defense Council, sottolinea che «l’Endangered Species Act è l’ultima linea di difesa per le specie. 

Il recente rapporto delle Nazioni Unite sulla biodiversità ha concluso che 1 milione di specie in tutto il mondo sono a rischio di estinzione a causa dei cambiamenti climatici e, invece che prendere provvedimenti per affrontare la crisi, l’Amministrazione sta indebolendo le regole e dando la priorità agli interessi degli inquinatori.

L’amministrazione Trump sta cambiando le regole sul significato di ”deversely modify”.

Stanno mettendo l’asticella così in alto che nessuno è in grado di soddisfare tale standard».

Jason Rylander, avvocato di Defenders of Wildlife, agginge che «i nuovi regolamenti renderanno anche più difficile designare come critico un “unoccupied habitat”, che si riferisce a un habitat che potrebbe non essere l’habitat primario di una specie.

Questo può essere molto importante a lungo termine, in particolare con i cambiamenti climatici, dato che le migrazioni  stanno cambiando».

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 26 agosto 2019 sul sito online “greenreport.it”)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Vas