La sfida della sostenibilità: il ruolo delle Istituzioni e la spesa infrastrutturale sostenibile – PRIMA PARTE

 

Maria Rita Pierleoni

Dottore di ricerca in Teoria Economica e Istituzioni. Presidenza del Consiglio dei Ministri

 Abstract

La sfida della “sostenibilità”.

Due facce della stessa medaglia: un’esigenza per il futuro delle società e un’opportunità per riaccendere la crescita economica globale.

Si discutono le più importanti linee di azione a livello globale, il ruolo dei Governi e la centralità nelle politiche pro sostenibilità degli investimenti in infrastrutture sostenibili.

1. Il concetto di sostenibilità

Comprendere il significato di “sostenibilità” implica un’analisi congiunta e interconnessa delle definizioni ad essa attribuita dalle scienze sociali e naturali.

Si tratta di un concetto che ha una natura multidimensionale e ciascuna dimensione mira al perseguimento di obiettivi specifici: i) economici, ii) ecologici e iii) sociali.

Il concetto è, poi, caratterizzato da un dinamismo perché muta di pari passo ai sistemi economici, sociali e culturali ai quali esso si riferisce e che possono essere definiti complessi (Bertalanffy, 1969).

Secondo Huckle e Sterling (1996), “al pari della libertà, giustizia e democrazia, la sostenibilità non ha un unico significato riconosciuto.

Cambia di significato a seconda delle diverse ideologie e dei diversi programmi promossi da diversi valori, conoscenze e filosofie”.

La sostenibilità può essere intesa come un bene pubblico globale (Kaul et al 1999), la cui produzione è di rilevanza pubblica globale e la cui utilità trascende i confini nazionali e regionali per abbracciare più gruppi di popolazioni non solo con riferimento alla condizione territoriale, ma anche dal punto di vista socio – economico e generazionale.

Lo sforzo intellettuale nel cercare di cogliere e far convivere insieme le diverse nature del concetto ed il suo dinamismo ha portato alla nascita del paradigma della scienza della sostenibilità (Kates et al., 2001; Kemp e Martens, 2007).

La scienza della sostenibilità si caratterizza per avere un approccio interdisciplinare alla complessità ed è finalizzata a studiare e capire le interazioni tra natura e società (Zupi, 2014; Zamagni e Reale 2015).

Da un punto di vista tematico questa disciplina integra aspetti ambientali, tecnologici, scientifici, economici e sociali per guardare in modo innovativo alla relazione tra l’uomo e i sistemi naturali, economici, sociali ed istituzionali nei quali esso vive.

Da un punto di vista spaziale, invece, considera l’interazione tra sottosistemi interconnessi e interagenti, in una scala che dal locale passa a globale.

Infine, a livello temporale cerca di collegare le azioni di breve termine ai risultati di lungo termine, affrontando in tal modo il principale imperativo etico della sostenibilità: lasciare alle generazioni future un mondo non depauperato (Raskins 2008).

La sfida della sostenibilità è complessa sia sul piano intellettuale perché necessita di una trasformazione profonda dei modi di organizzare la conoscenza e la ricerca scientifica (Association of University Leaders for a Sustainable Future (ULSF)) sia sul piano più operativo, ossia quello istituzionale.

Le Istituzioni (sovranazionali, nazionali e locali) sono attori principali per quanto riguarda il governo e la guida di una effettiva transizione delle moderne società verso sistemi sostenibili.

In altre parole è necessario che il cambiamento istituzionale vada di pari passo con quello scientifico.

Il ruolo delle istituzioni – attraverso l’implementazione di adeguate politiche di intervento – è cruciale nella messa in pratica dei principi dettati dai nuovi paradigmi scientifici che studiano la sostenibilità.

Risulta quindi essenziale la presenza di un impianto generale delle politiche pubbliche che persegua l’obiettivo della sostenibilità e all’interno del quale i programmi/progetti sostenibili siano integrati.

Recentemente sono stati proposti approcci di policy omnicomprensivi su come i processi di transizione verso società sostenibili potrebbero essere modulati in un contesto di politica pubblica (Van den Bergh 2007; Kemp e Loorbach 2006; Kemp e Rotmans 2004).

Le Istituzioni si trovano attualmente a fronteggiare uno scenario caratterizzato da:

I) un consumo globale di risorse materiali aumentato di circa 14 volte dal 1900 al 2015 che secondo le previsioni della Commissione Europea (2018) dovrebbe più che raddoppiare tra il 2015 e il 2050;

ii) una diminuzione del 60% della popolazione di vertebrati nel mondo (WWF, 2018);

iii) un ritmo crescente ed allarmante di emissioni globali di gas a effetto serra (Commissione Europea 2019);

iv) fenomeni come la povertà, le disuguaglianze e il rallentamento della mobilità sociale che sono ulteriormente aggravati dalle grandi differenze nella crescita demografica e nel tenore di vita nel mondo e dal costante innalzamento delle temperature globali e dalla scomparsa degli ecosistemi.

Attualmente le due più importanti linee di azione su scala mondiale sono: l’Agenda 2030 nella quale sono ricompresi i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile (SDGs) sottoscritti da 193 Paesi e la Conferenza sul clima di Parigi (COP21).

Questi accordi sono l’espressione di una consapevolezza diffusa che questioni come lo sviluppo sostenibile e il cambiamento climatico devono essere trattati su scala globale secondo il presupposto di una responsabilità comune.

Chiaramente il successo o il fallimento di queste linee di azione dipenderà dalla concreta realizzazione di politiche attuative da parte dei Governi, dal supporto delle istituzioni internazionali, dalla partecipazione e dal contributo del settore privato, della società civile e della comunità scientifica (Seth, 2016).

Il presente lavoro vuole porre l’attenzione sul modo in cui le Istituzioni hanno tradotto il concetto di sostenibilità in strategie di azione nel corso tempo.

Da qui la discussione viene declinata sugli investimenti infrastrutturali sostenibili che rappresentano un particolare strumento di attuazione delle politiche pro sostenibilità.

2. La sostenibilità e l’idea di sviluppo sostenibile: il ruolo delle Istituzioni e delle politiche pubbliche

Ripensare ad una gestione del mondo focalizzata sulla sostenibilità dovrebbe essere al primo posto delle agende politiche ed economiche, internazionali e nazionali (Bologna, 2017).

Il valore della sostenibilità è diventato una ‘necessità’ e una condizione imprescindibile per la società, tuttavia risulta problematico sviluppare prescrizioni economico-politiche adeguate ad esso (Valera, 2012).

I progressi in ambito scientifico culminati con la nascita della scienza della sostenibilità, potrebbero consentire una definizione più evoluta e omnicomprensiva di “sviluppo sostenibile” e da ultimo contribuire all’implementazione di politiche adeguate.

Al riguardo, alcuni studiosi (Wu et al 2014; Becker, 2014) sostengono che la scienza della sostenibilità è anche la scienza dello sviluppo sostenibile.

In termini di policy la definizione di sviluppo sostenibile risale convenzionalmente al rapporto Brudtland del 1987 della Commissione mondiale di ambiente e sviluppo insediata su mandato dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Nel rapporto Bruntland lo sviluppo sostenibile è “uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri” (WCED 1987).

A partire dalla diffusione del Rapporto, il principio di sviluppo sostenibile acquisisce dunque un significato multidimensionale abbracciando questioni di tutela ambientale, di preservazione delle risorse naturali, di sviluppo economico e progresso sociale come diritto allo sviluppo dei paesi più poveri.

Successivamente nel 2002 durante il Vertice Mondiale sullo sviluppo sostenibile (WSSD) emerge più chiaramente che lo sviluppo sostenibile rappresenta l’unico modo per realizzare una crescita socio-economica che tenga conto anche delle questioni ambientali e per costituire una struttura sociale più equa nei confronti delle generazioni future (Silvestri, 2015).

Il 2015 è stato un anno importante in cui la comunità internazionale e le Istituzioni hanno fissato obiettivi chiari e ambiziosi.

In particolare tre eventi cruciali si sono realizzati in quell’anno:

1) la Terza conferenza sulla Finanza per lo sviluppo,

2) il vertice ONU che ha adottato i Sustainable Development Goals (SDGs) e l’agenda per lo sviluppo 2030,

3) la Conferenza sul clima di Parigi (COP21).

Alla luce di questi eventi le tre maggiori sfide che la comunità globale si pone sono:

i) riaccendere la crescita globale,

ii) realizzare i Sustainable Development Goals

iii) investire nel futuro del pianeta attraverso una forte azione per il clima.

In ambito comunitario il principio di sviluppo sostenibile è espressamente definito nei trattati comunitari come principio-guida di carattere giuridico.

In particolare con il Trattato di Amsterdam del 1997, il principio di sviluppo sostenibile si qualifica come principio giuridico e fondamento delle politiche e delle azioni comunitarie (Silvestri 2015).

Nel 2001, a Göteborg il Consiglio europeo approva per la prima volta una strategia per lo sviluppo sostenibile che è oggetto di monitoraggio sistematico da parte di Eurostat attraverso un set di indicatori appositamente predisposto (Sustainable Development Indicators).

Dal 2010 l’Unione europea si è dotata di un quadro strategico decennale per la crescita e l’occupazione: la Strategia “Europa 2020” che dovrà essere integrata con la nuova Agenda 2030 e gli SDGs al fine di evitare la coesistenza di agende differenti e incoerenti[1].

 

Bibliografia essenziale

Bertalanffy L., 1969. General System Theory, Foundations, Develpoment, Applications. New York, George Braziler Inc..

Bologna G., 2017. Contro il greenwashing: il “sosteniblablablà” ha un costo elevato. Greenreport.it. Disponibile online: http://www.greenreport.it/leditoriale/greenwashing-sosteniblablabla-un-costo-elevato/

Commissione Europea, 2019. Documento di riflessione. Verso un’Europa sostenibile entro il 2030

Huckle J. e Sterling S., 1996. Education For Sustainability. London, Earthscan Publications Limited, 1996

Kates RW, Clark WC, Corell R, Hall JM, Jaeger CC, Lowe I, McCarthy JJ, Schellnhuber HJ, Bolin B, Dickson NM, Faucheux S, Gallopin GC, Grubler A, Huntley B, Jager J, Jodha NS, Kasperson RE, Mabogunje A, Matson P, Mooney H, Moore B, O’Riordan T, Svedin U, 2001. Environment and development: sustainability science. Science, 292, pp 641–642

Kaul, I., Grunberg I. e Stern M.A. 1999. Global public goods: international cooperation in the 21st century. New York: Oxford University Press

Kemp R. e Martens P., 2007. Sustainable development: how to manage something that is subjective and never can be achieved?. Sustainability: Science, Practice and Policy, 3:2, pp. 5-14.

World Commission on Environment and Development (Brundtland Commission), 1987. Our Common Future. Oxford University Press, Oxford.

Zamagni A. e Reale F., 2015. Approccio Life Cycle e valutazione della sostenibilità. In Torricelli M.C. ES-LCA e patrimonio naturale Life Cycle Analisi ambientale e sociale di un’area protetta. Firenze: Firenze University Press, 2015.

Zupi M., 2014. Guardare al futuro (con un occhio al presente). La sostenibilità: significati, idee e sfide in Oxfam, in «Diritto alla pace per un mondo sostenibile – XVIII Meeting sui diritti umani».

 

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[1] Lo stesso discorso vale per le strategie nazionali in materia ambientale adottate dai Paesi membri.

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N.B. – Domani la seconda parte

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