Sciopero mondiale per il clima, le immagini delle manifestazioni nel mondo

 

Venerdì di manifestazioni in tutto il mondo per chiedere un’azione diretta per proteggere il pianeta dai cambiamenti climatici in concomitanza con l’inizio del vertice sul tema al Palazzo di Vetro. Greta Thunberg, la giovane attivista svedese diventata leader naturale di questo movimento globale annuncia da New York 4.638 eventi organizzati in 139 paesi da Melbourne a Stoccolma, da New York a Parigi.

Sono in programma oltre 1.240 azioni in 37 paesi d’Europa incluse centinaia di piazze italiane, in Germania, capofila ‘verde’ dell’Europa gli eventi previsti sono oltre 500, 800 negli Stati Uniti. 

Una giornata di mobilitazione simile a quella coordinata a marzo e che attirò in piazza milioni di persone in tutto il mondo sulle orme dei “Friday’s for Future” lanciati dall’adolescente attivista svedese Greta Thunberg diventata nel frattempo la piccola leader di un movimento globale che incita i leader mondiali a intraprendere politiche radicali contro i cambiamenti climatici.

Molti studenti hanno seguito il suo esempio ma da marzo la voglia di partecipare si è estesa ovunque a diverse fasce di età e attraverso i più diversi gruppi sociali e politici.

L’ondata di proteste parte dall’Australia

Le prime manifestazioni di quello che viene definito “sciopero globale del clima” si sono svolte nella più grande città dell’Australia, Sydney e nella capitale, Canberra.

I dimostranti australiani in particolare chiedono al loro governo, che è il più grande esportatore di carbone e gas naturale liquido al mondo di intraprendere azioni più drastiche per ridurre le emissioni di gas serra

Gli organizzatori stimano che oltre 300.000 persone siano scese in piazza per quella che sarebbe la più grande mobilitazione che il paese abbia mai visto almeno dai tempi delle proteste contro la guerra in Iraq del 2003.

Secondo l’organizzazione “School Strike 4 Climate” sono 265.000 i manifestanti in piazza in solo sette città australiane.

La più grande partecipazione è quella a Melbourne, stimata in 100.000 presenze  inseguita dagli 80.000 di Sydney. 

Le forze dell’ordine non hanno per ora comunicato una stima generale ma hanno contestato le cifre degli organizzatori a Brisbane – 12 mila contro i 30 mila annunciati e a Canberra 7 mila contro 15 mila. 

Sono 110 città le città in tutta l’Australia in cui sono stati organizzati raduni per chiedere a governo e imprese che si impegnino a raggiungere l’obiettivo di zero emissioni di carbonio entro il 2030.

Le università australiane hanno già comunicato che gli studenti, assenti per partecipare allo sciopero, non avranno conseguenze per la mancata frequenza mentre le scuole di grado inferiore in Australia reagiranno in modo non uniforme e ciascuna deciderà in modo autonomo se e quali sanzioni adottare nei confronti degli alunni assenti.

Dura la risposta del primo ministro ad interim Michael McCormack che ha affermato che gli studenti dovrebbero essere a scuola: “Questo tipo di manifestazioni dovrebbe tenersi nel fine settimana per non interrompere il lavoro, la scuola, l’università.” 

Le dimostrazioni arrivano in un momento delicato della politica australiana in cui l’opposizione di centro-sinistra sta discutendo se abbandonare le posizioni sulla riduzione del gas serra australiano 45% al ​​di sotto dei livelli del 2005 entro il 2030, assunte nella campagna elettorale del maggio scorso e non premiate dagli elettori alle urne.

Il primo ministro Scott Morrison e la sua coalizione conservatrice hanno conquistato a sorpresa un terzo mandato con l’impegno di ridurre in modo più contenuto le emissioni dal 26% al 28% nello stesso lasso di tempo. 

Morrison è attualmente negli Stati Uniti per una cena di stato con il presidente Donald Trump venerdì ed è stato criticato per non aver incluso nel suo itinerario di New York il vertice sul clima delle Nazioni Unite, in cui i leader presenteranno i loro piani a lungo termine per contenere le emissioni di gas serra.

Alla fine della calda estate di proteste a Hong Kong in 50 manifestano anche per il clima.

Circa 50 persone a Hong Kong hanno scelto un motivo diverso per protestare alla fine di una estate che ha visto in centinaia di migliaia riversarsi ogni giorno per le strade chiedendo democrazia: i cambiamenti climatici.

Con gli striscioni colorati tipici del “Fridays for Future” hanno manifestato gridando “Fermate l’inquinamento!” marciando sotto un sole cocente lungo il porto per partecipare, anche dalla ex colonia britannica, alla giornata di mobilitazione globale. 

L’organizzatore Dhanada Mishra, professore di Scienza e tecnologia in visita presso l’Università di Hong Kong, dice che “le giovani generazioni saranno seriamente colpite quando, nel prossimo decennio, si comincerà ad avvertire l’impatto dei cambiamenti climatici.” 

E’ opportuno, ribadisce, che i giovani chiedano che il loro futuro non sia compromesso dall’inerzia dei governi oggi. 

Nayla Ventura, una delle manifestanti, dice che è giusto dimostrare ai suoi due figli che è bene che loro lottino per il proprio futuro.

Thailandia: i giovani manifestanti “fanno i morti” davanti al ministero dell’Ambiente. Raly, 11 anni: “Siamo giovani ma non siamo stupidi”

Circa duecento persone a Bangkok si sono date appuntamento davanti al ministero dell’Ambiente dove si sono sdraiate per simulare una strage e incitare anche qui il proprio governo ad assumere iniziative concrete contro l’impatto delle attività umane nei cambiamenti climatici. 

I giovani manifestanti hanno gridato “Save our Earth” mentre si dirigevano verso il ministero.

Questo è ciò che accadrà se non agiamo sul clima,” ha affermato uno dei leader dello sciopero, Nanticha Ocharoenchai, 21 anni.

Oggi chiediamo al governo thailandese di dichiarare la massima emergenza e di smettere di usare combustibili fossili“.

C’erano  anche bambini molto piccoli con i cartelli colorati in una mano e la mano dei genitori nell’altra.

Un’adolescente aveva anche un poster che diceva “Il pianeta sta diventando più caldo del mio ragazzo immaginario“.

Siamo giovani, ma non siamo stupidi. Sappiamo che sta succedendo. Chiediamo cambiamento. Chiediamo di meglio“, urla alla folla esultante l’attivista Ralyn “Lilly” Satidtanasarn, un undicenne con le idee molto chiare.

Germania, i manifestanti bloccano il traffico mentre Merkel si appresta ad annunciare un piano drastico di riduzione delle emissioni

L’ondata di proteste globali per il clima ha raggiunto l’Europa, a cominciare con la miriade di dimostrazioni su piccola scala messe in scena dai giovani ambientalisti tedeschi in varie città.

Tema ricorrente: il blocco del traffico e delle strade.

La polizia di Francoforte ha denunciato che diverse decine di attivisti hanno bloccato una strada nel cuore della città,  la capitale finanziaria della Germania.  

A Berlino, i manifestanti hanno bloccato un ponte sul fiume Sprea. 

Gli organizzatori avevano annunciato oltre 500 eventi in tutto il Paese. 

Sotto la pressione delle proteste tenute negli ultimi mesi, il governo di Angela Merkel ha messo in programma un drastico pacchetto di misure per ridurre le emissioni tedesche di gas serra, piano che verrà annunciato in giornata.

Infatti, nonostante i grandi investimenti nelle energie rinnovabili che già nel secondo trimestre del 2019 costituivano il 46% della produzione di energia elettrica, la Germania è ben lungi dal raggiungere gli obiettivi previsti di riduzione delle emissioni entro il 2020.

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 20 settembre 2019 sul sito online “RAI News”)

 

LE MANIFESTAZIONI NEGLI ALTRI PAESI

Filippine

India

Bangladesh

Corea del Sud

Isola di Bali

Monaco

Repubblica Ceca – Praga

Kenya – Nairobi

Inghilterra – Londra

Grecia

Indonesia

Giappone – Tokyo

Sud Africa

Polonia – Varsavia

Cipro – Nicosia

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