Il surreale dibattito sulla plastic tax

 

Ieri, prima di partire per la Cina, il ministro degli esteri Luigi di Maio è intervenuto su quello che ha definito «un dibattito surreale sulla plastic tax», fortemente criticata dall’opposizione di destra e da Italia Viva praticamente con le stesse argomentazioni di Confindustria e Mineracqua, che hanno definito la norma in questione come l’ennesimo balzello a scapito delle imprese e dei consumatori.

Di Maio ha detto di voler mettere le cose in chiaro: «Qui abbiamo sentito e visto partiti politici che per anni ci hanno detto: rispettiamo l’ambiente, amiamolo, pensiamo al futuro.

E nel frattempo però, mentre si riempivano la bocca di queste belle parole, trivellavano i mari, inauguravano nuovi inceneritori, rievocavano il nucleare.

La Lega lo ha fatto anche al governo insieme a noi e li abbiamo sempre fermati.

Per questi signori qui l’ambiente è un pozzo per fare soldi e basta, alcune inchieste della magistratura lo hanno dimostrato.

A parole sono tutti degli statisti, nei programmi elettorali c’è sempre la riforma del secolo che salva il pianeta, poi quando si tratta di venire ai fatti, di trovare il coraggio di cambiare rotta e intervenire per dare una nuova visione al Paese, si girano dall’altra parte.

E vengono a parlarci di realismo, che ci vuole tempo, che “oggi no, domani forse, dopodomani sicuramente”, come diceva qualcuno.

Anche la sinistra, di parole ne ha dette e ridette…».

Di Maio si riferisce evidentemente anche a Matteo Renzi e al suo nuovo Partito, Italia Viva, che hanno dichiarato di voler presentare un emendamento per togliere la plastic tax dalla legge finanziaria e che però nella carta dei valori approvata alla Leopolda scrivono: «La cura del vivente umano e non umano, dell’ambiente, del nostro paesaggio e del patrimonio naturale è per noi centrale.

Ci impegniamo a promuovere un modello di sviluppo sostenibile, che si fondi sull’utilizzo responsabile della tecnologia e contrasti la cultura dello spreco.

Tutelare l’ambiente significa tutelare la salute nostra e delle generazioni future».

Il ministro degli esteri pentastellato risponde all’opposizione e ai Renziani: «Bene, oggi per la prima volta c’è un governo che ci mette la faccia.

Che ai cittadini ha promesso un Green New Deal, un grande piano per l’ambiente: vero, concreto, davvero per il futuro dei nostri figli e delle nostre imprese, per renderle più competitive sui mercati internazionali.

La plastic tax, come la chiamano, serve a questo.

Serve a dare una scossa, serve a invertire la rotta.

Non promuovi l’ambiente parlando, lo promuovi facendo delle scelte. I soldi di uno Stato non sono infiniti, vanno re-distribuiti e la politica serve a questo, appunto, a fare delle scelte.

Il MoVimento 5 Stelle la sua scelta l’ha fatta tanto tempo fa: difendere l’ambiente, introdurre nuovi meccanismi per rimettere la nostra economia su un binario più sostenibile e continuare a crescere.

È un dovere di chi rappresenta le istituzioni pensare alle future generazioni.

Non è una colpa.

Ripeto: è un dovere.

E noi siamo fieri di onorarlo!»

Una presa di posizione che trova il (parziale) consenso del presidente Nazionale di Legambiente Stefano Ciafani. «Ha ragione il ministro Luigi Di Maio, come già evidenziato ieri dal collega di governo Giuseppe Provenzano e dal vicesegretario Pd Andrea Orlando: quello sulla plastic tax è un dibattito davvero surreale, perché si tratta di una norma per la tutela dell’ambiente e la riconversione dell’industria della plastica».

Ciafani si riferisce a quanto scritto sulla pagina Facebook del ministro per il sud e la coesione territoriale Provenzano (PD) che se la prende direttamente coi seguaci di Renzi: «Leggo proclami.

Ci batteremo contro la plastic tax.

Legittimo, ma in concreto, cosa comporterà?

Comporterà che una bottiglietta d’acqua usa e getta costerà 4 centesimi in più.

Avete postato le foto del nostro mare e dei suoi abitanti inquinati di plastica.

Avete aperto le vostre manifestazioni di corrente con video suggestivi sull’inquinamento e gli spezzoni di Obama.

Ora, avete distribuito tra i gadget pubblicitari borracce coi simboli e selfie con Greta e la sua generazione.

E ora, 4 o 5 centesimi per quella bottiglietta che (fino a ieri?) non volevate nelle vostre foto, valgono la vostra polemica?

Valgono il vostro posizionamento?

No, io credo di no.

E se ci pensate un momento, non ci credete nemmeno voi.

L’imposta sulla plastica esiste in molti paesi europei e ha lo scopo di disincentivare i prodotti monouso e promuovere materie compostabili ed eco-compatibili.

Quella presente in LdB non è un’imposta generalizzata sulla plastica, materiale che produciamo e di cui difficilmente riusciremo a fare a meno, ma ha l’obiettivo di limitare l’impiego di oggetti che usi una volta soltanto e rimangono nell’ambiente per centinaia di anni.

Incentivare l’utilizzo delle brocche, delle borracce, peraltro, implica un risparmio di costi, anche per le fasce della popolazione a reddito medio-basso.

Servirà molto altro, ovviamente: ciclo integrale dei rifiuti, ricerca e innovazione su packaging e imballaggi.

Ma compito delle istituzioni è anche orientare i comportamenti sociali.

Pensare a politiche ambientali senza impatto finanziario vuol dire non farle, o peggio, farne una retorica vuota.

Ho visto che qualcuno dice: dobbiamo togliere argomenti alla destra.

Sì, magari provando a non diventare come la destra, indifferente a ciò che si produce e si consuma, indifferente al di là delle parole vuote alle sorti del pianeta)».

Mentre il vicesegretario del PD e fondatore di TES – Transizione Ecologica Solidale ed ex ministro dell’ambiente Andrea Orlando, parla di «deboli con i forti.

Le polemiche sulla plastica fanno capire molte cose.

Sulla capacità di futuro e sull’autonomia della politica in Italia.

Tutti ormai hanno capito che non c’è più tempo da perdere, se vogliamo salvaguardare la salute dei nostri cittadini e la vivibilità del pianeta per le giovani generazioni.

Tutti sanno quali problemi ha generato l’uso illimitato della plastica; ci sono ormai interi continenti di questo materiale che galleggiano negli oceani e che, dopo aver compromesso interi ecosistemi, finiscono nella nostra alimentazione.

Bisogna quindi urgentemente modificare il sistema produttivo, le caratteristiche dei prodotti e la loro gestione dall’inizio alla fine.

Per questo le misure di incentivo ai materiali biodegradabili contenute in questa manovra di bilancio sono importanti. Un primo passo nella giusta direzione.

Così come è giusto che a pagare questi incentivi siano proprio le plastiche che dovremo progressivamente superare.

Nella manovra, peraltro, non c’è una tassa sulla plastica ma sulla plastica monouso utilizzata negli imballaggi.
Chi altro dovrebbe pagare?

Non si tratta di una semplice e giusta misura di politica industriale?

Non va forse nella direzione di quel pacchetto Ue per l’economia circolare?

Ovviamente ogni trasformazione industriale va gestita con attenzione e cura.

Quando ci sono migliaia di lavoratori impegnati in produzioni da superare, bisogna dotarsi di tavoli di concertazione con sindacati e associazioni datoriali per mettere in campo ogni utile tutela; perché nessuno rimanga indietro.

La transizione ecologica è ormai un impegno categorico inderogabile ma essa deve essere solidale. Non deve essere pagata dei più deboli.

In questo senso e con questo metodo dovremo migliorare il testo, valutando con attenzione ogni ricaduta.

Ma le polemiche sterili, ripeto, fanno capire che una manovra fortemente ecologista ma allo stesso tempo equa e che aiuta la ripresa di competitività del paese, infastidisce perché mette in discussione interessi consolidati che poi trovano sempre qualche esponente politico pronto a difenderli anche con l’uso di una propaganda distorta e fake news».

Ma Ciafani e Legambiente fanno notare che «però se da una parte la plastic tax è sacrosanta, dall’altra parte così come è stata scritta non va ancora bene e deve essere assolutamente migliorata perché contiene due gravi errori.

È infatti impensabile riservare lo stesso trattamento fiscale per le plastiche vergini prodotte da un petrolchimico, che vanno più che tartassate, e per quelle ottenute dal riciclo di plastiche da raccolta differenziata.

Per queste ultime deve essere garantito lo stesso trattamento di favore riservato giustamente alle plastiche compostabili e ai manufatti riutilizzabili.

Inoltre questa tassa al momento colpisce solo gli imballaggi di plastica, pari a 2 milioni di tonnellate all’anno, e non riguarda tutti gli altri prodotti in plastica, che arrivano ad una produzione di circa 4 milioni di tonnellate.

Ha senso prevedere un allargamento del bacino di applicazione a tutti i manufatti in plastica e non solo agli imballaggi, anche alla luce dei risultati raggiunti dal sistema nazionale sugli obiettivi percentuali di recupero, addirittura in anticipo rispetto alle scadenze previste dalle direttive europee.

Per questo auspichiamo che il Senato, dove oggi approderà la manovra, abbia il coraggio di modificare il testo.

E’ vero come sostiene Di Maio che la plastic tax serve a dare una scossa e a invertire la rotta, ma per farlo pienamente è fondamentale migliorare ulteriormente il testo».

Il presidente di Legambiente conclude: «Nella lotta per ridurre la plastica monouso la stessa Europa ha chiesto a tutti i paesi membri di intervenire in maniera concreta, con bandi e tasse, per fronteggiare la seconda emergenza ambientale globale dopo la crisi climatica: la presenza dei rifiuti plastici nell’ambiente, a partire da quello marino.

L’Italia, dunque non perda questa occasione per restare un modello per gli altri Paesi, rafforzando il suo primato mondiale sulla normativa contro l’inquinamento da plastica.

Il nostro Paese ha infatti già messo al bando i sacchetti di plastica tradizionale per l’asporto merci, i sacchetti ultraleggeri per frutta e verdura, i cotton fioc in plastica e l’uso delle microplastiche nei prodotti cosmetici da risciacquo.

Inoltre non dimentichiamo che l’Italia è stato il primo ad inventare il polipropilene (il Moplen di Gino Bramieri in Carosello) negli anni ’60 e le bioplastiche compostabili prodotte da scarti vegetali e rinnovabili negli anni ’90. 

Per questo auspichiamo che da parte del mondo industriale italiano arrivi un altro scatto di orgoglio e di innovazione che, partendo da una nuova tassazione sulla plastica vergine e contro l’usa e getta, permetta al paese di mantenere quella leadership nel settore che nel passato ci ha visti primeggiare a livello mondiale».

(Articolo pubblicato con questo titolo il 4 novembre 2019 sul sito online “greenreport.it”)

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