Ispra, a Venezia le emergenze per l’acqua alta sono già raddoppiate rispetto agli anni ’90

 

Dopo il dramma delle ultime ore, stamani Venezia si è svegliata col sole ma sa che la pace non durerà: dal Comune informano che nei prossimi giorni «la marea si manterrà su valori molto elevati», con un picco di 120 cm – dopo i 187 che hanno allagato la città – previsto già per oggi.

E «il rischio ora è che continui anche la prossima settimana con picchi ripetuti sopra i 120 centimetri – spiega Maurizio Ferla, ricercatore dell’Istituto superiore per la protezione e al ricerca sull’ambiente (Ispra) e dirigente del Centro nazionale coste – Questi fenomeni hanno ripercussioni dirette su tutti i sistemi, economici, commerciali, e anche di approvvigionamento elettrico ed energetico e non interessano solo la città ma, quando ci sono situazioni come questa è tutta la costa che va dalla Foce del Po a ovest e fino a Monfalcone a est a essere messa alla prova».

Una prova che è destinata a ripetersi sempre più di frequente con l’avanzare dei cambiamenti climatici: se nel 2018 l’aumento della temperatura media globale rispetto al periodo 1961-1990 è stato di 0,98°C, in Italia si è arrivati a +1,71°C. E non a caso in 1200 anni di storia la marea ha invaso la Basilica di San Marco solo 6 volte, di cui 2 nell’ultimo anno.

«Basta guardare le statistiche.

Fino agli anni ’90 – aggiunge Ferla – avevamo in media 6 o al massimo 8 episodi di acqua alta all’anno; oggi la media è salita a 10-12 episodi con un picco eccezionale anche di 18.

Inoltre le proiezioni elaborate dal Centro euromediterraneo per i cambiamenti climatici (Cmcc) mostrano un incremento dei livelli del mare di circa 9 centimetri entro il 2030, cioè tra appena una decina di anni.

Significa che dovremo far fronte a eventi sempre più frequenti e importanti sotto il profilo dell’altezza della marea».

Come?

Come ricorda l’Ispra davanti a questi scenari gli interventi in difesa di Venezia, sotto il profilo dell’adattamento ai cambiamenti climatici, sono di due ordini: uno che riguarda le maree fino ad un’altezza di circa 60 centimetri, che dovrebbero essere contrastate con misure di chiusura degli accessi a mare della rete fognaria e di isolamento delle singole aree della città con difese mobili.

Per quelle più elevate dovrebbe pensarci il Mose, il sistema di 78 dighe mobili che, una volta ultimato, dovrebbe entrare in funzione e isolare la laguna di Venezia dal resto del mare Adriatico fermando così l’acqua alta fino ai 3 metri.

Per la sua entrata in funzione si deve però ancora attendere, almeno fino al 2022, e sono molti i dubbi sull’effettiva utilità di un’opera in cantiere dal 2003 e da oltre 5 miliardi di euro: «Le difese di Venezia contro questi fenomeni sono stati concepiti almeno una quarantina di anni fa – conclude Ferla – In questo lasso di tempo la sfida dei mutamenti climatici è diventata quanto mai concreta e attuale.

Credo che Venezia meriti un ulteriore approfondimento».

Sotto questo profilo una difesa strutturale di Venezia non può prescindere dalla mitigazione (oltre che dall’adattamento, ormai inevitabile) ai cambiamenti climatici, un fronte sul quale l’Italia però non eccelle dato che nel nostro Paese i gas serra praticamente non calano dal 2014.

Per questo il movimento locale del Fridays for future ha rilanciato l’appello alla mobilitazione per il 29 novembre, quando prenderà corpo il 4° sciopero globale per il clima, anche se oggi l’urgenza primaria è quella di aiutare Venezia a risollevarsi dalla tragedia.

Di fronte alla devastazione, uniamoci per limitare i danni, aiutare chi ne ha bisogno e far risollevare la nostra città – dichiarano i giovani del Fridays – Sono moltissime le persone che dopo l’acqua alta hanno bisogno di aiuto nelle proprie abitazioni o nelle botteghe.

A Castello in tantissimi hanno risposto alla “chiamata” e abbiamo iniziato a pulire, a svuotare le calli e a raccogliere legni e altri materiali dispersi.

Anche nei prossimi giorni è prevista acqua alta, prevediamo quindi che sia necessario continuare a trovarci e aiutare.

Allo stesso tempo è fondamentale trovarci per discutere insieme di quello che è successo e di come muoverci e prendere posizione di fronte alla devastazione della nostra città a causa dei cambiamenti climatici».

 

(Articolo di Luca Aterini, pubblicato con questo titolo il 14 novembre 2019 sul sito on line “greenreport.it”)

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