Delusione di molti Paesi alla Cop25 di Madrid perché, dopo oltre 36 ore di negoziati, non si è riusciti a raggiungere un accordo sull’articolo 6 dell’accordo di Parigi sulla regolazione globale del mercato del carbonio, il nodo più difficile da sciogliere. Troppo distanti le posizioni dei 198 Paesi partecipanti su temi cruciali, legati ai combustibili fossili. E’ in corso da due ore la plenaria per il via libera al documento finale e alcuni delegati stanno ora intervenendo esprimendo la forte delusione su questo punto dell’Agenda dei lavori. Se ne dovrebbe riparlare a Bonn nel giugno 2020. “Sembra che la Cop 25 stia fallendo proprio ora. – ha twittato Greta Thunberg durante la chiusura del summit di Madrid – La scienza è chiara, ma viene ignorata. Qualunque cosa accada, non ci arrenderemo mai. Abbiamo appena iniziato“. La giovane attivista è ripartita da Torino, dove venerdì scorso ha partecipato alla manifestazione di Fridays For Future, twittando durante il viaggio verso casa “finalmente sulla strada del ritorno, verso la Germania.” Le posizioni dei Paesi firmatari dell’accordo sul clima del 2015 sono rimaste distanti su diversi argomenti chiave e molti Stati hanno espresso la loro frustrazione, indicando la mancanza di ambizione degli ultimi progetti di testi messi sul tavolo della presidenza cilena. Nella notte i delegati hanno continuato il lavoro, ma sul taglio alle emissioni la trattativa si arena e molti stanno già pensando di rinviare il negoziato alla prossima Cop, nel 2020 a Glasgow. “I progressi che ci si auspicava emergessero sono stati ancora una volta compromessi dagli interessi delle compagnie dei combustibili fossili e di quelle imprese che vedono in un accordo multilaterale contro l’emergenza climatica una minaccia per i loro margini di profitto“, si legge in una nota di Greenpeace all’indomani del mancato accordo a Madrid dove “la porta è stata letteralmente chiusa a valori […]
Archivi Giornalieri: 15 Dicembre 2019
I lavori della COP25 alla presenza di 196 rappresentati di Stato, 2mila e cinquecento delegati e centinaia di interventi e decine di seminari è un fallimento globale, proprio come il problema del clima impazzito. Mentre chiudiamo l’articolo, ieri notte a Madrid la COP25 procedeva a oltranza per approvare un accordo che giustifichi questo mastodontico, costoso e dispendioso, circo mondiale. E proprio nell’anno della grande campagna ambientalista su scala mondiale. I co-invitati alla Conferenza dell’Onu, dopo undici giorni di chiacchiere (cui se n’è dovuto aggiungere un altro per tentare di arrivare a un accordo), allo scadere della mezzanotte di sabato erano ancora a lavoro per salvarsi la faccia. Gli scenari a questo punto sono quelli di una possibile intesa per un rinvio alla COP2020 di Glasgow o la produzione di un testo finale che in ogni caso sarebbe molto poco credibile e debole, senza la firma di Cina e Stati Uniti, i due Paesi che più inquinano. Andrés Landerretche, coordinatore della presidenza COP25, ieri spiegava, senza crederci più di tanto, che non era prevista «nessuna sospensione del vertice, ma puntiamo a un accordo nella notte. Siamo tutti consapevoli della spinta della società civile e degli scienziati. L’ambizione è trovare un accordo». E se dai fatti si è già passati alle ambizioni, il fallimento è dietro l’angolo. Sui temi più complessi, come l’eliminazione entro il 2050 dei combustibili fossili – in particolare il carbone – non c’è stato accordo, mentre su altre tematiche l’assemblea si è divisa. Ieri mattina il Cile, paese organizzatore sul suolo iberico, ha prodotto un documento talmente vago e impreciso che sembrava uno scherzo. Così, quella che doveva essere la Conferenza Onu più agguerrita e ambiziosa di sempre, data la dichiarata urgenza climatica, alla fine è apparso uno spettacolino ipocrita. E questo nell’anno in cui si sono […]
Voghera (Pavia) – Il male assoluto si nasconde dietro l’immagine di un tiramisù. La foto del dolce che ogni famiglia italiana ha preparato almeno una volta è stata incollata su centomila coperchi di polipropilene: andranno a chiudere altrettante vaschette della stessa sostanza. Il polipropilene valse il premio Nobel per la chimica all’italiano Giulio Natta. Ma oggi è il male assoluto. Così gli operai della Piberplast di Voghera hanno deciso di chiamare il polimero che finora ha garantito i loro stipendi. Il polipropilene, per chi non lo sapesse, è la plastica. La comunissima plastica che custodisce il mascarpone con il quale preparare il tiramisù, che isola dal caldo i bonbon di gelato rivestiti di cioccolato, che allunga nel tempo la freschezza della mozzarella. La stessa plastica che in quantità esagerate finisce nei mari e che, per questo, è stata messa all’indice. “Siamo tutti Greta Thunberg, la pensiamo come lei“, premette Ciro Giove, operaio della Piberplast. “Da 33 anni“, puntualizza. “Il mondo è ammalato e bisogna salvarlo — argomenta — ma bisogna trovare la giusta strategia per intervenire. Altrimenti rischiamo di aggravare i problemi, invece di risolverli“. Per 32 anni, Ciro è andato orgoglioso del suo lavoro, di quei milioni di scatolette in polipropilene che servono a proteggere gli alimenti. Ma al trentatreesimo anno il suo mondo è cambiato radicalmente. “La plastica è diventata il male assoluto. Ho una figlia di diciotto anni, Federica. L’altro giorno mi ha detto: ‘Papà tu lavori in una fabbrica che produce oggetti di plastica, devo vergognarmi?‘”. A Ciro è quasi crollato il pavimento sotto i piedi. Poi ha reagito aggrappandosi alla soluzione indicata ormai come un mantra da quanti lavorano nel settore e oggi hanno paura di perdere il lavoro. “Federica — le ho detto — la stessa plastica utilizzata all’infinito non inquina. Bisogna riciclarla il […]
Riceviamo e volentieri pubblichiamo Con ordinanza n. 6194 del 12 dicembre 2019 della terza sezione del Consiglio di Stato è stato dichiarato improcedibile l’appello dell’ANUU (Associazione Nazionale Uccellatori ed Uccellinai), che mirava ad annullare l’ordinanza del TAR Lombardia con cui si stoppava l’attività di apertura di “roccoli” voluta dalla Regione Lombardia per la cattura di 12.700 uccelli selvatici da destinare a richiami vivi per la caccia da appostamento. Dopo la pronuncia del TAR, il parere negativo della Commissione UE, l’annullamento della delibera regionale da parte del Consiglio dei Ministri, il Consiglio di Stato ha ora dichiarato improcedibile l’appello cautelare e condannato alle spese l’associazione venatoria ricorrente. È stato ribadito che le catture degli uccelli con le reti, anche in forma di deroga autorizzata, sono illegali, per contrasto con la Direttiva comunitaria sulla tutela dell’avifauna e con la legge statale 157/92 sulla caccia. Esultano le associazioni ambientaliste, costituitesi in giudizio (ENPA, LAC, LAV, LIPU e WWF), per l’ennesima vittoria in favore della salvaguardia del patrimonio naturale (LAC, Ufficio stampa, 13 dicembre).
Riceviamo e volentieri pubblichiamo E’ una delle cittadine più affascinanti e ricche di storia e di cultura del Bel Paese. Lucumonia etrusca oggi dichiarata patrimonio dell’umanità dall’U.N.E.S.C.O., poi borgo medievale di grande suggestione, un luogo dove si afferma sempre più un turismo di qualità. Tarquinia, un contesto ambientale e culturale di straordinario interesse. Ed è qui che la società 2 A 2 Ambiente di Brescia, leader della gestione dei rifiuti e, in particolare, del loro incenerimento, vuol piazzare nel bel mezzo del paesaggio agrario della Tuscia un inceneritore, pardon, termodistruttore di rifiuti con recupero energetico che dovrebbe trattare ben 481 mila tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi all’anno. Centinaia di migliaia di trasporti di rifiuti e di ceneri a due passi da una delle più importanti necropoli etrusche. Non solo. Un impianto le cui emissioni in atmosfera andranno a sommarsi a quelle dei due poli di produzione di energia da fonte termoelettrica più grandi d’Italia, quello di Civitavecchia (4.250 MW di potenza complessiva) e di Montalto di Castro (3.600 MW di potenza complessiva). E questo in una zona dove già si registrano picchi elevati di tumori (a Civitavecchia 397 nuovi casi e a Tarquinia 122 nuovi casi nel 2017). L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus è al fianco dei cittadini di Tarquinia e dell’Amministrazione comunale che si oppongono con forza a questo vero e proprio scempio annunciato e ha inoltrato (13 dicembre 2019) uno specifico atto di intervento con “osservazioni” nel procedimento di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) attualmente in corso presso la Regione Lazio. Nel comprensorio si producono 60 mila tonnellate di rifiuti urbani all’anno ed è evidente che la 2 A 2 Ambiente vuol realizzare un polo di attrazione per l’incenerimento dei rifiuti per Roma e mezza Italia centrale. Il Gruppo d’intervento Giuridico onlus farà la sua parte per difendere ambiente e cultura di Tarquinia. Gruppo d’intervento Giuridico onlus Stefano Deliperi
Senza discarica Roma rischia di pagare un conto salato. E non solo in termini igienico sanitari o di decoro. L’allarme arriva direttamente dall’amministratore unico di Ama, Stefano Zaghis: “Nel 2019 Ama ha speso 170 milioni di euro per mandare i rifiuti in impianti non di proprietà fuori città, Regione o Italia e nel 2020, se non si trova una soluzione sulla discarica di Colleferro, andrà a spendere almeno 190 milioni che pagherà tutta la popolazione” – ha detto durante una seduta della commissione capitolina Ambiente. Sui rifiuti Ama lancia l’allarme: “Siamo in emergenza” Sì perché dal 15 gennaio 2020 l’invaso di Colleferro cesserà le proprie attività e, se il Comune non effettuerà la scelta sulla discarica di Roma così come imposto dall’ordinanza regionale su rifiuti, la Capitale non saprà dove smaltire i propri scarti. Sarà probabilmente un commissario a deciderlo. “Siamo in una fase di emergenza, il tempo perso ha portato tutti i nodi al pettine in un colpo solo. Ama ha bisogno di sbocchi perché non si può restare in questa situazione. Il 16 gennaio chiude la discarica di Colleferro, siamo in emergenza ed è un problema molto serio. La città – ha detto Zaghis – vive sul filo del rasoio e non può stare sempre in questa condizione”. Non usa giri di parole il numero uno della Municipalizzata. Mentre in Campidoglio il M5s sulla discarica a Roma non cede e la maggioranza lavora per impugnare l’ordinanza al Tar, Ama fa i compiti a casa e dà seguito a quanto prescritto nel documento della Pisana. Rifiuti: trasferenza a Ponte Malnome e Ostia Avviata la procedura per l’indizione della gara europea per esportare i rifiuti, individuate le due aree di trasferenza: saranno a Ponte Malnome, già attiva e prorogata fino al 2021, e a Ostia dove c’è il tritovagliatore mobile. Ama cerca così di alzare la testa e tamponare […]