Cop 25, il documento finale rischia di saltare. Il summit mondiale sul clima è un fallimento

 

I lavori della COP25 alla presenza di 196 rappresentati di Stato, 2mila e cinquecento delegati e centinaia di interventi e decine di seminari è un fallimento globale, proprio come il problema del clima impazzito.

Mentre chiudiamo l’articolo, ieri notte a Madrid la COP25 procedeva a oltranza per approvare un accordo che giustifichi questo mastodontico, costoso e dispendioso, circo mondiale.

E proprio nell’anno della grande campagna ambientalista su scala mondiale.

I co-invitati alla Conferenza dell’Onu, dopo undici giorni di chiacchiere (cui se n’è dovuto aggiungere un altro per tentare di arrivare a un accordo), allo scadere della mezzanotte di sabato erano ancora a lavoro per salvarsi la faccia.

Gli scenari a questo punto sono quelli di una possibile intesa per un rinvio alla COP2020 di Glasgow o la produzione di un testo finale che in ogni caso sarebbe molto poco credibile e debole, senza la firma di Cina e Stati Uniti, i due Paesi che più inquinano.

Andrés Landerretche, coordinatore della presidenza COP25, ieri spiegava, senza crederci più di tanto, che non era prevista «nessuna sospensione del vertice, ma puntiamo a un accordo nella notte.

Siamo tutti consapevoli della spinta della società civile e degli scienziati.

L’ambizione è trovare un accordo».

E se dai fatti si è già passati alle ambizioni, il fallimento è dietro l’angolo.

Sui temi più complessi, come l’eliminazione entro il 2050 dei combustibili fossili – in particolare il carbone – non c’è stato accordo, mentre su altre tematiche l’assemblea si è divisa.

Ieri mattina il Cile, paese organizzatore sul suolo iberico, ha prodotto un documento talmente vago e impreciso che sembrava uno scherzo.

Così, quella che doveva essere la Conferenza Onu più agguerrita e ambiziosa di sempre, data la dichiarata urgenza climatica, alla fine è apparso uno spettacolino ipocrita.

E questo nell’anno in cui si sono mobilitate migliaia di persone in tutto il mondo, in cui è nato il personaggio di Greta Thunberg, la sedicenne ambientalista premiata dalla rivista Time e che ha mosso un movimento di giovani consapevoli che cresce e rivendica in ogni istante.

Che buco nell’acqua, che brutta figura.

Domenica mattina, qualsiasi decisione vedrà la luce, se un rinvio a Glasgow col nulla di fatto per la prima volta nella sua storia o un documento nato per parto cesareo, comunque andrà, sarà un fallimento maldestramente travestito da accordo.

Un fallimento senza precedenti.

Un testo di burocrati tanto per giustificare la spesa di centinaia di aerei inquinanti, decine d’auto inquinanti, hotel, sicurezza e pranzi.

Con buona pace di Greta che per esserci, si è fatta l’Atlantico su una barchetta.

 

(Articolo di Roberto Pellegrino, pubblicato con questo titolo il 15 dicembre 2019 sul sito online del quotidiano “il Giornale”)

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