Archivi Giornalieri: 18 Dicembre 2019
Il Consiglio Ue ha dato il via libera al regolamento che stabilisce i limiti di cattura per il 2020 per alcuni stock ittici nel Mediterraneo e nel Mar Nero. È la prima volta che viene adottato un regolamento autonomo sulle possibilità di pesca per i due mari dopo l’entrata in vigore, quest’anno, del piano pluriennale per gli stock demersali (come naselli, triglie, seppie, spigole, gamberi rossi) nel Mediterraneo occidentale. Il regolamento fissa gli sforzi di pesca massimi ammissibili che si applicano a Spagna, Francia e Italia, espressi in numero di giorni, a un livello inferiore del 10% rispetto al livello di riferimento del piano pluriennale. Il piano inoltre prevede regole che riguardano inoltre le possibilità di pesca e altre misure decise nel quadro della Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (Cgpm), tra le quali, ad esempio, un periodo di chiusura per l’anguilla in tutto il Mediterraneo e limiti di cattura e di sforzo per gli stock di piccoli pelagici nel Mare Adriatico. Prevedono poi un contingente autonomo per lo spratto nel Mar Nero applicabile a Bulgaria e Romania, fissato a un livello necessario per mantenere il livello attuale di mortalità per pesca, e la possibilità di pesca del rombo chiodato nel Mar Nero è stata decisa dalla Cgpm. (Articolo pubblicato con questo titolo il 16 dicembre 2019 sul sito online del quotidiano “la Repubblica”)
Il mancato accordo della Cop25 di Madrid come paradigma “di quanta strada debba percorrere la consapevolezza della necessità di salvare il pianeta”. Eppure la “centralità” della transizione ecologica “equilibrata e sostenibile” è un “dato ineluttabile delle relazioni internazionali”. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sottolinea come il tema della difesa ambientale e dei cambiamenti climatici sia tra le priorità di cui devono occuparsi gli Stati “sulla spinta di un movimento giovanile” definito “vivace” ed “esteso”. “Una presa di coscienza – ha detto il Capo dello Stato – che deve tradursi in una convinta e piena operatività”. “L’Unione europea faccia un salto di qualità che la conferenza del futuro dell’Europa dovrà favorire, complementare con l’Alleanza Atlantica che da 70 anni rimane garanzia di pace e libertà e vorremmo sempre essere strumento di solidarietà”, ha aggiunto Mattarella. Che, parlando della Ue, ha sottolineato come “la proposta di una Conferenza sul futuro dell’Europa rappresenta un passo nella giusta direzione” perché “è importante che le istituzioni europee si interroghino con tenacia – a fronte dei passi avanti necessari sulla strada della integrazione – sulla opportunità di un cantiere che rafforzi la loro legittimazione democratica”. Un processo nel quale devono essere coinvolti, ad avviso del Capo dello Stato, cittadini, corpi intermedi e Parlamenti nazionali. E reso ancora più urgente “ora che la decisione sovrana britannica rende Londra più lontana dall’Europa”. Mattaerlla ha poi citato Alcide De Gasperi per esplicitare il suo pensiero: “Nel 1948, Alcide De Gasperi ammoniva che ‘contro la marcia delle forze istintive e irrazionali’ l’unico antidoto è costruire una ‘solidarietà della ragione e del sentimento, della libertà e della giustizia, e infondere all’Europa unita quello spirito eroico di libertà e sacrificio che ha portato sempre la decisione nelle grandi ore della storia’”. In questo momento, ha continuato il presidente della Repubblica, “conflitti e tensioni alimentano una crescente instabilità minando la capacità di cooperazione” e “l’ordine internazionale segna il passo con l’affacciarsi di una tendenza alla inversione della gerarchia tra valori universali e pretesi interessi nazionali”. Per Mattarella quindi “il risultato, paradossale, è quello dell’affievolimento di una “governance” mondiale, malgrado ci si trovi a fronte di un processo di globalizzazione sempre più intenso, con i […]
Onde di plastica che si infrangono sulla spiaggia in Sud Africa, nella città di Durban. I rifiuti galleggianti sono stati ripresi in un video realizzato il 12 dicembre dai volontari di Litterboom project, una ong africana che combatte l’inquinamento marino; ed è subito diventato virale, dopo esser stato rilanciato sul twitter dal meteorologo della Cnn Derek Van Dam. Secondo l’associazione ambientalista la colpa di questa ‘marea’ di rifiuti è della “cattiva gestione da parte delle autorità locali, e dello smaltimento incontrollato delle baraccopoli sulle rive dei fiumi“. Inoltre, le alluvioni e le inondazioni degli ultimi giorni in Sud Africa hanno messo ancora più in evidenza il problema, con il risultato che la spiaggia è diventata una distesa di bottiglie, detriti, rifiuti e plastica. (ANSA del 16 dicembre 2019, ore 12:21)
L’oceano sta assorbendo gran parte dell’inquinamento da carbonio che viene rilasciato dalla combustione di gas, petrolio e carbone. Quel carbonio extra sta rendendo il nostro oceano più acido. Lo studio “Attributing ocean acidification to major carbon producers”, pubblicato su Environmental Research Letters da un team di ricrrcatori di Union of Concerned Scientists (UCS), università della Virginia – Charlottesville, Woods Hole Oceanographic Institution, Ocean Conservancy, Climate Accountability Institute, esamina l’impatto delle emissioni di CO2 prodotte dai principali produttori di carbonio – le multinazionali petrolifere e del cemento – e ha scoperto che, «tra il 1880 e il 2015, oltre la metà dell’aumento dell’acidità degli oceani è legata alle emissioni di soli 88 produttori di carburanti fossili e produttori di cemento, guidati da Chevron, ExxonMobil, BP, Royal Dutch Shell e ConocoPhillips». Lo studio, che esamina anche il periodo 1965-2015, si basa su precedenti lavori dell’UCS che collegano le emissioni delle multinazionali e delle grandi imprese statali petrolifere all’aumento della temperatura media globale e all’innalzamento del livello del mare delle compagnie petrolifere «dimostrano che l’industria dei combustibili fossili era a conoscenza dei rischi dei loro prodotti legati al clima già dalla metà degli anni ’60». Insomma, solo poche multinazionali sono responsabili consapevolmente di oltre la metà dell’acidificazione degli oceani sin dai tempi pre-industriali e Rachel Licker dell’UCS, conferma: «Sappiamo da molto tempo che la combustione di combustibili fossili è il principale motore dell’acidificazione degli oceani. Ma finora, non eravamo stati in grado di capire quanto un’impresa possa o come contribuire al problema. Gli scienziati possono ora quantificare quanto acido è diventato l’oceano per colpa dei prodotti di ogni impresa dei combustibili fossili». Oltre un quinto dell’acidificazione degli oceani è stato causato da sole 20 multinazionali e grandi imprese statali del petrolio, a cominciare da BP, Exxon, Chevron, Shell o Saudi Aramco. Lo studio ha anche permesso di […]