Un team di ricercatori brasiliani e statunitensi ha scoperto una nuova specie di scimmia titi, genere Plecturocebus, e la presenta nello studio ”A New Species of Titi Monkey, Plecturocebus Byrne et al., 2016 (Primates, Pitheciidae), from Southwestern Amazonia, Brazil”, pubblicato su Primate Conservation. Questa scimmietta vive nel Brasile orientale, dove gli indios la chiamano otôhô per distinguerla dagli altri titi, ma gli scienziati, che la avevano descritta fin dal 1823, finora credevano che si trattasse di una variante del titi Plecturocebus cinerascens. Ora, lo studio del genoma e della morfologia della piccola scimmia ha dimostrato che si tratta di una specie separata che è stata chiamata Plecturocebus parecis. La nuova marmoset ha una grande somiglianza con altre specie del suo genere: anche se ha molte somiglianze con gli altri titi del suo genere, quello che caratterizza il Plecturocebus parecis è il suo mantello grigiastro, colorato come quello dell’aguti (Dasyprocta leporina) e con tonalità rossastre sul dorso, ma le somiglianze molto forti non devono ingannare, visto che la ricerca ha determinato che la distanza genetica tra il Plecturocebus parecis e gli altri titi variano tra lo 0,5 e il 2,7%. La distanza genetica tra gli esseri umani e gli scimpanzé (Pan troglodytes) è di circa l’1,2%. I Plecturocebus parecis vivono in piccoli gruppi formati da parenti stretti nelle giungle degli Stati bfrasiliani del Rondônia e del Mato Grosso e tendono a popolare aree relativamente alte, con l’unica eccezione del Parque Nacional do Juruena. La scoperta nasce dall’osservazione, tra il 2010 e 2011, di un gruppo di questi titi, formato da una coppia in età riproduttiva, una giovane femmina e un maschio e un giovanissimo, tutti e tre probabilmente figli della coppia. Lo studio evidenzia che durante i 50 giorni in cui è durata l’osservazione, «i titi hanno mostrato comportamenti territoriali tipici, in particolare il duo vocale caratteristico all’inizio del periodo di attività quotidiana. Il gruppo […]
Archivi Giornalieri: 24 Dicembre 2019
ROMA – Meno consumista per ‘carenza di risorse’, ma anche per una maggiore attenzione alla sostenibilità e agli sprechi. E con una passione crescente per hi-tech e viaggi. Tra crisi ed innovazione tecnologica, il decennio che si avvia a concludersi ha segnato un cambiamento anche nei consumi e nelle tradizioni degli italiani per il Natale. Una trasformazione che emerge chiaramente anche dalle abitudini di acquisto, fotografata da Confesercenti con Swg. Rispetto al 2010, la percentuale di famiglie che sostiene di vivere agiatamente o senza problemi con il proprio reddito è scesa dal 52 al 41%. Allo stesso tempo, la percentuale di famiglie che ha difficoltà a vivere col proprio reddito è salita dal 31 al 43%. Nel 2019, per la prima volta, la percentuale di chi sente come insufficiente il proprio reddito supera la quota di chi lo ritiene adeguato. Una percezione di difficoltà che si tramuta in una maggiore attenzione ai prezzi. Un quarto delle famiglie (il 25%) oggi ritiene i prezzi un elemento di massima preoccupazione: erano solo il 15% nel 2010, sottolinea la ricerca. Si è trasformata la sensibilità delle famiglie italiane verso i grandi temi economici e sociali. Nel 2010, prima della crisi, preoccupavano la criminalità (53% delle famiglie) e l’immigrazione (28%). Oggi, i temi della criminalità e dell’immigrazione sono sentiti solo, rispettivamente, dal 24 e 18% delle famiglie. La preoccupazione principale è diventata la situazione economica (42% delle famiglie) seguita da quella per l’ambiente. Anche la disoccupazione preoccupa, ma meno di quanto facesse prima della crisi (36 contro 40%), aggiunge la ricerca Confesercenti-Swg. In difficoltà per l’insufficienza dei propri redditi, le famiglie italiane vivono in una condizione di fragilità, ma anche di maggiore consapevolezza, che le porta a guardare con grande attenzione ai temi della conservazione dell’ambiente. Le famiglie che mettono l’ambiente e l’inquinamento tra le massime preoccupazioni […]
INVITO TUTTI/E A QUESTO INCONTRO PUBBLICO, PER RICORDARE IL MESSAGGIO CHE CI HA LASCIATO IL NOSTRO ANTONIO D’ACUNTO, A CINQUE ANNI DALLA MORTE, MA ANCHE PER RILANCIARE LE SUE BATTAGLIE ECOLOGISTE, CIVILI E CULTURALI , QUI ED ORA.
All’inizio di quest’anno nel Lesotho, il piccolo e poverissimo regno montano completamente circondato dal Sudafrica, la stagione della semina è arrivata insieme a piogge deboli e tardive e a temperature estremamente calde, con la conseguenza di cattivi raccolti. In Lesotho la produzione ceralicola è diminuita di oltre il 60% rispetto al 2018. Per mais e sorgo il calo è stato ancora maggiore: rispettivamente del 78 e del 93%. E le previsioni meteorologiche disegnano una situazione potrebbero aggravare ulteriormente un quadro già devastante: nel 2020 il Lesotho avrà ancora precipitazioni inferiori alla media e i 10 distretti più gravemente colpiti dalla siccità potrebbero trovarsi senza cibo dopo il fallimento delle ultime tre stagioni del raccolto. Le comunità più vulnerabili sono quelle dei distretti di Leribe e Maseru, la capitale. Il 30 ottobre il governo di Maseru ha dichiarato lo stato di catastrofe nazionale e pubblicato un piano di intervento e di resilienza alla siccità. La situazione è drammatica e l’Onu e i suoi partner umanitari il 20 dicembre hanno lanciato un appello per raccogliere fondi per 34 milioni di dollari per aiutare urgentemente 260,000 persone, oltre il 12,5% della popolazione del Muso oa Lesotho. L’Onu punta a fornire cibo, aiuto finanziario, acqua potabile per i centri sanitari e le scuole, ma anche per campagne di vaccinazione per prevenire il diffondersi di epidemie e la propagazione di malattie. In una nota le Nazioni Unite spiegano che «i fondi sollecitati devono anche permettere di aiutare il Lesotho a prepararsi meglio alla prossima stagione della semina così come a curare i bambini malnutriti, le donne incinte e le persone sieropositive». Il portavoce dell’Office for the Coordination of Humanitarian Affairs dell’Onu (Ocha), Jens Laerke sottoline che in realtà «in totale, un mezzo milione di persone – più di un quarto della popolazione del Lesotho, […]
ROMA, 20 DIC – Da oggi conoscere e promuovere i prodotti tipici dei 24 Parchi Nazionali italiani sarà più facile: nasce il portale “Sapori dei Parchi” realizzato dal ministero dell’Ambiente in collaborazione con Unioncamere, in cui sono censiti 117 prodotti di qualità tra Doc, Dop e Igp che raccontano e tutelano la biodiversità della nostra terra come i legami di un Capitale Naturale e Culturale unico al mondo. L’iniziativa è stata presentata alla presenza del ministro Sergio Costa, del sottosegretario Roberto Morassut e dei presidenti dei Parchi Nazionali, questa mattina all’Auditorium del ministero dell’Ambiente. “Il portale ‘Sapori dei Parchi’ è ospitato all’interno del sito del ministero dell’Ambiente – spiega il direttore generale Gestione Parchi, Maria Carmela Giarratano – all’indirizzo www.saporideiparchi.minambiente.it vuole rappresentare un itinerario di prodotti” quindi “un collettore di informazioni sulle produzioni agroalimentari di qualità dei territori dei Parchi e offre una visione sistemica dell’offerta turistica di queste aree“. Nel portale possiamo trovare per esempio il paté di capperi e olive del Parco di Pantelleria, il formaggio Casolet del Parco dello Stelvio, olio di oliva Evo del Parco della Maiella, o i dolcetti alle noci del Parco del Gargano e i pecorini o il miele del Parco del Gran Sasso. Valorizzare i prodotti tipici dei Parchi Nazionali per il ministero dell’Ambiente significa quindi anche promuovere i territori protetti con le peculiari biodiversità e identità culturali incoraggiando quindi forme di turismo sostenibile collegato all’attività enogastronomica. I 24 Parchi Nazionali sono presenti in tutte le regioni ad eccezione del Friuli Venezia Giulia e coprono una superficie pari a circa il 5% del territorio nazionale con quasi 15.000 chilometri quadrati, e interessano 502 comuni, circa il 6% dei Comuni italiani. (ANSA del 20 dicembre 2019, ore 15:58)