La Corte Costituzionale ha sentenziato l’illegittimità della qualifica di “edificio legittimo esistente” ai manufatti realizzati in zona agricola anche in assenza di titolo abilitativo

 

L’art. 5, comma 6, lettera c), della legge regionale del Lazio n. 7 del 22 ottobre 2018 che ha inserito l’art. 57-ter dopo l’art. 57-bis della legge della Regione Lazio 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del territorio).

L’art. 57-ter stabilisce: «1. Per le finalità di cui agli articoli 57 e 57-bis per “edifici legittimi esistenti” si intendono anche quelli realizzati in assenza di titolo abilitativo in periodi antecedenti alla data di entrata in vigore della legge 6 agosto 1967, n. 765 (Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150) ovvero che siano stati oggetto di accertamento di conformità, da parte dei responsabili dell’abuso, ai sensi degli articoli 36 e 37 del D.P.R. 380/2001. 

2. Gli edifici di cui al comma 1 ubicati su terreni di proprietà di enti pubblici, sono acquisiti al patrimonio dei medesimi enti previo accertamento, da parte degli occupatori, dei requisiti previsti dal medesimo comma 1».

Con ricorso notificato il 24-28 dicembre 2018 e depositato il 28 dicembre 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale della suddetta disposizione, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione agli artt. 36 e 37 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo A)».

Il Presidente del Consiglio dei ministri – dopo aver richiamato il contenuto degli artt. 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001, relativi, rispettivamente, all’«[a]ccertamento di conformità» e agli «[i]nterventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità» – lamenta che la norma regionale impugnata, attribuendo la qualifica di “edificio legittimo esistente” ai manufatti per i quali si sono verificate le condizioni descritte nelle due norme statali richiamate, sia pure per le sole finalità connesse ai Piani di Utilizzazione Aziendale (P.U.A.) in agricoltura e a quelli per le attività integrate e complementari, si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali della materia.

Essa violerebbe pertanto l’art. 117, terzo comma, Cost., che attribuisce alla competenza concorrente di Stato e Regioni le materie del governo del territorio e della protezione civile.

Secondo la difesa della Regione Lazio il ricorrente avrebbe travisato il senso della disposizione impugnata, che si limiterebbe a richiamare puntualmente gli artt. 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001, al solo fine di individuare le fattispecie cui trova applicazione l’art. 57 della legge regionale del Lazio n. 38 del 1999.

Per la Corte Costituzionale con la norma impugnata il legislatore regionale pretende di attribuire la qualifica di «edifici legittimi esistenti» a determinati edifici sia pure ai limitati fini dell’art. 57 e dell’art. 57-bis della legge reg. Lazio n. 38 del 1999, sostituendosi, per questo verso, al legislatore statale cui spetta, nell’esercizio della competenza concorrente in materia di governo del territorio, il compito di porre le norme di principio che consentano di qualificare un immobile come edificio legittimo esistente.

Per i suddetti motivi con sentenza n. 290 del 20 novembre 2019, depositata il 27 dicembre 2019, la Corte Costituzionale ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale promossa dal Governo ed ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 6, lettera c), della legge reg. Lazio n. 7 del 2018, che ha introdotto l’art. 57-ter nella legge della Regione Lazio 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del territorio).

Dott. Arch. Rodolfo Bosi

 

***********************

N.B. – Si riportano di seguito i passi della sentenza che hanno trattato l’argomento.

*************************

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 24-28 dicembre 2018 e depositato il 28 dicembre 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge della Regione Lazio 22 ottobre 2018, n. 7 (Disposizioni per la semplificazione e lo sviluppo regionale) e, tra queste, degli artt. 5, comma 1, lettere g), numero 2), h) e i), numeri 5) e 7), e comma 6, lettera c), 33, comma 1, lettera a), e 84, comma 1, lettera b), in riferimento agli artt. 97 e 117, commi secondo, lettere l), m) e s), e terzo, della Costituzione. 1

1.5.– L’art. 5, comma 6, lettera c), della legge reg. Lazio n. 7 del 2018 è impugnato per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione agli artt. 36 e 37 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo A)».

La norma regionale impugnata ha inserito l’art. 57-ter dopo l’art. 57-bis della legge della Regione Lazio 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del territorio). 

L’art. 57-ter stabilisce: «1. Per le finalità di cui agli articoli 57 e 57-bis per “edifici legittimi esistenti” si intendono anche quelli realizzati in assenza di titolo abilitativo in periodi antecedenti alla data di entrata in vigore della legge 6 agosto 1967, n. 765 (Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150) ovvero che siano stati oggetto di accertamento di conformità, da parte dei responsabili dell’abuso, ai sensi degli articoli 36 e 37 del D.P.R. 380/2001. 

2. Gli edifici di cui al comma 1 ubicati su terreni di proprietà di enti pubblici, sono acquisiti al patrimonio dei medesimi enti previo accertamento, da parte degli occupatori, dei requisiti previsti dal medesimo comma 1».

La difesa statale sottolinea che, ai sensi dell’art. 2 del d.P.R. n. 380 del 2001, «[l]e regioni esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico». 

Tra tali principi il ricorrente annovera: la gradualità dei titoli abilitativi indicati nel testo unico, con il conseguente divieto di introdurne altri; l’inderogabilità della disciplina per l’attività edilizia in assenza di pianificazione urbanistica (art. 9); la definizione delle categorie di interventi edilizi (art. 3). 

A ciò si aggiunga che il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, ha introdotto l’art. 2-bis nel d.P.R. n. 380 del 2001 prevedendo che le Regioni possono stabilire disposizioni derogatorie in materia di limiti di distanza tra fabbricati.

Il ricorrente – dopo aver richiamato il contenuto degli artt. 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001, relativi, rispettivamente, all’«[a]ccertamento di conformità» e agli «[i]nterventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità» – lamenta che la norma regionale impugnata, attribuendo la qualifica di “edificio legittimo esistente” ai manufatti per i quali si sono verificate le condizioni descritte nelle due norme statali richiamate, sia pure per le sole finalità connesse ai piani di utilizzazione aziendale in agricoltura e a quelli per le attività integrate e complementari, si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali della materia.

Essa violerebbe pertanto l’art. 117, terzo comma, Cost., che attribuisce alla competenza concorrente di Stato e Regioni le materie del governo del territorio e della protezione civile.

2.– La Regione Lazio si è costituita in giudizio chiedendo che le questioni promosse siano dichiarate inammissibili e/o infondate.

2.5.– La questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 6, lettera c), della legge reg. Lazio n. 7 del 2018 sarebbe infondata perché il ricorrente avrebbe travisato la lettura della normativa impugnata. 

La norma regionale, infatti, non definirebbe né introdurrebbe nuove categorie di «edifici legittimi» diverse da quelle già previste dalla legislazione statale, limitandosi a richiamare puntualmente gli artt. 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001, al solo fine di individuare le fattispecie cui trova applicazione l’art. 57 della legge reg. Lazio n. 38 del 1999.

3.– In prossimità della data fissata per l’udienza il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una memoria nella quale, dopo aver ribadito le argomentazioni sviluppate nell’atto introduttivo del giudizio e aver replicato alle eccezioni formulate da controparte, insiste nelle conclusioni già rassegnate nel ricorso.

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge della Regione Lazio 22 ottobre 2018, n. 7 (Disposizioni per la semplificazione e lo sviluppo regionale) e, tra queste, degli artt. 5, comma 1, lettere g), numero 2), h) e i), numeri 5) e 7), e comma 6, lettera c), 33, comma 1, lettera a), e 84, comma 1, lettera b), in riferimento agli artt. 97 e 117, commi secondo, lettere l), m) e s), e terzo, della Costituzione.

2.– Resta riservata a separata pronuncia la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso indicato in epigrafe.

7.– L’art. 5, comma 6, lettera c), della legge reg. Lazio n. 7 del 2018 è impugnato per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione agli artt. 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001. La norma regionale impugnata ha introdotto l’art. 57-ter nella legge della Regione Lazio 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del territorio). 

La nuova disposizione, rubricata «Definizione di edifici legittimi esistenti», prevede che «1. Per le finalità di cui agli articoli 57 e 57-bis per “edifici legittimi esistenti” si intendono anche quelli realizzati in assenza di titolo abilitativo in periodi antecedenti alla data di entrata in vigore della legge 6 agosto 1967, n. 765 (Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150) ovvero che siano stati oggetto di accertamento di conformità, da parte dei responsabili dell’abuso, ai sensi degli articoli 36 e 37 del D.P.R. 380/2001. 

2. Gli edifici di cui al comma 1 ubicati su terreni di proprietà di enti pubblici, sono acquisiti al patrimonio dei medesimi enti previo accertamento, da parte degli occupatori, dei requisiti previsti dal medesimo comma 1».

7.1.– Il ricorrente – dopo aver richiamato il contenuto degli artt. 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001, relativi, rispettivamente, all’«[a]ccertamento di conformità» e agli «[i]nterventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità» – afferma che la norma regionale impugnata, attribuendo la qualifica di “edificio legittimo esistente” ai manufatti per i quali si sono verificate le condizioni descritte nelle due norme statali richiamate, sia pure per le sole finalità connesse ai piani di utilizzazione aziendale in agricoltura e a quelli per le attività integrate e complementari, si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali della materia «governo del territorio» alla quale sarebbe riconducibile la norma impugnata.

Secondo la difesa regionale il ricorrente avrebbe travisato il senso della disposizione impugnata, che si limiterebbe a richiamare puntualmente gli artt. 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001, al solo fine di individuare le fattispecie cui trova applicazione l’art. 57 della legge reg. Lazio n. 38 del 1999.

7.2.– La questione è fondata.

Preliminarmente, occorre precisare i termini della questione. 

L’art. 57 della legge reg. Lazio n. 38 del 1999 disciplina i piani di utilizzazione aziendale (PUA), mentre l’art. 57-bis disciplina i PUA per le attività integrate e complementari. 

Sono tali quelle attività integrate e complementari all’attività agricola compatibili con la destinazione di zona agricola, e in particolare:

1) ricettività e turismo rurale;

2) trasformazione e vendita diretta dei prodotti derivanti dall’esercizio delle attività agricole tradizionali;

3) ristorazione e degustazione dei prodotti tipici derivanti dall’esercizio delle attività agricole tradizionali;

4) attività culturali, didattiche, sociali, ricreative e terapeutico-riabilitative;

5) accoglienza ed assistenza degli animali.

A loro volta, gli artt. 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001 riguardano, rispettivamente, l’accertamento di conformità e gli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità. 

Nelle due ipotesi sono consentiti il permesso in sanatoria e la sanatoria dell’intervento a condizione che sussista la cosiddetta doppia conformità, cioè «se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda». 

I citati artt. 36 e 37 recano quindi norme di principio nella materia del governo del territorio (tra le più recenti, sentenze n. 2 del 2019, n. 68 del 2018, n. 232 e n. 107 del 2017, n. 101 del 2013).

Con la norma impugnata il legislatore regionale pretende di attribuire la qualifica di «edifici legittimi esistenti» a determinati edifici sia pure ai limitati fini dell’art. 57 e dell’art. 57-bis della legge reg. Lazio n. 38 del 1999, sostituendosi, per questo verso, al legislatore statale cui spetta, nell’esercizio della competenza concorrente in materia di governo del territorio, il compito di porre le norme di principio che consentano di qualificare un immobile come edificio legittimo esistente.

La natura di normativa di principio della disciplina statale concernente il regime della sanatoria degli interventi edilizi abusivi rende illegittimo l’intervento regionale che, quand’anche fosse meramente ripetitivo delle previsioni statali, non potrebbe superare il test di costituzionalità.

Deve essere, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 6, lettera c), della legge reg. Lazio n. 7 del 2018, che ha introdotto l’art. 57-ter nella legge reg. Lazio n. 38 del 1999.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separata pronuncia la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri indicato in epigrafe;

3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 6, lettera c), della legge reg. Lazio n. 7 del 2018, che ha introdotto l’art. 57-ter nella legge della Regione Lazio 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del territorio);

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Vas