Una nuova ordinanza che stabilisce le tempistiche per stabilizzare la chiusura del ciclo rifiuti di Roma una volta per tutte: entro un paio d’anni la realizzazione della discarica, entro settembre 2020 l’affidamento del trasporto dell’immondizia all’estero tramite gara europea. Così dalla Regione Lazio il governatore Nicola Zingaretti annulla il dispositivo del 28 novembre, l’ordinanza precedente che imponeva l’indicazione di un sito di smaltimento in città, e lo sostituisce con uno nuovo. Preso atto della scelta del Campidoglio di aprire la discarica a Monte Carnevale, decisione sulla quale Raggi non sembra voler indietreggiare nonostante le proteste e il rischio di un terremoto politico interno, e avendo la Regione stracciato – come da accordi – il sub ato di Roma Capitale dalla proposta di piano rifiuti regionale, il provvedimento di ormai più di un mese ha cessato i suoi effetti. “A seguito delle numerose interlocuzioni intercorse tra la Regione Lazio, Roma Capitale e Ama è stato composto un quadro complessivo di iniziative amministrative e azioni programmatiche finalizzate a perseguire entro il 31 dicembre 2022 la messa in opera dell’impiantistica di smaltimento nel territorio di Roma Capitale”, si legge nella nuova ordinanza, che specifica appunto che “l’affidamento tramite gara europea” dell’esportazione dei rifiuti all’estero andrà completato “nel terzo trimestre del 2020”. E ancora viene consentito ad Ama di procedere alla manutenzione straordinaria del Tmb di Rocca Cencia, a partire dal 31 gennaio. Prima di quella data viene disposto che l’azienda, di concerto con gli uffici regionali, trovi delle soluzioni sostitutive per tutte le tonnellate che oggi vengono trattate nell’impianto. Nell’ordinanza del 27 novembre la municipalizzata non sarebbe potuta intervenire con i lavori prima dell’1 aprile. Cancellati poi gli obblighi per Ama di individuare aree per stazioni di trasferenza (cosa che finora non è stata fatta) e di approvare il bilancio 2017 entro il 15 marzo del 2020 (Ama deve ancora presentare a Roma Capitale la […]
Archivi Giornalieri: 9 Gennaio 2020
Sono ambiti dai grandi e dai ragazzi, tra gli oggetti più venduti nel Natale 2019, destinati a rivoluzionare la mobilità delle città, definiti da alcuni la nuova bolla del mercato, un mercato che stando agli analisti varrà 5 miliardi di euro nel 2023: parliamo dei monopattini elettrici. Negli ultimi mesi, li vediamo ormai tutti i giorni sfrecciare lungo le vie cittadine. In vista dell’imminente sbarco del servizio a noleggio anche a Roma, Diarioromano ha provato a Francoforte – una delle città con il maggior numero di percorsi ciclabili – il servizio di Sharing offerto dalla ditta “Lime”, vero colosso del settore. In questo articolo, non parleremo dei pro e dei contro dei mini-mezzi a due ruote, ma vogliamo offrire un tavolo di incontro per valutare al meglio quali siano i reali vantaggi per una città come Roma nell’ospitare un nuovo servizio di Micromobilità. Arrivati a Francoforte, quello che più ci ha colpito, è stato vedere ad ogni angolo della strada piccole flotte di monopattini legati a diverse compagnie (Lime, Circ, Tier). La cosa non ci ha stupito più di tanto considerando che una corsa in autobus, nella capitale finanziaria europea, costa ben 2,45 euro. Decidiamo allora di scaricare l’app di Lime. Abbiamo optato per il loro servizio solo perché costituisce la flotta più grande della città, con le batterie quasi sempre cariche al cento per cento. Dopo pochi minuti di registrazione incontriamo il primo step che ci fa storcere il naso “la commissione di 1 euro per sbloccare il monopattino”. Bene! Saliamo a bordo e con un semplice tasto posto sulla manopola di accelerazione tocchiamo i 20 kmh in pochi secondi. Partiamo dal Senckenberg Maturmuseum diretti alla Main Tower, in totale quattro chilometri. Rispettando gli incroci, i semafori, il traffico e cercando sempre di imboccare le piste ciclabili abbiamo impiegato circa 20 minuti, per un costo di 5 […]
I Carabinieri Forestale hanno recentemente inviato una specifica informativa di reato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma riguardo il taglio boschivo in corso nella pineta mista (Lecci, Pini, macchia mediterranea) in località Procoio, nella Riserva naturale statale del Litorale Romano, in Comune di Roma Capitale. L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico onlus, che ne aveva richiesto l’intervento con l’istanza di accesso civico, informazioni ambientali e adozione degli opportuni provvedimenti inoltrata (4 novembre 2019) alle amministrazioni pubbliche, alla polizia giudiziaria e alla magistratura competenti, esprime la propria soddisfazione per i puntuali controlli svolti. Coinvolti dall’azione ecologista il Ministero per i beni e attività culturali e il Ministero dell’ambiente, la Regione Lazio, la Soprintendenza per archeologia, belle arti e paesaggio di Roma, i Carabinieri Forestale, il Comune di Roma Capitale, l’Organo di gestione della Riserva naturale statale del Litorale Romano, informata per opportuna conoscenza la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Si tratta di uno dei pochi lembi di bosco misto mediterraneo sopravvissuti lungo la costa laziale, scampato a speculazione immobiliare, bonifiche, realizzazione dell’aeroporto internazionale di Roma-Fiumicino. Il taglio boschivo in corso sembra in relazione con un piano di prevenzione incendi proposto dalla Proprietà Aldobrandini e approvato con nullaosta dell’Organo di gestione della Riserva naturale statale del Litorale Romano del febbraio 2019, previ vari pareri positivi condizionati da parte della Commissione di riserva della Riserva naturale statale del Litorale Romano al termine di lunga e complessa procedura. La Regione Lazio – D.G. Politiche Abitative, Pianificazione Territoriale, Paesistica e Urbanistica aveva comunicato (nota prot. n. 892902 del 6 novembre 2019) che la Città metropolitana di Roma Capitale, delegata in materia di risorse agro-forestali (regio decreto legge n. 3267/1923 e s.m.i.; legge regionale Lazio n. 39/2002 e s.n.i.; regolamento regionale n. 7/2005) aveva autorizzato l’intervento di diradamento e messa in sicurezza antincendio nel bosco misto con determinazione dirigenziale n. 6/1122 del 25 luglio 2019, previa conferenza di servizi semplificata in modalità asincrona durante la quale sono stati acquisiti i pareri […]
E’ ormai noto e scientificamente provato che in tutto il mondo molte specie di insetti sono fortemente diminuite fino a rischiare l’estinzione. Ma secondo lo studio “International scientists formulate a roadmap for insect conservation and recovery”, pubblicato su Nature Ecology & Evolutionda un team internazionale di oltre 70 scienziati, potremmo riuscire a salvare questi insetti e a ripristinare le loro popolazioni. Il principale autore dello studio, Jeff Harvey del Nederlands Instituut voor Ecologie (NIOO-KNAW) e della Vrije Universiteit Amsterdam, spiega che «l’obiettivo è avviare presto il recupero degli insetti. In tutto il mondo stanno aumentando le prove che le specie di insetti soffrono di molteplici fattori di stress indotti causati dall’uomo: perdita e frammentazione dell’habitat, inquinamento, specie invasive, cambiamenti climatici e sovrasfruttamento. Come scienziati, vogliamo raccogliere tutte le conoscenze disponibili e metterle in atto insieme ai gestori del territorio, ai responsabili politici e a tutti coloro che sono coinvolti». La roadmap si basa sul raggiungimento di obiettivi su livelli temporali diversi e alla sua realizzazione ha partecipato anche un autore di libri scientifici sull’ecologia delle api e di altri insetti come Dave Goulson, dell’University of Sussex, e il noto scienziato Hans de Kroon, dell’Institute for Water and Wetland Research (IWWR) della Radboud Universiteit, autore di un famoso studio sul declino della biomassa degli insetti. Harvey sottolinea: «In sostanza, stiamo pensando in modo strategico e questo ne è il racconto. Ora e lungo la strada, bisogna fare di tutto per invertire il declino degli insetti». L’abbondanza, la diversità e la biomassa degli insetti vengono messe spesso sotto pressione e il team di ricercatori sottolinea che questo «colpisce tutti i gruppi funzionali: dai predatori agli impollinatori. Gli insetti sono di vitale importanza in una vasta gamma di servizi ecosistemici di cui alcuni sono indispensabili per la produzione alimentare e la sicurezza, come per il controllo […]
Riceviamo e volentieri pubblichiamo Negli ultimi mesi del 2019, al Centro Parchi Internazionale di Roma e al Gruppo Alberi Sacri erano pervenute, da parte di ambientalisti, naturalisti e cittadini, numerose circostanziate segnalazioni su pesanti operazioni di taglio di alberi e cespugli, della Pineta con Macchia Mediterranea, in corso nella Riserva Naturale Statale del Litorale Romano, in località Procoio di Ostia Lido, retrostante Via Mar Rosso, classificata nella Riserva come area di tipo 1 a maggiore protezione (n. 31 Tenuta di Pianabella – Procoio). Nel mese di dicembre 2019 sono stati quindi effettuati vari sopralluoghi nell’area adiacente a Via Mar Rosso, raccogliendo campioni naturalistici, documentazione scientifica e fotografica, nonché numerosi dati e informazioni, che confermano trattarsi di un vero e proprio massiccio esbosco intrapreso nella pineta con macchia mediterranea, ovviamente del tutto inconcepibile e inammissibile in una riserva naturale, per di più nella parte classificata a maggiore protezione. Risulta inoltre che tali manomissioni sono state ripetutamente denunziate alla magistratura, alle autorità competenti e sulla stampa, ad opera degli abitanti locali e delle associazioni attive nella zona, data la crescente preoccupazione per l’incombente sfacelo paesaggistico ed ecologico di questo importante settore della Riserva del Litorale. Lo spettacolo è impressionante: più che di taglio, si dovrebbe parlare di pesante devastazione della Pineta con macchia mediterranea, senza alcuna regola, tecnica o logica accettabile. Sono stati abbattuti o malamente danneggiati splendidi alberi sani di Pino a ombrello (Pinus pinea), Pino marittimo (Pinus pinaster), Leccio (Quercus ilex) e persino Sughera (Quercus suber), radendo al suolo senza scrupolo sottobosco e macchia, scorticando i tronchi e strappandoli dal suolo con mezzi meccanici. Questo intervento, che ha interessato non soltanto il livello arboreo, ma anche quello arbustivo, erbaceo e muscinale, è stato effettuato con pesanti mezzi cingolati anziché gommati, aprendo ovunque piste e varchi. Risulta quindi scomparsa gran parte della flora del sottobosco, […]
Non traggano in inganno le notizie in arrivo dall’Australia, dove dopo mesi d’incendi collegati a caldo e siccità da record sono morte oltre 20 persone e 1 miliardo di animali: la crisi climatica non è un’emergenza che riguarda (solo) l’altra parte del mondo, ma anzi colpisce già oggi l’Italia più che la media globale. I dati raccolti dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr (Isac-Cnr) mostrano infatti che con il 2019 si è appena chiuso il decennio «più caldo da quando abbiamo osservazioni disponibili per l’Italia». «Con il secondo dicembre più caldo dal 1800 ad oggi per l’Italia (+1.9°C di anomalia rispetto alla media del periodo di riferimento 1981-2010) il 2019 chiude – dettagliano dall’Isac-Cnr – con un’anomalia di +0.96°C sopra media, risultando il quarto anno più caldo per il nostro Paese dal 1800 ad oggi, preceduto dal 2014 e 2015 (+1°C sopra media) e dal 2018 (l’anno più caldo con un’anomalia di +1.17°C rispetto alla media del periodo di riferimento 1981-2010)». Il trend di costante incremento delle temperature è ormai indiscutibile: «Analogamente a quanto è accaduto a scala globale, anche per l’Italia ognuno degli ultimi quattro decenni è risultato essere più caldo del decennio precedente, evidenziando un persistente segnale verso un continuo incremento delle temperature: dal 1980 ad oggi la temperature in Italia è cresciuta mediamente di 0.45°C ogni decennio». In altre parole, se l’aumento della temperatura media nel mondo è di circa 1 grado rispetto all’era preindustriale, in Italia siamo già a circa +2,5°C, ovvero più del doppio del valore medio globale. Un dato che si traduce – tra l’altro – in un aumento degli eventi meteorologi estremi, che vanno ad abbattersi su un territorio già particolarmente delicato dal punto di vista idrogeologico: secondo le rilevazioni messe in fila da Legambiente dal 2010 ad oggi sono 563 gli eventi registrati sulla […]