L’Italia ha appena attraversato il decennio più caldo della sua storia, ma cosa fa per difendersi?

 

Non traggano in inganno le notizie in arrivo dall’Australia, dove dopo mesi d’incendi collegati a caldo e siccità da record sono morte oltre 20 persone e 1 miliardo di animali: la crisi climatica non è un’emergenza che riguarda (solo) l’altra parte del mondo, ma anzi colpisce già oggi l’Italia più che la media globale.

I dati raccolti dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr (Isac-Cnr) mostrano infatti che con il 2019 si è appena chiuso il decennio «più caldo da quando abbiamo osservazioni disponibili per l’Italia».

«Con il secondo dicembre più caldo dal 1800 ad oggi per l’Italia (+1.9°C di anomalia rispetto alla media del periodo di riferimento 1981-2010) il 2019 chiude – dettagliano dall’Isac-Cnr – con un’anomalia di +0.96°C sopra media, risultando il quarto anno più caldo per il nostro Paese dal 1800 ad oggi, preceduto dal 2014 e 2015 (+1°C sopra media) e dal 2018 (l’anno più caldo con un’anomalia di +1.17°C rispetto alla media del periodo di riferimento 1981-2010)».

Il trend di costante incremento delle temperature è ormai indiscutibile: «Analogamente a quanto è accaduto a scala globale, anche per l’Italia ognuno degli ultimi quattro decenni è risultato essere più caldo del decennio precedente, evidenziando un persistente segnale verso un continuo incremento delle temperature: dal 1980 ad oggi la temperature in Italia è cresciuta mediamente di 0.45°C ogni decennio».

In altre parole, se l’aumento della temperatura media nel mondo è di circa 1 grado rispetto all’era preindustriale, in Italia siamo già a circa +2,5°C, ovvero più del doppio del valore medio globale.

Un dato che si traduce – tra l’altro – in un aumento degli eventi meteorologi estremi, che vanno ad abbattersi su un territorio già particolarmente delicato dal punto di vista idrogeologico: secondo le rilevazioni messe in fila da Legambiente dal 2010 ad oggi sono 563 gli eventi registrati sulla mappa del rischio climatico, con 350 Comuni in cui sono avvenuti impatti rilevanti, e solo nel 2018 l’Italia è stata colpita da 148 eventi estremi, che hanno causato 32 vittime e oltre 4.500 sfollati.

Continuando su questa strada anche i danni economici della crisi climatica si faranno progressivamente più consistenti, tanto che senza una rapida inversione di rotta entro la metà del secolo si perderanno 130 miliardi di euro l’anno, con un aumento della disuguaglianza regionale nella distribuzione della ricchezza pari al 60%.

Non si tratta (ancora) di uno scenario ineluttabile, ma di fatto ad oggi mancano gli strumenti per evitare che si concretizzi.

Il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici è stato sottoposto a consultazione pubblica – sotto forma di bozza – nel 2017, e da allora se ne sono perse le tracce.

Il Piano nazionale energia e clima, che avrebbe già dovuto essere inviato all’attenzione della Commissione europea, punta invece su obiettivi al ribasso: secondo quanto previsto nel documento l’Italia mira infatti a tagliare le proprie emissioni di gas serra del 37% circa al 2030, mentre la nuova strategia proposta dalla Commissione Ue punta ad un taglio del 50-55%.

Sta di fatto che, come documenta la Relazione sullo stato della green economy del 2019, per rispettare l’Accordo di Parigi sul clima l’Italia deve «impegnarsi molto di più nella riduzione delle sue emissioni di gas serra In Italia, infatti, non diminuiscono dal 2014: nel 2018 sono state 426 Mt di CO2eq, erano 428 Mt nel 2017 e circa 426 Mt nel 2014 […]

Se non si interverrà con decisione interrompendo la serie modesta degli ultimi quattro anni e riavviando il processo di decarbonizzazione del Paese, non sarà possibile rispettare nemmeno il modesto target del 37% di riduzione delle emissioni di gas serra al 2030 indicato nella bozza di Piano nazionale per l’energia e il clima (Pnec), come contributo alla riduzione del 40% a livello Ue».

In ballo non ci sono “solo” obiettivi ambientali, ma anche la possibilità per l’Italia di trovare una nuova e sostenibile via di sviluppo socio-economico: secondo l’ultimo rapporto GreenItaly i posti di lavoro verdi (3,1 milioni di unità nel 2018) stanno crescendo 7 volte più velocemente degli altri, e la Fondazione per lo sviluppo sostenibile stima che se ne potranno creare altri 800mila nei prossimi cinque anni

Sempre che alle dichiarazioni d’intenti sul Green new deal sappia seguire una politica industriale coerente.

(Articolo di Luca Aterini, pubblicato con questo titolo l’8 gennaio 2020 sul sito online “greenreport.it”)

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