La Cina avvia la graduale eliminazione della plastica monouso

 

La Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme della Repubblica popolare cinese ha annunciato nuove restrizioni per la produzione, la vendita e l’uso di prodotti in plastica monouso che sono diventati uno dei maggiori problemi ambientali del paese.

La Cina ha già proibito da tempo i sacchetti di plastica “superfini”, ma grandi quantità di plastica vengono ancora sotterrati nelle discariche o scaricate direttamente nei fiumi, arrivando fino al mare.

Secondo uno studio congiunto del 2019 della Columbia University e della Zhejiang University, la Cina è il maggior produttore di prodotti di plastica del mondo: oltre il 29% e il World economic forum ha rivelato che il fiume Yangtze trasporta più inquinamento da plastica nell’oceano rispetto a qualsiasi altra via navigabile del mondo.

Secondo la Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme e il ministero dell’ecologia e dell’ambiente, che hanno concordato la nuova politica anti-plastica, entro la fine del 2020 i sacchetti di plastica saranno vietati in tutte le principali città cinesi e nel 2022 saranno banditi in tutte le città cinesi.

Fino al 2015, verranno esentati dal divieto i negozi e mercati che vendono prodotti freschi.

Altri articoli come gli utensili di plastica e le confezioni da asporto ormai onnipresenti nei ristoranti e nei negozi di alimentari e gli imballaggi in plastica dei pacchetti portati dai corrieri verranno eliminati gradualmente.

Prendendo esempio dall’Italia e dall’Europa, la Cina prevede che entro la fine del 2020, l’industria della ristorazione non potrà utilizzare cannucce monouso. 

Entro il 2025, tutte le città cinesi – dove ormai vive il 60,6% della popolazione – devono ridurre del 30% il consumo di articoli in plastica monouso nel settore della ristorazione.

Alcune regioni e settori dovranno inoltre affrontare restrizioni ancora maggiori in tutta la catena, dalla produzione e alla vendita di prodotti in plastica, anche se il governo centrale non ha ancora chiarito in quali aree geografiche.

Inoltre, la Cina, terremotando il mercato mondiale dei rifiuti, ha vietato l’importazione di tutti i rifiuti di plastica e l’utilizzo di rifiuti di plastica nella produzione di plastica per uso medico.

Ampliando il divieto esistente, sarà vietata la produzione e la vendita di sacchetti di plastica con uno spessore inferiore a 0,025 millimetri così come i film di plastica per uso agricolo di uno spessore inferiore a 0,01 mm.

Nel tentativo di uscire da un inquinamento prodotto da una sfrenata crescita trentennale che ha causato estesissimi danni ambientali che si sono trasformati in disastri sociali ed economici, la Cina sta già aumentando i tassi di riciclaggio e sta costruendo dozzine di impianti di “utilizzo completo delle risorse” per mettere in piedi un’economia circolare alla cinese che permettano la trasformazione dei rifiuti in risorse.

Presentando le nuove norme, la Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme e ha affermato che «la repressione dell’inquinamento da plastica è importante per la salute delle persone e per costruire una Cina bella».

Ma la guerra contro i rifiuti e l’inquinamento è ancora lunga: gli ultimi dati economici presentati dal governo parlano di un aumento delle vendite al dettaglio dell’8%, di una crescita industriale del 5,7%, di un consumo di carbone stabile, mentre aumentano la produzione e il consumo di petrolio e gas, il che non è certamente una buona notizia per l’ambiente e per la sostenibilità ecologica e lo sviluppo armonioso dell’economia su cui dice di puntare il presidente cinese Xi Jinping che oggi ha parlato di adattamento del marxismo al contesto cinese.

Un adattamento che ci sembra avvenuto così pesantemente da aver fatto diventare il marxismo alla cinese un feticcio ideologico irriconoscibile

(Articolo pubblicato con questo titolo il 20 gennaio 2020 sul sito online “greenreport.it”)

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