Il Veneto mozza il Parco della Lessinia: “Via un quinto dell’area protetta per lotta ai cinghiali”. Ma il sospetto è sulle lobby di cemento e caccia

 

Zac.

Tagliati. 

Milleottocento ettari.

La Regione Veneto si appresta a dare una sforbiciata a un quinto del Parco naturale della Lessinia.

Mentre in tutta Europa nascono nuove aree protette in Italia vengono ridotte anche quelle che abbiamo.

Parliamo di un piccolo gioiello tra le province di Verona (13 Comuni) e Vicenza (2 Comuni).

In tutto sono diecimila ettari di prati, pascoli, ma soprattutto boschi e canyon.

Sì, gole strette e vertiginose da dove emerge quella pietra così particolare, chiara, con le sue sfumature rosee e azzurrastre.

La stessa che trovate nelle contrade storiche, nelle malghe del Cinquecento.

Ecco il parco della Lessinia, selvaggio, ma vicino alle città.

Una testimonianza dell’anima del Veneto delle prime montagne: rilievi coperti di boschi dove l’uomo tirava fuori dalla terra cibo e bestemmie.

Una testimonianza dell’identità di una regione che non è soltanto Venezia e pianura.

Eppure questo parco nato all’inizio degli anni Novanta sta per essere tagliato: “La Commissione del Consiglio Regionale, dove la maggioranza è di centrodestra, ha votato a favore della riduzione del 18 per cento del parco.

Adesso manca il via libera del Consiglio”, racconta il geologo Tommaso Bianchini di Lessinia Futura.

E spiega: “Il nostro parco è composto di pascoli e straordinari canyon, quelli che noi chiamiamo i vaj.

Proprio questi ultimi, il vero simbolo della Lessinia, rischiano di essere tagliati fuori dal parco.

La zona protetta perderà quasi la metà dei suoi boschi di castagni, carpini e ontani.

Ma resteranno fuori anche contrade storiche come Tinazzo e Zamberlini, con le loro case di pietra antiche di cinque secoli.

E poi malghe”, racconta Bianchini.

Ma resterà anche fuori la Madonna della Lobbia, quella che da queste parti chiamano la Pietà dei Lessini; una statua della Vergine con il figlio in braccio che da secoli sorveglia una sella di prati per fare compagnia a pastori e contadini.

Ma che cosa è successo?

La proposta è partita da un gruppo di sindaci ed è stata accolta da tre consiglieri regionali di centrodestra.

Sembrava una boutade e invece ormai è a un passo dall’approvazione.

Intanto 72 associazioni hanno sottoscritto un appello contro il taglio del parco regionale: “Siamo stati invitati per un’audizione, ma il nostro materiale è stato liquidato in pochi minuti – raccontano i geologi Tommaso Bianchini ed Emanuele Napolitano – Ci hanno parlato soltanto del problema dei cinghiali… che per carità, c’è, come altrove… ma da nove anni giace in Regione un piano preparato dal Parco per il contenimento del cinghiale.

Ora d’improvviso il problema assume dimensioni planetarie, tanto da giustificare il taglio del parco”.

Sarebbe – aggiungono Bianchini e Napolitano – come se, a Venezia, per eliminare i piccioni da piazza San Marco si decidesse di cancellare il vincolo monumentale alla basilica”.

Già, per qualcuno il taglio è un regalo ai cacciatori che in zona sono molti (e portano molti voti al centrodestra).

Altri temono la minaccia del cemento.

Bianchini ha un’altra idea: “Forse l’idea è immaginare di puntare in questa zona sulla coltivazione delle fragole con delle serre rimovibili.

Oltre a essere uno sfregio per il paesaggio rischia di essere anche un impoverimento per l’agricoltura e l’allevamento, quindi il lavoro.

Ci sono oltre 60 aziende che campano anche grazie al marchio del Parco che mettono sui loro prodotti.

E la difesa dell’area protetta erano proprio queste zone… cinque dita che scendevano verso la pianura.

Saranno mozzate, togliendo ottanta chilometri di confine al parco”.

Ma ormai lo scontro sul parco della Lessinia è arrivato a Roma.

Contrari i deputati veronesi Alessia Rotta e Diego Zardini (Pd) che chiede: “Per controllare i cinghiali non serve ridurre l’area protetta e danneggiare la biodiversità.

Basterebbe approvare le modifiche al Piano ambientale e redigere la Valutazione ambientale strategica.

Documenti che attendiamo dalla Regione Veneto da molti anni e non si capisce perché non li abbia ancora portati a termine.

Perché la Lega non vuole risolvere il problema dei cinghiali con gli strumenti già possibili ma propone invece di ridurre il Parco?

Quale scopo nascondono?”.

Manuel Brusco, consigliere regionale M5s, teme il cemento: “Per superare le difficoltà gestionali, invece che rilanciare il parco con un nuovo progetto, magari ampliandolo e mettendosi nelle condizioni di attrarre finanziamenti comunitari, si è pensato di ridurlo”. 

Favorevole, invece, la Lega, che in Veneto la fa da padrona: “E’ una scelta di buon senso che va incontro alle richieste dei sindaci e di gran parte delle persone che vivono e lavorano in montagna – dice il deputato del Carroccio Vito Comencini – È ora che si smetta di denigrarle, aiutandole con la rimozione dei cavilli burocratici che negli anni hanno paralizzato la Lessinia”.

Il Veneto non ha un primato in campo ambientale.

Ricorda Rotta: “In Europa le aree protette sono quasi il 20 per cento del territorio.

In Italia siamo al 10 e nella nostra regione appena al 5”.

E c’era stata l’epoca d’oro del cemento, quando in Regione dominava Giancarlo Galan: in pochi anni era cresciuta una muraglia cinese di capannoni rimasti vuoti che messi in fila sarebbero lunghi 1.800 chilometri.

Poi interi paesi, vedi nella Riviera del Brenta, costruiti e rimasti quasi disabitati per la grande crisi del 2008.

Insomma, di parchi ce ne sarebbe bisogno.

Come i boschi, i silenzi e i vaj della Lessinia.

Ci voleva uno scrittore viaggiatore dell’Ottocento, l’inglese John Ruskin, a farceli scoprire, a parlarci di quei “monti verde azzurri” che si vedono dalla pianura.

E che finora sono protetti.

(Articolo di Ferruccio Sansa, pubblicato con questo titolo il 23 gennaio 2020 sul sito online “Ambiente & Veleni” del quotidiano “Il Fatto Quotidiano”)

 

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