L’agricoltura salverà il pianeta: presentati i modelli individuati dal Master Universitario del programma GIAHS Fao

 

Tra i 20 modelli di agricoltura sostenibile individuati dal progetto italiano abbinato al programma GIAHS della Fao per la tutela e la valorizzazione del patrimonio agricolo mondiale, presentati durante il convegno “L’agricoltura salverà il pianeta”  che si è tenuto a Firenze, ci sono le coltivazioni di Rosa Mohammadi in Kashan, regione dell’Iran a sud di Teheran dove, grazie alle peculiari condizioni climatiche, la popolazione locale produce rose “super-profumate”, vale a dire con una concentrazione di essenza più elevata della norma, che forniscono un’acqua di rose tra le più fini e ricercate al mondo;  i vigneti sviluppati in seguito alle eruzioni vulcaniche di Lanzarote, alle Canarie; gli orti galleggianti sul lago Inle, in Myanmar, sistema agricolo costituito da zolle porose che galleggiano sull’acqua e sulle quali la popolazione locale coltiva diversi ortaggi, il sistema silvopastorale nella zona centrale di El Salvador, che fornisce un formaggio unico perché i bovini si alimentano con un frutto locale, il morro, che rende il loro latte profumato e dolce.

E ancora, le oasi montane Chebika, Tamaghza e Mides in Tunisia, ecosistemi  organizzati su tre livelli costituiti da ortaggi, alberi da frutto e palme da dattero che creano colture agricole in zone desertiche; le coltivazioni tradizionali di caffè e cacao nella Sierra Maestra a Cuba, che si sviluppano sotto l’ombra della foresta, con interazioni di elevato valore ecologico e paesaggistico; i terrazzamenti nella regione del Konso, tecnica che da oltre quattro secoli rende coltivabili gli altipiani meridionali dell’Etiopia, un ambiente sfavorevole, arido e roccioso; i vigneti di Lamole in Chianti, il cui territorio aspro è stato scolpito tramite i terrazzamenti sorretti da muretti a secco, luogo  di origine del sangiovese.

Sono tutti esempi dell’ingegno dell’uomo nell’adattarsi ad ambienti e climi diversi che vanno salvaguardati.

I 20 paesaggi, selezionati  sono frutto della prima edizione del master internazionale, abbinato al progetto, che ha coinvolto 25 studenti provenienti da 18 Paesi di 4 continenti e gli organizzatori del convegno spiegano che «si tratta di esempi di pratiche tradizionali per la produzione alimentare di qualità frutto di un secolare rapporto fra uomo ed ambiente, in grado di provvedere alla sicurezza alimentare, conservare la biodiversità, il paesaggio e offrire di modelli di mitigazione ed adattamento ai cambiamenti climatici e socioeconomici.

Sono cinque i criteri che un sistema agricolo deve rispettare per essere certificato GIAHS: garantire la sicurezza alimentare e fornire cibo di qualità; tutelare l’agrobiodiversità; salvaguardare le conoscenze tradizionali; promuovere valori culturali e sociali; conservare il paesaggio tradizionale».

Il programma GIAHS include 57 paesaggi in tutto il mondo e tra questi ci sono due siti italiani: le colline vitate del Soave e gli ulivi secolari nella fascia pedemontana tra Assisi e Spoleto.

L’iniziativa è stata anche l’occasione per presentare la seconda edizione del master internazionale sugli Agricultural Heritage Systems in partenza a febbraio, all’interno del progetto GIAHS – Building Capacity, coordinato dal Laboratorio per il Paesaggio del Dipartimento di Scienze e tecnologie agrarie, alimentari, ambientali e forestali dell’università di Firenze e finanziato da AICS – Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, con il contributo di FAO e Regione Toscana.

«Si tratta – si legge in un comunicato – dell’unico corso universitario di alta formazione al mondo espressamente legato al programma GIAHS, vale a dire a quei sistemi ritenuti dalla Fao di importanza globale per il patrimonio agricolo del pianeta.

Il Ministero delle Politiche Agricole ha redatto protocollo di intesa  con la FAO per collaborare al programma. 

Il master ha l’obiettivo di formare i futuri manager dei paesaggi agricoli che rispondono ai criteri del programma Fao, professionisti in grado di ideare modelli gestionali, che implementino pratiche sostenibili, preservino i prodotti agricoli di alta qualità e i valori bioculturali legati al paesaggio.

Il futuro del pianeta potrà essere assicurato solo da una “gestione attiva” delle risorse naturali che integri esigenze ambientali, economiche e sociali, rispettando le culture locali e il loro paesaggio. In questo contesto la Scuola di Agraria dell’Università di Firenze svolge   un ruolo di primo piano che le è stato assegnato dalla Agenzia per la Cooperazione allo Sviluppo e condiviso dalla FAO.  

La missione dei futuri manager del paesaggio sarà quella di progettare e gestire sistemi a basso input energetico in grado di mitigare il riscaldamento climatico e minimizzare il rischio idrogeologico.

Inoltre, avranno le competenze per migliorare le condizioni economiche delle comunità rurali attraverso una conservazione dinamica del paesaggio, riducendo l’abbandono e il degrado ambientale, nell’ambito di un nuovo modello di sviluppo rurale. »

Durante la tavola rotonda nella quale sono stati illustrati i primi risultati del progetto “Gihas Building capacity”, si è parlato dunque di agricoltura, ma anche di paesaggio e sostenibilità.

John Parrotta, presidente dell’Unione internazionale delle organizzazioni di ricerca agraria (Iufro) ha detto che «la parola chiave deve essere “paesaggio”.

Su questo, anziché sulle sole risorse idriche e agricole, dobbiamo concentrarci.

In fondo in passato è sempre stato così e le tre cose non erano considerate come ambiti a se stanti».

Anche secondo Francesco Ferrini, direttore delle scuola di agraria dell’università di Firenze, «salvare il paesaggio non vuol dire neppure cristallizzarlo. L’agricoltura moderna è fatta anche di tecnologia. Pure la tradizione in fondo, quando è nata, era innovazione. Il sapere tradizionale è un sapere olistico, dinamico anche».

Cristiana Mele della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del ministero degli esteri, ha ricordato che «l’agricoltura sostenibile tra gli Obiettivi di sviluppo sostenibile individuati sicuramente tra gli obiettivi più trasversali.

L’Italia e il ministero in particolare, ci lavora su tre fronti: attraverso i partenariati, per diffondere le buone pratiche, attraverso l’agenzia per la cooperazione, attraverso chiaramente strategie da definire prima e dopo per ottimizzare le risorse, non infinite, a disposizione».

Renè Castro-Salazar, vicedirettore generale e responsabile del dipartimento clima della Fao, ha concluso: «Sostenibilità vuol dire chiaramente anche strategie carbon-neutral, per la riduzione della produzione di Co2.

L’equazione da rispettare per centrare gli obiettivi che la comunità internazionale si è data ed evitare il collasso è semplice: prendi le emissioni globali in atmosfera, sottrai le riduzione che si riuscirà ad operare, sottrai le compensazioni e il risultato deve essere zero. In qualche Paese si potranno piantare nuovi alberi, in altri, diversi per conformazione fisica, si potrebbe ridurre l’uso delle biomasse.

Per ogni chilo di caffè si producono cinque chili di anidride carbonica.

Ma già ci sono nel mondo esempi di caffè ad emissioni zero, così come si producono carne di manzo ad emissione zero in Brasile o tessuti ad emissioni zero.

Il passaggio ulteriore è servire, ugualmente ad emissioni zero, quel caffè o quella bistecca o impegnarci a utilizzare quei tessuti, facendo abiti belli.

Farli insomma diventare una filiera economicamente sostenibile: costruire una rete.

Altrimenti, se falliamo, l’umanità non avrà futuro.

Con un aumento della temperatura di 4 gradi sarà il collasso e non solo un problema economico e sociale, che già oggi con un grado di surriscaldamento ci troviamo ad affrontare».

 

(Articolo pubblicato con questo titolo il 31 gennaio 2020 sul sito online “greenreport.it”)

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