Archivi Giornalieri: 11 Febbraio 2020
Più di 1.300 tonnellate di rifiuti in plastica spedite illegalmente dall’Italia ad aziende malesi. E questo solo nei primi nove mesi del 2019 quando, su un totale di 65 spedizioni dirette nel Paese asiatico, 43 sono state inviate a impianti privi dei permessi per importare e riciclare rifiuti stranieri. È quanto emerge da un’indagine dell’unità investigativa di Greenpeace Italia, entrata in possesso di documenti riservati che mostrano come circa la metà dei rifiuti plastici italiani diretti in Malesia (il 46% su un totale di 2.880 tonnellate) sia finita in impianti privi delle autorizzazioni. Dietro ci sarebbe un traffico internazionale di rifiuti in plastica. D’altro canto, in seguito al bando cinese all’importazione di rifiuti del 2018, la Malesia è diventata rapidamente una delle principali destinazioni dei rifiuti in plastica del mondo. L’INDAGINE DI GREENPEACE – L’organizzazione ambientalista ha già consegnato alle autorità competenti il dossier d’indagine. Con l’ausilio di telecamere nascoste sono state raccolte testimonianze video in alcune delle aziende malesi disposte a importare illegalmente i nostri rifiuti (plastica contaminata e rifiuti urbani compresi). Greenpeace ha anche documentato la presenza di rifiuti plastici provenienti dall’estero, Italia inclusa, abbandonati all’aperto senza alcuna sicurezza per l’ambiente e la salute umana. Rifiuti stoccati illegalmente, lavoratori che vivono all’interno delle fabbriche e incendi di materiali plastici. “Le telecamere nascoste mostrano imprenditori malesi disposti a importare e trattare rifiuti italiani, sia plastica contaminata che rifiuti urbani, pur non comparendo nella lista delle aziende malesi autorizzate e, quindi, essendo privi dei permessi necessari” spiega l’unità investigativa di Greenpeace Italia. DOVE FINISCE LA NOSTRA PLASTICA DOPO IL BANDO CINESE – L’analisi si è concentrata sui rifiuti plastici misti, ovvero contenitori, film, pellicole industriali e residui plastici di ogni sorta, largamente utilizzati nella nostra vita quotidiana ma di difficile recupero e riciclo. Si tratta dei rifiuti che, fino a due anni fa, erano spediti prevalentemente in Cina, partner privilegiato capace di ricevere il 42% dei nostri rifiuti plastici esportati fuori dai […]
Lo staff di Festambiente torna da Sanremo con «l’orgoglio di aver portato l’ambientalismo nella cattedrale della musica. Con la vittoria di Diodato, artista di grande pregio e sensibilità, vince anche il festival nazionale di Legambiente che la scorsa estate lo ha visto protagonista del primo Concerto per il clima con Daniele Silvestri. Trionfo anche per Piero Pelù che ha raggiunto il quinto posto della classifica e un successo di pubblico unico, festeggiando i suoi quarant’anni di carriera in maniera gigante». E il Wwf si complimenta con i Pinguini Tattici Nucleari, «non solo per il bellissimo risultato raggiunto al 70esimo festival di Sanremo, dove si sono classificati terzi, ma perché anche in questa occasione non si sono dimenticati della natura e hanno dimostrato come insieme si possa fare molto». Se è vero che il Festival di Sanremo rispecchia l’immagine, le paure e i desideri dell’Italia, la 70esima edizione è stata all’insegna del verde: «Ha aperto le porte all’ecologia, portando sul palco dell’Ariston battaglie urgenti e irrimandabili come la lotta ai cambiamenti climatici e alle plastiche nei mari, questioni dirimenti per il futuro del nostro Pianeta – dicono a Legambiente – Non solo: Diodato ha dedicato la vittoria a Taranto, accendendo nuovamente i riflettori sulla grave situazione ambientale in cui versa la città e chiedendo con forza di fare rumore e pretendere rispetto dei diritti dei cittadini e dell’ambiente». E al dramma dell’ex Ilva è dedicato anche il brano “Il gigante d’acciaio”, portato sul palco del Festival da Gabriella Martinelli, tarantina di nascita, in coppia con Lula. A parlare di ambiente, terzi arrivati tra i big con il brano Ringo Starr, sono stati anche i Pinguini Tattici Nucleari e il Wwf sottolinea che «proprio nella settimana in cui tutti i riflettori sono stati puntati sulla kermesse infatti, la band, da sempre sensibile alle tematiche ambientali, ha scelto di mettere […]
Tre bambini o preadolescenti (6-14 anni) su quattro in Italia frequentano la Rete, sviluppando una grande familiarità con Internet che diventa quasi assoluta tra i 15-24enni (94%). Navigano soprattutto per comunicare con i messaggi WhatsApp, Skype, Viber o Messenger (92% tra i 14 e i 17 anni), o utilizzando le applicazioni online anche per chiamare e videochiamare (81%), ma sono molti meno quelli che usano il web per leggere giornali o riviste online (circa 40%). Ma quanti adolescenti utilizzano la rete per seguire o aderire a cause a sfondo sociale, civico o politico e si impegnano attivamente in prima persona anche oltre la rete? Save the Children lo ha voluto chiedere proprio a loro. In occasione del Safer Internet Day 2020 – la giornata mondiale per la sicurezza in Rete istituita e promossa dalla Commissione Europea per un uso consapevole della rete, un ruolo attivo e responsabile di ciascuno per rendere internet un luogo positivo e sicuro – l’Organizzazione diffonde il dossier “Dai like alle piazze: giovani e partecipazione civica onlife” che racconta se e come questa presenza sulla rete abbia a che fare anche con la loro partecipazione civica. Solo 1 adolescente su 3 (30% circa) tra quelli che hanno risposto all’indagine, non è iscritto o non fa parte di nessun gruppo o associazione, 1 su 6 frequenta gruppi scolastici e sempre 1 su 6 è iscritto ad associazioni di volontariato sociale o ad associazioni o gruppi religiosi. L’iscrizione ad associazioni culturali o associazioni per la tutela dell’ambiente riguarda il 7% circa, mentre quella ad associazioni per la cooperazione internazionale o per la tutela dei diritti umani, o a movimenti, partiti politici o comitati di cittadini riguarda il 4% circa dei rispondenti. In effetti in Italia fra il 2011 e il 2017 è raddoppiata la quota di giovani […]
All’atto della registrazione delle presenze all’Assemblea Nazionale di VAS ad ognuno dei partecipanti è stata consegnata una copia del conto economico 2019 e delle modifiche da apportare allo Statuto per adeguarlo alla riforma del terzo settore. Il Presidente Guido Pollice al termine della sua relazione, a conclusione della quale ha comunicato la sua decisione irrevocabile di dare le dimissioni a partire da subito, ha fatto sapere che all’ordine del giorno dei lavori c’è il rinnovo della cariche: in base allo Statuto l’Assemblea Nazionale deve deliberare sulla elezione del nuovo Consiglio Nazionale (art. 7) che a sua volta deve eleggere il Presidente e due Vice Presidenti e nominare i membri del Comitato Esecutivo tra i suoi membri nel numero deciso di volta in volta (art. 8). Pollice ha dato quindi inizio al dibattito che viene di seguito descritto nell’ordine degli interventi. ERMETE FERRARO (portavoce del Circolo Metropolitano di Napoli) – Fa presente che “ci è mancato qualcosa” e registra che c’è stata “incapacità di rinnovarsi”. Ha messo in evidenza che “la coerenza è un elemento che ci contraddistingue, ma è mancata la capacità di essere coinvolgenti”: anche a tal riguardo ha messo in evidenza che “spendiamo ogni ora 30 milioni di euro per la guerra”. Ha proseguito evidenziando che c’è stata “mancanza di ricambio e di autorevolezza. La nostra nota [trasmessa a tutti i soci il 20 gennaio 2020, ndr.] non era una critica a nessuno e caso mai a noi stessi”. Ad ogni modo “dobbiamo stabilire un criterio di maggiore partecipazione”: porta a paragone il MIUR dove sono poche le persone, che però hanno trovato un meccanismo più diretto ed immediato, poco istituzionale. Riguardo al futuro Consiglio Nazionale mette in risalto che “non possiamo ridurlo ad una sola entità chiamata a pagare 20 euro al mese”. Il problema vero […]