È appena uscito l’ultimo numero di Babel, la rivista di Cospe: “Il clima siamo noi”.
Quarantaquattro pagine lungo le quali cerchiamo di tracciare lo stato attuale non tanto e non solo dell’emergenza climatica, ma anche delle possibili soluzioni in campo.
Riguardo alle quali però ne sottolineiamo l’urgenza.
Tutto ci fa capire che il tempo per attrezzarci e salvare il pianeta e la nostra sopravvivenza sta finendo.
Senza voler catastrofici, Babel racconta di come le proposte del green new deal dall’economista Rifkin all’ex ministro e attuale coordinatore del Forum Diseguaglianze e Diversità passando per il rivoluzionario progetto dell’Enciclica papale “Laudato si’”, debbano essere accolte e messe in campo ora dalle istituzioni e dai decisori politici.
Una nota positiva che ci evidenzia il presidente di Cospe, Giorgio Menchini nell’editoriale è che “dei cambiamenti climatici non si parla più solo nei rapporti degli scienziati e nei forum annuali delle ‘Conferenze delle Parti’ (Cop), tra i rappresentanti dei governi chiamati a decidere piani e misure per la riduzione dei gas serra”, ma che qualcosa di nuovo è accaduto nell’ultimo anno: “l’iniziativa si è spostata dai governi ai movimenti, dalle vecchie alle nuove generazioni. In testa le giovani e i ragazzi di ‘Fridays For Future’, che hanno riempito le vie e le piazze di tutto il mondo, passando all’offensiva e trascinando con sé i molti che si stavano rassegnando a una lotta di resistenza”.
E di resistenza, che pure è ancora necessaria, si parla nell’inserto del numero, tutto dedicato al nostro progetto nel piccolo Regno di Eswatini (enclave del Sudafrica) che lavora per mettere in atto piccole e grandi azioni di resilienza e risposta ai cambiamenti climatici che lì, come in tutte le zone più povere del pianeta, si fanno sentire di più: siccità, calo dei raccolti, economie distrutte.
Qui più che altrove si capisce come la lotta per i diritti della terra, dell’acqua, e una più giusta distribuzione delle risorse siano l’altra faccia della medaglia, le leve su cui bisogna lavorare perché i cambiamenti climatici non siano un’ulteriore causa di diseguaglianza e povertà.
Ed è su questo che lavoriamo da tempo insieme ad associazioni e reti locali, di donne, di contadini, di popoli indigeni, di attivisti, di istituzioni.
Unite, tutte, dalla volontà di tradurre in pratica lo slogan “Cambiare il sistema, non il clima”.
E ancora, riprendendo l’editoriale: “Per una conversione ecologica e sociale che rimetta al centro equità, sostenibilità, diritti, affrontando come un tutto la triplice sfida globale dei cambiamenti climatici, delle disuguaglianze, della crescita demografica.
Un mix micidiale, che diventa sempre più esplosivo ogni giorno che passa.
E la cui posta ultima non è ‘la salvezza del pianeta’ ma il nostro futuro”.
Di queste esperienze e di queste lotte ci parla dunque questo numero di Babel, soffermandosi sulle sfide più urgenti: dai sistemi alimentari insostenibili, a cui si deve oltre il 30% delle emissioni di gas serra, ai migranti climatici, ancora privi di riconoscimento legale, dal mercato viziato dei crediti di carbonio ai negazionisti del clima.
Invitando soprattutto a riflettere sulla necessità di un Green New Deal, coerente con quel cambiamento di paradigma che invoca Fabrizio Barca nella sua intervista, e sostenuto da modelli comunicativi ispirati al mondo delle arti (dal cinema alla fotografia alle istallazioni).
Tutti ingredienti indispensabili perché la svolta di questi ultimi mesi diventi un’onda lunga, capace di trascinare consensi e travolgere resistenze.
Qui potete scaricare il numero.
In copertina un’illustrazione originale di Fabio Magnasciutti, realizzata per l’occasione.
di Cospe per greenreport.it
(Articolo pubblicato con questo titolo il 21 febbraio 2020 sul sito online “greenreport.it”)