Che cosa può insegnarci la crisi da Coronavirus

 

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

La bella lettera del preside del liceo Volta di Milano Domenico Squillace, ripresa da molti giornali, segnala il rischio insito in tutte le crisi nelle quali l’individuo si sente minacciato: la perdita di umanità, di solidarietà sociale, l’imbarbarimento dei costumi. Se però non ci si fa prendere dalle paranoie, l’epidemia da Coronavirus potrebbe lasciarci alcune lezioni importanti.

La prima è di guardare con attenzione alle cause di morte in generale, per affrontare quelle che sono comunque più letali del morbo cinese, che diamo per scontate ma che si potrebbero ridurre.

Non mi riferisco alle migliaia di morti per l’influenza stagionale, alle cardiopatie, ai tumori, malattie sulle quali la scienza è già fortemente impegnata e che gradualmente verranno contenute, ma alle cause di morte che dipendono da scelte politiche e scelte sociali.

Prima tra tutte, le morti per inquinamento. Ricordiamo un recentissimo studio di The Lancet:

L’inquinamento dell’aria derivato dalla combustione di idrocarburi causa in Italia un numero elevato di morti per esposizione a particolato: 45.600 decessi prematuri a seguito dell’esposizione a PM 2.5 solo nel 2016. Si tratta del valore più alto in Europa e dell’11esimo più alto nel mondo, che si traduce in una perdita economica annua di 20,2 miliardi di euro.

Anche il consumo di suolo e la crisi climatica contribuiscono a rendere più forti virus e batteri, come ci ricorda questo articolo di Mariella Bussolati su Business insider Italia:

In un rapporto del 2007 l’Organizzazione Mondiale della Sanità avvertiva che le infezioni virali, batteriche o da parassiti sono una delle minacce più consistenti in un Pianeta dove il rischio del cambiamento climatico si fa sempre più grave.

Una minaccia che è diventata realtà proprio nei giorni dell’epidemia Coronavirus.

La vera emergenza, insomma, non è l’epidemia, ma il riscaldamento globale.

Se non faremo qualcosa per fermarlo il futuro potrebbe presentarci malattie peggiori.

La seconda considerazione deriva dal ruolo fondamentale dell’Oms di fronte al Coronavirus: le grandi crisi richiedono una governance globale che sia in grado di imporsi, per legge o per autorevolezza, anche ai governi nazionali.

Questa necessità dovrebbe valere anche per la crisi climatica, dove purtroppo per l’egoismo di alcuni governi ma anche per la mancanza di adeguati meccanismi di solidarietà verso i più deboli, non si riesce a fare progressi significativi.

Ce lo ha ricordato di recente, nella prefazione al recentissimo studio “Our future on Earth”  l’ex prima ministra norvegese Gro Harlem Brundtland che ebbe il merito di coordinare la redazione del Rapporto del 1987 “Our common future”:

Il nostro compito più urgente oggi è di persuadere le nazioni della necessità di ritornare al multilateralismo… la sfida di trovare sentieri di sviluppo sostenibile dovrebbe fornire l’impulso, anzi l’imperativo, per una rinnovata ricerca di soluzioni multilaterali e per un sistema ristrutturato di cooperazione economica internazionale.

Infine, la terza considerazione, emersa anche nel dibattito all’evento di mercoledì 26 nel quale l’ASviS ha presentato le sue dettagliate osservazioni alla Legge di bilancio 2020, è che il Paese, di fronte a una crisi percepita come grave, è in grado di adottare misure drastiche, accettare sacrifici, fronteggiare anche le conseguenze economiche che investono determinati settori produttivi.

C’è, insomma, una capacità di resilienza che consente anche di affrontare situazioni difficili.

Ma se questo è vero per una epidemia di limitata letalità come è il Coronavirus, dovrebbe essere ancora più valido per le minacce che nel giro di pochi anni potrebbero sconvolgere la nostra vita: i fenomeni meteorologici estremi e l’inaridimento dei terreni agricoli derivanti dalla crisi climatica, le migrazioni di massa, la perdita di biodiversità, che non solo ci farà vivere in un mondo senza orsi bianchi, ma potrebbe sconvolgere i nostri cicli alimentari (si pensi alla sparizione degli insetti impollinatori), le quantità di rifiuti che non riusciamo a gestire.

Il quadro che è emerso dall’incontro dell’ASviS apre alla speranza perché rispetto a un anno fa (quando l’Alleanza presentò la sua prima analisi della Legge di bilancio) ci sono molti segnali positivi.

Ne possiamo citare alcuni: innanzitutto, il mutato clima europeo, grazie alla nuova impostazione della Commissione europea voluta dalla sua presidente Ursula von der Leyen, ma anche al rinnovato impegno del Parlamento di Strasburgo sugli Obiettivi dell’Agenda 2030, come ha sottolineato David Maria Sassoli: così come abbiamo bocciato tre candidature per la Commissione, non lasceremo certo che governi egoisti ci impongano un bilancio pluriennale che non rispetta gli impegni che essi stessi hanno preso”, ha detto in sostanza nel corso dell’evento ASviS.

Anche il governo italiano ha un suo Green deal, ribadito mercoledì dal ministro dell’Economia e finanze Roberto Gualtieri con il varo in tempi misurabili di programmi orientati alla sostenibilità e l’impegno a rivedere l’inadeguato Piano integrato energia-clima.

È anche importante, come ha ribadito lo stesso Gualtieri, la sintonia con l’ASviS nel valorizzare le misure “oltre il Pil”: i parametri del Benessere equo e sostenibile (Bes) analizzati di recente dal Ministero con importanti proiezioni fino al 2022, e gli indicatori SDGs per la valutazione degli Obiettivi dell’Agenda 2030 sui quali l’ASviS costruisce i suoi indici compositi per ciascun Goal.

Ora è necessario, ha sottolineato Gualtieri, che anche la stampa (che ha sostanzialmente ignorato la pubblicazione del Ministero) capisca l’importanza di questi parametri per valutare lo stato del Paese.

Un altro elemento positivo rispetto al passato è la creazione (per ora solo alla Camera) dell’intergruppo parlamentare per lo sviluppo sostenibile.

La coordinatrice Chiara Braga ha ripreso le richieste dell’ASviS di un’analisi ex ante di tutte le proposte di legge alla luce degli SDGs e di una legge annuale per lo sviluppo sostenibile, mostrando chiaramente la volontà di dare al Parlamento un ruolo significativo nella realizzazione in Italia dell’Agenda 2030.

Fin qui gli elementi positivi, così come è stata positiva la partecipazione on line all’evento (che si è svolto a parte chiuse) di decine di migliaia di persone, anche grazie alla collaborazione delle web tv di AnsaRepubblica e Sole 24 Ore, che il presidente dell’ASviS Pierluigi Stefanini ha giustamente ringraziato.

Lo stesso Stefanini ha ribadito che dobbiamo intensificare l’impegno, perché i progressi non sono sufficienti e non garantiscono il raggiungimento degli Obiettivi, a cominciare da quelli al 2020, che stiamo clamorosamente mancando, dal dimezzamento dei morti negli incidenti stradali alla sostanziale riduzione del numero dei Neet, i giovani che non studiano, non lavorano e non sono in formazione.

Ai giovani è stata dedicata una parte importante della conclusione del portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini, che li ha invitati a impegnarsi per l’inserimento in Costituzione del principio dello sviluppo sostenibile, cioè dell’equità intergenerazionale.

Giovannini ha offerto alle associazioni giovanili l’appoggio dell’ASviS per la costituzione di una piattaforma di azione comune, qualcosa di simile a quanto avviene nei gruppi di lavoro per Goal dell’Alleanza, dove gli esperti delle diverse associazioni aderenti, pur portando spesso nel dibattito impostazioni differenti, elaborano posizioni comuni.

Di questa mobilitazione c’è molto bisogno e nella proposta di Giovannini si può anche vedere un’importante estensione della strategia dell’ASviS.

L’Alleanza, infatti, per la sua stessa natura di associazione di secondo grado, che unisce centinaia di soggetti diversi, è un punto di sintesi efficace ma ha anche limiti inevitabili nelle sue possibilità operative.

Questo però non ci impedisce di smuovere e appoggiare tutte le forze che “dal basso” premono perché l’Italia faccia un balzo “qui e ora”.

Come è stato detto mercoledì, tra dieci anni sarà troppo tardi.

Già da anni stimoliamo questa mobilitazione anche con il Festival dello sviluppo sostenibile, ma è importante offrire una base di appoggio ai giovani, oggi molto più attivi che nel recente passato, giustamente preoccupati per il loro (e il nostro) futuro.

 

(Articolo di Donato Speroni dell’Asvis, trasmesso con  questo titolo il 28 febbraio 2020)

 

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