ROMA – Un fenomeno climatico come la fusione del ghiaccio marino nell’Artico e nell’Antartico è in grado di influenzare il clima ai tropici. Possibile? Sì, afferma una ricerca finanziaata dalla Nasa e pubblicata sulla rivista Nature Geoscience dai ricercatori coordinati da Mark England, dell’Università della California a San Diego, e da Lorenzo Polvani, della Columbia University di New York. Che spiegano: il ghiaccio che si scioglie attiva il riscaldamento della superficie dell’Oceano Pacifico che si traduce nell’aumento delle piogge e della velocità dei venti nella fascia tropicale. “Pensiamo che questo sia un punto di svolta in quanto dimostra che la perdita di ghiaccio ai poli è cruciale per comprendere i futuri cambiamenti climatici ai tropici” ha osservato England. “Il nostro studio – ha aggiunto – aprirà una direzione finora inesplorata e potrebbe spingere la comunità scientifica a studiare i grandi effetti che la perdita di ghiaccio marino antartico avrà sul sistema climatico“. I ricercatori hanno usato simulazioni al computer per vedere quali scenari potrebbero verificarsi entro la fine del secolo vicino all’equatore se lo scioglimento dei ghiacci polari continua con gli attuali ritmi. Secondo la simulazione la perdita di ghiaccio marino antartico si combina con la perdita di ghiaccio marino artico per creare insoliti schemi di vento nell’Oceano Pacifico che possono modificare le correnti oceaniche fino a bloccare il movimento verso l’alto delle acque oceaniche profonde che sono più fredde. Questo fenomeno porterà al riscaldamento della superficie dell’Oceano Pacifico equatoriale di 0,5 gradi, con un conseguente aumento delle precipitazioni in tutta la fascia tropicale ed equatoriale, dove potrebbero cadere 0,3 millimetri in più di pioggia al giorno. (Articolo pubblicato con questo titolo il 17 marzo 2020 sul sito online del quotidiano “la Repubblica”)
Archivi Giornalieri: 17 Marzo 2020
Fermati i lavori nell’ex cava di Monte Carnevale. Nel sito, individuato per accogliere i rifiuti della Capitale, ogni tipo d’intervento, dovrà essere interrotto almeno fino al 3 aprile. Il TAR ha accolto la richiesta di quanti chiedevano di sospendere i lavori. Si ferma tutto fino alla camera di consiglio, fissata appunto all’inizio di aprile. La sospensiva La decisione del giudice amministrativo è stata accolta con soddisfazione dai residenti. Nell’ex cava di Monte Carnevale, situata a poca distanza da Malagrotta, è stato infatti deliberata la realizzazione della nuova discarica cittadina. Una decisione contro la quale si è appellata l’associazione Raggio Verde, per tutelare le richieste che arrivano da chi abita nel quadrante. La sospensione è risultata particolarmente gradita ai residenti che, con preoccupazione nel corso delle ultime settimane, avevano continuato a segnalare la presenza di operai in quel cantiere. La determinazione degli abitanti “La resilienza dei cittadini della Valle Galeria è nota e questi ricorsi rappresentano solo il primo step di una lunga battaglia in cui faremo valere la nostre ragioni e rispettare norme e diritti – ha commentato Giacomo Giujusa, già assessore all’Ambiente del Municipio XI – Non accettiamo soprusi dalle stesse Istituzioni preposte al rispetto della legge, alla tutela dell’ambiente in cui viviamo e della nostra salute”. Il contesto naturale A proposito di ambiente, nell’area dell’ex cava, agli inizi di marzo i cittadini hanno segnalato alle autorità la presenza di una civetta. Si tratta di un animale protetto che lì ha nidificato. Una scelta tutt’altro che insolita visto che, a circa duecento metri di distanza, c’è la riserva Macchia Grande di Ponte Galeria, un sito d’interesse comunitario, particolarmente importante per l’avifauna che lo frequenta. La civetta Athena La civetta, ribattezzata Athena, è diventata la mascotte della Valle Galeria ed ha ispirato anche la nascita di un bimestrale che i residenti hanno approntato per restare aggiornati sulle vicende che riguardano la zona. “Athena è molto contenta perché il TAR […]
Fra tamponi faringei, guanti in lattice e mascherine nell’ultima settimana sono aumentati del 20% i rifiuti ospedalieri a rischio infettivo ma le aziende che si occupano della gestione stanno riuscendo a “garantire, a tutto il sistema sanitario nazionale, servizi adeguati, pur nel contesto di straordinaria emergenza” assicura Lucia Leonessi, direttore generale di Confindustria Cisambiente a cui fanno capo le imprese del settore ecologia e igiene ambientale. E tra i suoi associati c’è Eco Eridania spa, primo operatore europeo nella gestione dei rifiuti sanitari (sua attività prevalente), che ne raccoglie la gran parte nel mercato italiano “in tutta sicurezza e applicando l’economia circolare, cioè dalla raccolta del rifiuto alla sua trasformazione fino al riutilizzo“, spiega il presidente di Eco Eridania, Andrea Giustini. Un ringraziamento “a tutti gli attori della gestione ambientale per la loro professionalità e abnegazione” è arrivato dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa secondo il quale “a loro deve andare la gratitudine di tutti i cittadini“. “Su 150-200mila tonnellate di rifiuti speciali prodotti all’anno in Italia fra pubblico e privato, ne gestiamo la metà di cui 70-80mila finiscono nei nostri impianti” spiega Giustini in una conversazione con l’ANSA. L’azienda ha 1.500 dipendenti e 800 camion, 23 sedi su quasi tutto il territorio nazionale per un fatturato di circa 200 milioni all’anno che arriva in prevalenza dalla gestione dei rifiuti speciali, di origine sanitaria e industriale. Si occupa di raccolta, trasporto, stoccaggio e smaltimento dei rifiuti presso impianti di proprietà o convenzionati. Il portafoglio clienti ha una notevole componente pubblica, costituita da Asl e Aziende Ospedaliere acquisite tramite gare pubbliche, e un consistente patrimonio di clienti privati. In questo periodo di emergenza coronavirus, gli operatori “sono sotto sforzo per l’aumento del lavoro, visto che i rifiuti ospedalieri sono aumentati del 20%, ma riescono a tenere il passo con l’emergenza. E […]
Manca cibo e assistenza per gli animali. A lanciare l’allarme legato all’emergenza coronavirus è il Safari Park di Pombia, in provincia di Novara, un grande parco zoologico che ospita oltre 600 animali: “I nostri animali necessitano di assistenza, derrate alimentari, farmaci ed integratori per decine di migliaia di euro e l’interruzione così brusca delle attività sta mettendo a dura prova finanze e relative forniture“. Fondato nel 1976, e poi rilanciato con una più moderna impostazione nel 1999, il parco di estende per oltre 400.000 metri quadrati sulle colline tra il Ticino e il Lago Maggiore. A fine febbraio il parco avrebbe dovuto aprire i battenti per la nuova stagione primaverile-estiva, ma l’esplosione dell’epidemia di Covid-19 ha bloccato ogni attività, azzerando gli introiti. Ed ora emerge il grave problema degli approvvigionamenti di cibo per gli animali. “Chiediamo – dicono alla direzione del Safari Park – sostegno attivo ai centri commerciali, supermercati, negozi di alimentari frutta e verdura, panifici, alle aziende produttrici o agricole nel poterci donare quanto per loro superfluo o non più idoneo alla vendita“. I gestori del parco lanciano anche un altro appello: “Non richiediamo donazioni, ma semplicemente l’acquisto di un biglietto di ingresso a data aperta sul nostro shop online sul sito Safaripark.it. Il biglietto lo si potrà poi utilizzare per tutta la stagione non appena la situazione di emergenza sarà rientrata. E’ possibile anche donarlo come regalo per un evento o celebrazione. Questo piccolo gesto ci permetterà di potere sostenere i servizi essenziali e non dovere ricorrere a drastiche e più drammatiche decisioni“. “L’equilibrio di un Parco Zoologico – concludono i titolari – non è cosa così semplice, anche se dovessero intervenire sostegni governativi, sarebbe forse troppo tardi“. Il parco di Pombia rappresenta una eccellenza del settore: da diversi anni ha stipulato un accordo di collaborazione con la […]
Ecco che cosa ha deciso l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (I.S.P.R.A.) riguardo i “piani di prelievo” di ungulati e galliformi in rapporto con l’emergenza sanitaria coronavirus COVID 19. Gruppo d’Intervento Giuridico onlus dal sito web istituzionale I.S.P.R.A., 14 marzo 2020 Stato emergenziale per epidemia di Covid-19. Indicazioni ISPRA per i “piani di prelievo” di ungulati e galliformi. Le misure adottate dal Governo italiano per il contrasto dell’epidemia di Covid-19 hanno dirette ricadute sulla gestione faunistica, soprattutto su quelle che prevedono la partecipazione di numerosi volontari (ad esempio i conteggi di ungulati o galliformi). Di conseguenza, se le norme restrittive alla mobilità delle persone fisiche e all’aggregazione delle stesse per motivi non professionali dovessero rendere impossibile la realizzazione di conteggi o stime di popolazione, lo scrivente Istituto adotterà, in via del tutto eccezionale e limitatamente alla stagione venatoria 2020/21, procedure alternative per la valutazione dei piani di prelievo di Cervidi, Bovidi e Galliformi; sarà comunque necessaria una dichiarazione dell’Amministrazione richiedente nella quale vengano riportate le motivazioni che hanno impedito lo svolgimento delle attività, citando i provvedimenti governativi, i metodi che si sarebbero utilizzati mancanza di restrizioni ed i periodi nei quali erano programmati i conteggi (facendo riferimento alle date utilizzate nella stagione 2019). Di seguito vengono fornite indicazioni di dettaglio per le diverse specie. Cinghiale In merito ad un corretto monitoraggio delle popolazioni di cinghiali, si ribadisce la necessità e l’utilità di raccogliere dati sia sugli interventi di prelievo (in caccia, con qualunque tecnica, e in controllo), sia sui cinghiali abbattuti durante tali azioni in tutti gli Istituti presenti sul territorio. Le informazioni sull’entità dello sforzo di abbattimento realizzato (p.e. numero di braccata realizzate, numero di cacciatori coinvolti, numero di cani utilizzati, numero di uscite in selezione effettuate, numero di gabbie attive, georeferenziazione delle azioni realizzate etc.) e sugli animali […]
Il Coronavirus COVID-19, che ci costringe a casa ad aspettare che passi la bufera, ci rivela tutti i guasti di una globalizzazione ingiusta, ma è fatta anche di sorprese spiazzanti, come i medici “comunisti” internazionalisti cinesi, cubani e venezuelani o quelli delle già disprezzate ONG pronti ad aiutare la sovranista Lombardia leghista, o le famiglie dei migranti marocchini che ospitano i turisti italiani in difficoltà rimasti intrappolati nel loro Paese. Oppure ci conferma crudeli verità, come quella che un embargo come quello statunitense (ed europeo) contro l’Iran finisce per sterminare innocenti e probabilmente rafforzare il regime che si vorrebbe colpire e che, nonostante il Coronavirus, le guerre non si fermano e si continua a morire di bombe e di fame in Yemen, Iraq, Siria…. Ma questa epidemia ci rivela anche un mondo impensato, imprevedibile e intoccabile, fuori dalla nostra porta chiusa, lontano dai balconi di chi canta e illumina la notte per rischiarare una speranza e fino a un’Africa impensata, sconosciuta, che a guardarla bene, qui dalla lontananza delle nostre case collegate da una rete globale di informazioni confuse e confondenti, è il continente che più fa paura a chi ha paura del futuro perché è proprio lì che vive, nonostante tutto, la speranza. E’ la storia semisconosciuta che racconta oggi sul sito internet della Radio Svizzera Italiana (RSI) Lorenzo Simoncelli, titolando ”Il Covid-19 ha cambiato la storia”. E’ una storia di riscatto, speranza e solidarietà che è diventata business e che inizia alla periferia di Pretoria/Tshawane, la capitale amministrativa del Sudafrica: «Per una volta, non è più l’Europa ad aiutare l’Africa, ma viceversa – scrive Simoncelli – Due giovani imprenditori sudafricani, Jordean Eksteen e David Molosankwe, stanno inviando in tutto il mondo milioni di mascherine filtranti per fronteggiare la pandemia di Coronavirus. Dalla Cina, all’Italia, dal Nord America all’Australia. La […]