Basta aprire imballaggi di plastica che utilizziamo tutti i giorni, come le bottiglie di plastica o i sacchetti di patatine, per produrre microplastiche che poi consumiamo quotidianamente. A dirlo è lo studio “Microplastics generated when opening plastic packaging” pubblicato su Nature Scientific Reports da un team di ricercatori del Global Center of Environmental Remediation dell’università australiana di Newcastle che, per determinare la quantità di microplastiche prodotte, ha testato diversi metodi di apertura degli imballaggi: strappandoli, usando le forbici e torcendoli. I ricercatori guidati da Cheng Fang hanno così scoperto che «di conseguenza, vengono generati fibre, frammenti e pezzi triangolari di plastica, che vanno da una dimensione di nanometri a millimetri» e hanno che «si potrebbero produrre da 10 a 30 nanogrammi (0,00001-0,00003 milligrammi) circa di microplastiche per 300 centimetri di plastica, a seconda dell’approccio di apertura e delle condizioni della plastica, come rigidità, spessore o densità». A esempio, tagliare una bottiglia di soda con un paio di forbici ha prodotto più microplastiche che strappare una busta di cioccolatini. Tuttavia, tutti i metodi hanno prodotto sempre un inquinamento microscopico da plastica. Secondo Fang, «in questa fase, non ci sono abbastanza informazioni per determinare se ci sono rischi a seguito di questa ingestione di microplastica, quindi speriamo di continuare il nostro lavoro e determinare le implicazioni per la salute». Anche se nel 2019 il rapporto “Microplastics in drinking-water” dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha concluso che gli effetti delle microplastiche probabilmente non sono, ha anche ammesso che ciò si basava solo su una quantità limitata di prove e c’è molto altro da scoprire. Infatti, i ricercatori australiani dicono che i loro risultati dovrebbero preoccuparci: «Questa scoperta invia un avvertimento importante: se siamo preoccupati per le microplastiche e ci preoccupiamo di ridurre la contaminazione da microplastiche, dobbiamo fare attenzione quando apriamo gli imballaggi in plastica». E la conferma dell’onnipresenza delle microplastiche arriva […]
Archivi Giornalieri: 25 Marzo 2020
«Di fronte al nemico comune che costituisce il COVID-19», il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha lanciato un appello per un cessate il fuoco mondiale. Secondo Guterres, «bisogna mettere fine al flagello della guerra e lottare contro la pandemia che devasta il mondo. La furia con la quale il virus si abbatte dimostra bene che farsi la guerra è una follia. E’ la ragione per cui oggi chiedo un cessate il fuoco immediato dappertutto nel mondo. E’ arrivata l’ora di lasciarsi i conflitti armati dietro le spalle per concentrare i nostri sforzi sul vero combattimento delle nostre vite». L’Onu ricorda che il nuovo Coronavirus, partito dalla Cina a dicembre, ieri aveva infettato più di 357.000 persone e fatto più di 15.000 morti in tutto il mondo e che i Paesi con più casi attualmente sono Italia, Cina, Usa e Spagna. Guterres ha sottolineato che «il virus non risparmia nessuna nazionalità, comunità o religione e attacca tutti quelli che trova sul suo cammino, implacabilmente. Sono le persone più vulnerabili – le donne e i bambini, le persone con handicap, le persone marginalizzate e sfollate – che corrono il rischio più grande di subire delle perdite devastanti a causa del COVID-19. Non dimentichiamo che nei Paesi devastati dalla guerra i sistemi sanitari sono crollati. I professionisti della sanità, che erano già poco numerosi, sono stati presi come bersagli. I rifugiati e tutte le persone sfollate da di conflitti violenti sono doppiamente vulnerabili». Per questo il capo dell’Onu ha lanciato un appassionato appello al cessate il fuoco, a smetterla con la guerra: «Rinunciate alle ostilità. Lasciate da parte la sfiducia e l’animosità. Posate le armi, fate tacere I cannoni, mettete fine agli attacchi aerei». Secondo Guterres questo cessate il fuoco mondiale «serve essenzialmente per poter stabilire dei corridoi umanitari che salveranno delle […]
“Sono in autoisolamemento da quando sono tornata dall’Europa e ho i sintomi“. Lo scrive Greta Thunberg su Instagram postando un selfie dall’appartamento (“un altro rispetto a dove si trovano mia madre e mia sorella“), dove ha scelto di fare la quarantena. Stanchezza, mal di gola e tosse affliggono la giovane attivista svedese che ipotizza di avere contratto il coronavirus e di aver preso misure non appena l’epidemia ha raggiunto numeri considerevoli in Germania e in Italia. (Articolo di Giacomo Talignani, pubblicato con questo titolo il 24 marzo 2020 sul sito online del quotidiano “la Repubblica”)
L’epidemia da coronavirus ha comportato un susseguirsi di vertici Governo-Regioni-Protezione Civile ed ha portato alla emanazione di tutta una serie di provvedimenti, specie da parte del Governo, che hanno portato ad una oggettiva sospensione di libertà costituzionali. Al di là dei rapporti civili, nell’attuale fase di emergenza sono compressi diritti imprescindibili e irrinunciabili che la nostra Costituzione pone a fondamento dell’intera struttura sociale, politica e istituzionale, sottraendoli persino alla possibilità di revisione da parte del Parlamento: basti pensare ad esempio al diritto di voto, con il rinvio del referendum confermativo della riforma sul numero dei parlamentari. I provvedimenti del Governo sono stati fatti oggetto di forti critiche riguardo alla limitazione di diritti che la nostra Costituzione sancisce, consacra e dichiara inviolabili, irrinunciabili e indisponibili. Parliamo dei diritti di libertà, contenuti nella nostra Carta nel Titolo I della Parte I – rapporti civili: dall’art. 13, sulla libertà personale, inteso qui in particolare come libertà da qualunque tipo di costrizione che possa ostacolare movimenti e azioni, all’art. 16, secondo cui “ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale”, con il secondo comma che aggiunge la libertà di muoversi da e verso l’estero (con e senza Schengen, tutto è saltato con la pandemia). C’è poi la libertà di riunione dell’art. 17 per cui, in luogo aperto al pubblico (cinema, teatro, stadio), non sarebbe neanche richiesto preavviso, ma le autorità possono vietarle “per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”, come è chiaramente il nostro caso. Ma noi oggi siamo ben oltre, con il divieto espresso di “andare a trovare un amico” anche a casa sua, e persino di andare da un proprio familiare (si cerca di limitare i contagi, naturalmente). Si può uscire di casa solo per necessità, è ben chiaro. C’è poi il diritto di associazione dell’art. 18 ed il “diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata” […]