Club di Roma: dopo la pandemia da coronavirus la ripresa economica potrà essere solo green ed equa

 

Il Club di Roma rilancia con grande evidenza due articoli sul mondo post-coronavirus.

Nel primo editoriale, pubblicato su Project Syndicate illustri esponenti del Club – Sandrine Dixson-Declève copresidente del Club di Roma, Hunter Lovins president di Natural Capitalism Solutions, Hans Joachim Schellnhuber direttore emerito del Potsdam-Institut für Klimafolgenforschung (PIK), Kate Raworth dell’Environmental Change Institute dell’università di Oxford – sottolineano che «oltre a minacciare milioni di vite e l’economia globale, la pandemia di COVID-19 ha dimostrato che le società umane sono in grado di trasformarsi più o meno dall’oggi al domani. 

In effetti, non c’è momento migliore di adesso per inaugurare un cambiamento economico sistemico».

Gli scienziati, dopo aver ricordato che interi Paesi sono completamente bloccati, la gente è terrorizzata e il mercato finanziario è in tilt, dicono che «la pandemia richiede una risposta forte e immediata. 

Ma nella gestione della crisi, anche i governi devono guardare al lungo termine». 

Gli esponenti del Club di Roma giudicano l’European Green Deal un progetto importante che offre opportunità per uscire dalla crisi COVID-19 che è la dimostrazione che «stanno arrivando più crisi planetarie» e avvertono che «se confondiamo ogni nuova crisi mantenendo lo stesso modello economico che ci ha portato qui, gli shock futuri alla fine supereranno la capacità dei governi, delle istituzioni finanziarie e dei gestori delle crisi aziendali di rispondere. 

In effetti, la “coronacrisi” l’ha già fatto».

Il prestigioso gruppo di scienziati ricorda che nel 1972 il Club di Roma emise un avvertimento analogo con il suo famoso  The Limits to Growth  e poi ancora nel 1992 con il libro  Beyond the Limits  nel quale la principale autrice, Donella Meadows, ha avvertito che «il futuro dell’umanità sarà definito non da un’unica emergenza ma da molte crisi separate ma correlate derivanti dal nostro fallimento nel vivere in modo sostenibile. 

Usando le risorse della Terra più velocemente di quanto possano essere ripristinate e rilasciando rifiuti e inquinanti più velocemente di quanto possano essere assorbiti, ci siamo da tempo preparati per il disastro».

Dixson-Declève, Lovins, Schellnhuber e Raworth sottolineano che «in definitiva, nel pianeta, tutte le specie, i paesi e le questioni geopolitiche sono interconnesse. 

Stiamo assistendo al modo in cui lo scoppio di un nuovo coronavirus in Cina può provocare il caos in tutto il mondo. 

Come il COVID-19, i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità e il collasso finanziario non rispettano i confini nazionali o fisici. 

Questi problemi possono essere gestiti solo attraverso un’azione collettiva che inizia molto prima che diventino crisi in piena regola».

Insomma, il coronavirus è un nuovo campanello di allarme che ci avverte che dobbiamo smetterla di superare i limiti del pianeta e che deforestazione, perdita di biodiversità e cambiamento climatico rendono le pandemie più probabili, aumentando la provabilità di zoonosi che fanno il salto di specie.

Lo stesso Ipcc aveva già avvertito che il riscaldamento globale probabilmente accelererà l’emergere di nuovi virus.

Rispetto al diffuso scetticismo antiscientifico è già un passo avanti che ormai tutti i governi e la stragrande maggioranza della popolazione recitino lo stesso mantra: “Segui la scienza e preparati al futuro”. 

Ma secondo il Club di Roma «possiamo fare molto meglio. 

Invece di reagire semplicemente alle catastrofi, possiamo usare la scienza per progettare economie che mitighino le minacce del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e delle pandemie. 

Dobbiamo iniziare a investire in ciò che conta, gettando le basi per un’economia verde e circolare, ancorata a soluzioni basate sulla natura e orientata al bene pubblico.

La crisi COVID-19 ci dimostra che è possibile apportare cambiamenti trasformativi in una notte. 

Siamo improvvisamente entrati in un mondo diverso con un’economia diversa. 

I governi si stanno affrettando a proteggere i loro cittadini dal punto di vista medico ed economico a breve termine. 

Ma esiste anche un robusto business case per poter utilizzare questa crisi per inaugurare un cambiamento sistemico globale.

Ad esempio, non c’è nessuna buona ragione per non eliminare gradualmente i combustibili fossili e implementare le tecnologie dell’energia rinnovabile, la maggior parte delle quali sono ora disponibili a livello globale e in molti casi già più economiche dei combustibili fossili. 

Con il recente crollo del prezzo del petrolio, i sussidi perversi ai combustibili fossili possono e dovrebbero essere eliminati, come il G7 e molti Paesi europei si sono impegnati a fare entro il 2025.

Anche il passaggio dall’agricoltura industriale a quella rigenerativa è immediatamente fattibile e ci consentirebbe di sequestrare il carbonio nel suolo a un ritmo sufficiente per invertire la crisi climatica. 

Inoltre, questo comporterebbe un guadagno, migliorerebbe la resilienza economica e ambientale, creerebbe posti di lavoro e migliorerebbe il benessere delle comunità rurali e urbane».

L’agricoltura rigenerativa è uno dei nuovi molti modi per poter vivere entro i nostri confini planetari. 

La Raworth parla di “Donut Economics” che punta a creare uno «spazio operativo sicuro e giusto per tutta l’umanità». 

In altre parole, bisogna vivere antro i limiti naturali del pianeta assicurandoci che le comunità emarginate non rimangano indietro.

Il gruppo di scienziati consiglia ai politici che vogliono uscire dall’attuale crisi di darsi l’obiettivo di «sostenere i mezzi di sussistenza dei cittadini investendo nelle energie rinnovabili anziché in combustibili fossili. 

Ora è il momento di iniziare a reindirizzare ogni anno i 5,2 trilioni di dollari spesi in sussidi per combustibili fossili verso infrastrutture verdi, rimboschimento e investimenti in un’economia più circolare, condivisa, rigenerativa e low.carbon».

Nell’articolo su Euractiv, La Dixson-Declève e Johan Rockström, direttore del PIK e cofondatore della Planetary Emergency Partnership, riprendono e approfondiscono i temi affrontati con i loro colleghi del club di Roma ed evidenziano che «nel bel mezzo di un’emergenza sanitaria globale e di un’imminente recessione economica, l’importanza dell’European Green Deal è diventata ancora maggiore. 

Deve essere il quadro di riferimento per rispondere alla crisi attuale e l’emergenza planetaria più ampia, di cui è parte.

Come elaborato, l’European Green Deal aspira già a proteggere la salute e il benessere dei cittadini da rischi e impatti legati all’ambiente e a creare un ambiente privo di tossicità, a fornire diete sane e sostenibili e a proteggere la biodiversità».

Qualcosa di molto diverso dal precedente piano Juncker della Commissione Ue che Dixson-Declève e Rockström considerano comunque «uno strumento efficace per concentrare gli investimenti e le menti su priorità chiare per l’Europa», aggiungendo che «l’European Green Deal dovrebbe fare lo stesso con un legame più stretto tra i punti di non ritorno convergenti della sanità pubblica, i cambiamenti climatici e la biodiversità e garantire che reindirizzerà i sussidi perversi e il capitale pubblico e privato verso soluzioni che promuovano una giusta transizione verso società ed economie resilienti».

Per i due scienziati dovrebbe essere questo il nuovo piano Marshall per l’Europa: «Un piano che promuove un approccio integrato tra l’European Green Deal e un’economia che lavora per le persone» e «un piano che affronta anche l’ottimizzazione digitale come strumento per migliorare la qualità della vita a lungo termine per tutti i cittadini, non solo quando si trovano in una situazione di blocco della pandemia.

Piuttosto che ritardare le iniziative essenziali come le strategie “Farm to Fork” e Biodiversità, le istituzioni dell’Ue e i suoi Stati membri dovrebbero considerare queste strategie come meccanismi a prova di futuro».

Pensando al post-COVID-19 e a come assicurare un’economia stabile e creare nuovi posti di lavoro le soluzioni del Green Deal sono efficaci.

Secondo la New Climate Economy, «tra oggi e il 2030, un’azione più ambiziosa per affrontare i cambiamenti climatici potrebbe fornire oltre 26 trilioni di dollari in benefici economici globali netti  rispetto al business-as-usual, compresa la creazione di oltre 65 milioni di nuovi posti di lavoro low- carbon».

Tutti scienziati del Club di Roma concludono con un appello: «Gli esseri umani sono resilienti e imprenditoriali. 

Siamo perfettamente in grado di ricominciare. 

Se impariamo dai nostri fallimenti, possiamo costruire un futuro più luminoso di quello che è attualmente in serbo per noi. 

Accogliamo questo momento di sconvolgimento come un’opportunità per iniziare a investire in resilienza, prosperità condivisa, benessere e salute planetaria. 

Da tempo abbiamo superato i nostri limiti naturali; è tempo di provare qualcosa di nuovo».

E su Euroactiv la Dixson-Declève e Rockström aggiungono: «Chiediamo quindi ai leader europei di cogliere questo momento di riflessione e sconvolgimento per adottare piani di ripresa economica che creino comunità più resilienti, maggiore salute e benessere e condivisione della prosperità su un pianeta sano in modo che possiamo davvero emergere da questa emergenza più forti e più resilienti».

(Articolo pubblicato con questo titolo il 25 marzo 2020 sul sito online “greenreport.it”)

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