Nonostante il Piemonte sia una delle Regioni più colpite dal coronavirus e che quindi ci siano probabilmente cose ben più importanti da fare, la Giunta regionale di centro-destra procede imperterrita nella “riforma” della caccia. Infatti, Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta ha depositato le sue osservazioni al DDL 83/2020 “Disposizioni collegate alla legge di stabilità regionale 2020” che ha come oggetto di revisione sia il Capo 2 “Disposizioni in materia di attività estrattive”, che il Capo 3 “Disposizioni in materia di agricoltura e caccia” Il Cigno Verde spiega che «il DDL prevede, fra l’altro: l’abrogazione del divieto di caccia per quindici specie ad oggi protette (fischione, canapiglia, mestolone, codone, marzaiola, folaga, porciglione, frullino, pavoncella, combattente, moriglione, allodola, merlo, pernice bianca, lepre variabile); la deroga al divieto d’inserimento di fauna selvatica “pronta caccia”; il via libera al nomadismo venatorio, inserendo la possibilità per un cacciatore di cacciare non solo nell’ATC in cui ha fissato la propria dimora venatoria, ma potenzialmente in tutti gli ATC regionali; il via libera alla caccia notturna al cinghiale; il ridimensionamento dell’utilizzo di capi d’abbigliamento ad alta visibilità». Norme per le quali Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta chiede «uno stralcio ed un rinvio a nuova discussione una volta fuori dall’attuale stato emergenziale o, in subordine, la cancellazione». Giorgio Prino, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, evidenzia che «in un momento di emergenza sanitaria non è ragionevole procedere a tutto sprone su norme divisive e complesse come quelle contenute nel DDL in questione. In questo momento storico è pericoloso prevedere maggiore mobilità venatoria (specie, tempi e spazi). Una vera e propria deregulation per un’attività assolutamente non necessaria al Paese, che inoltre crea danni alla fauna e all’ambiente. Sarebbe esattamente l’opposto rispetto a quanto tutte le indicazioni scientifiche chiedono per difendere la salute dei cittadini e favorire e sostenere una ripresa sociale […]
Archivi Giornalieri: 27 Marzo 2020
Fonte: ilGazzettino.it Cinque anni fa, in un servizio della rubrica scientifica Tg3 Leonardo, si parlava di un supervirus fabbricato nei laboratori cinesi che destava allarme nella comunità scientifica. «Il virus resta chiuso nei laboratori, ovvio. Serve per motivi di studio. Ma vale la pena correre questo rischio e creare una minaccia così grande?», era la domanda posta nel servizio andato in onda il 12 novembre del 2015. In simultanea e in tutta Italia riempie le chat di tutti gli smartphone, il servizio fa il giro del mondo. E scatena un vero e proprio putiferio, tanto che il direttore della testata regionale Rai, Alessandro Casarin, spiega che quel servizio fu tratto da una pubblicazione della rivista Nature. La stessa rivista che proprio tre giorni fa ha chiarito che il virus di cui parla il servizio, creato in laboratorio, non ha alcuna relazione con il Covid-19, di origine naturale. Gli esperti dunque escludono che il Covid-19 abbia a che fare con il super-virus creato nei laboratori. Il servizio. Alcuni scienziati cinesi, spiegava il servizio di Tg3 Leonardo del 2015, «hanno creato un organismo modificato innestando una proteina superficiale di un coronavirus trovato nei pipistrelli della specie “Naso a ferro di cavallo”, che provoca la Sar, nei topi. Si sospettava che la proteina potesse rendere adatto il virus a colpire l’uomo e l’esperimento lo ha confermato. Questa molecola SHCO14 permette al coronavirus di attaccarsi alle cellule respiratorie degli uomini scatenando la sindrome. L’ organismo può inoltre contagiare l’uomo direttamente dai pipistrelli». Un esperimento, conclude il servizio, che ha scatenato polemiche. «Sarebbe prudente non mettere in circolazione organismi che possono sfuggire al controllo». “Non mi piace trasmettere messaggi cospiratori/complottistici ma ecco tg3 leonardo di novembre 2015, dove si parla di una proteina animale che, abbinata al virus della SARS, crea un altro virus più […]
Il coronavirus Sars-Cov-2, responsabile della pandemia da Covid-19 ormai diffusa in tutto il mondo, si è diffuso sottotraccia in Italia per molte settimane prima che riuscissimo a individuarlo: lo studio The early phase of the COVID-19 outbreak in Lombardy, Italy – pre-pubblicato su Arvix (dal quale è tratto il grafico allegato) da 24 ricercatori italiani e commentato ieri sulla rivista Nature – scava in quella che ormai è già la preistoria dell’epidemia facendo risalire i primi casi sul territorio nazionale al 1 di gennaio, quando neanche la Cina aveva ancora capito (o ammesso) che ci fosse un’epidemia in corso a Wuhan. Se il 3 gennaio è stata notificata all’Oms l’epidemia in Cina, il primo focolaio italiano parte ufficialmente nella notte del 20 gennaio, quando a Codogno in Lombardia viene identificato un primo paziente affetto da una nuova malattia da coronavirus, che solo successivamente verrà battezzata Covid-19. Fino a quella data gli unici casi segnalati in Italia riguardavano due turisti cinesi originari di Wuhan, poi ricoverati (e infine dimessi) in isolamento allo Spallanzani di Roma: era il 30 gennaio, e il giorno seguente il Governo dichiarò lo stato di emergenza per i successivi sei mesi. Tuttavia, fino a ben oltre la metà di febbraio, alla luce delle evidenze allora disponibili lo stesso Istituto superiore di sanità riteneva che il nuovo coronavirus non stesse circolando in Italia. Dopo il primo caso registrato a Codogno il Governo dispose (già dal 22 febbraio) una zona rossa per il contenimento dell’epidemia per dieci comuni del Lodigiano e Vo’ Euganeo, mentre la chiusura della Lombardia e di altre 14 Province del nord è arrivata il 7 marzo – seguita dall’esodo al sud di migliaia di cittadini. L’11 marzo è arrivata la serrata per tutto il Paese, ma come documenta lo studio citato da Nature il coronavirus si è era ormai ampiamente diffuso. I ricercatori italiani hanno analizzato […]
In un’intervista a The Guardian, la direttrice generale dell’United Nations environment programme (Unep), Inger Andersen ha detto che «con la pandemia di coronavirus e la crisi climatica in corso, la natura ci sta inviando un messaggio». La Andersen ha aggiunto che «l’umanità stava esercitando troppe pressioni sul mondo naturale con conseguenze dannose» e ha avvertito che «non riuscire a prendersi cura del pianeta significa non prenderci cura di noi stessi». La direttrice dell’Unep concorda quindi con i molti scienziati che in questi drammatici giorni dicono che l’epidemia di COVID-19 è stata un chiaro avvertimento sul fatto che nella fauna selvatica esistono malattie molto più mortali e che la civiltà umana sta scherzando con il fuoco, visto che è quasi sempre il comportamento umano a causare la diffusione delle zoonosi negli esseri umani. In effetti, da anni il mondo scientifico cui aveva messo in guardia, avvertendoci che il riscaldamento globale, la distruzione degli ambienti naturali per far spazio all’agricoltura intensiva, l’estrazione mineraria fin dentro le aree protette, l’espansione edilizia ci portano sempre più a contato con una fauna selvatica sempre più debilitata e sofferente e che questo causa inevitabilmente nuovi focolai di malattia sconosciute. Un altro problema emergente è quello dei mercati – legali e illegali – di animali vivi e di selvaggina che diventano il posto ideale dove possono miscelarsi e propagarsi le malattie infettive. Il Wwf ricorda che «per il mondo scientifico, l’uccisione illegale di animali selvatici a scopo alimentare è considerata fra le prime cause di declino delle popolazioni di specie minacciate, in particolare nei paesi in cui l’instabilità politica si riflette anche su quella dei sistemi di gestione e controllo delle proprie risorse. Il consumo di bushmeat (letteralmente “carne di foresta”) è in drammatica crescita in molte aree del mondo e mette a rischio anche la salute […]
Il leader della Lega (ex Nord) Matteo Salvini e la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni hanno fatto in contemporanea qualcosa che due personaggi politici di alto livello che hanno avuto importanti incarichi di governo (Salvini addirittura ministro dell’interno), non dovrebbero fare, soprattutto se, come fanno entrambi, si ispirano al motto “legge e ordine”. I due capi della neo e vecchia destra hanno infatti postato qualcosa che ha molto a che fare con la ricostruzione complottistica della diffusione del coronavirus, spargendo volutamente e deliberatamente disinformazione, paura e rancore, il che forse consente di raccattare o non perdere qualche voto, ma è esattamente quel che non serve in un momento di gravissima crisi nazionale e globale. Entrambi hanno postato, riprendendola dai social network, la notizia data dal TG Leonardo su RAI 3 nel 2015 che dei ricercatori cinesi (che la avevano resa nota loro stessi) avevano creato un «superconavirus con pipistrelli e topi!!!», come scrive Salvini, mentre la Meloni intima: «La Cina ha mentito vogliamo la verità», facendo intendere che l’attuale coronavirus COVID-19 è frutto di quella o di un’altra manipolazione genetica simile. Pur di spargere sospetto, confusione e paura i due gemelli diversi dell’estrema destra sovranista e populista non si fermano nemmeno di fronte al fatto che la possibilità che il COVId-19 sia frutto di una manipolazione in laboratorio per realizzare un virus artificiale è stata ufficialmente e autorevolmente smentita già il 17 marzo da uno studio scientifico che greereport.it ha rilanciato tra i primi in Italia. Una notizia poi data con grande rilievo anche dallo stesso TG Leonardo, ma evidentemente non intercettata con lo stesso interesse dal duo Salvini-Meloni. Nello studio “The proximal origin of Sars-Cov-2” pubblicato su Nature Medicine da alcuni tra i più noti e titolati esperti in materia – Kristian Andersen, professore associato di immunologia e microbiologia alla Scripps Research, Robert Garry della Tulane University; Edward […]
Gli animali non trasmettono il coronavirus. Lo ricorda l’Enpa (Ente nazionale protezione animali), ricordando che in difficili giornate come queste è nostra responsabilità occuparcene. Tutti gli animali: compresi ovviamente quelli che vivono liberi o all’interno di un rifugio, ai quali non bisogna far mancare la necessaria assistenza. Va tutelato il “bene salute”, e questo è chiaramente scritto nel decreto del presidente del consiglio dei ministri del 9 marzo 2020; il “bene salute” di umani e non umani. La sicurezza prima di tutto Come comportarsi allora? Ecco alcune domande e alcune risposte, selezionate tra le centinaia alle quali l’Enpa risponde in queste ore. Chiaramente vanno sempre, in ogni occasione, rispettate le regole sanitarie: distanza di sicurezza, pulizia accurata e continua delle mani, attenzione a non portarsi le mani alla bocca e agli occhi, evitare abbracci tra umani. Oltre al rispetto delle regole sanitarie è importante spostarsi solo quando strettamente necessario, e questo a tutela della salute di tutti. Le ordinanze da rispettare Oltre alle norme Dpcm, ordinanze del ministro della Salute e ministero degli Interni, accertarsi se nel comune e nella regione dove ci si trova e dove ci si deve recare, siano state emanate ordinanze più specifiche sugli spostamenti, distanze e modalità da rispettare Posso uscire all’aperto con il mio cane? Sì, purchè per lo stretto tempo necessario all’espletamento delle sue esigenze fisiologiche dell’animale, nell’imminenza dell’abitazione dove ci si trova e, qualora si incrociasse qualche altro individuo, rispettare la distanza interpersonale minima di almeno un metro. Posso portare il mio animale dal veterinario o andarlo a visitare? In caso di emergenza (esempio: il cane o il gatto sta male) si configura lo stato di necessità, quindi è possibile sempre avendo in tasca l’autocertificazione. Si consiglia di contattare telefonicamente prima il veterinario per verificare l’apertura dell’ambulatorio e la possibilità di essere […]