Coronavirus e animali, il vademecum Enpa: cosa si può fare e cosa no

 

Gli animali non trasmettono il coronavirus.

Lo ricorda l’Enpa (Ente nazionale protezione animali), ricordando che in difficili giornate come queste è nostra responsabilità occuparcene.

Tutti gli animali: compresi ovviamente quelli che vivono liberi o all’interno di un rifugio, ai quali non bisogna far mancare la necessaria assistenza.

Va tutelato il “bene salute”, e questo è chiaramente scritto nel decreto del presidente del consiglio dei ministri del 9 marzo 2020; il “bene salute” di umani e non umani.

La sicurezza prima di tutto

Come comportarsi allora?

Ecco alcune domande e alcune risposte, selezionate tra le centinaia alle quali l’Enpa risponde in queste ore.

Chiaramente vanno sempre, in ogni occasione, rispettate le regole sanitarie: distanza di sicurezza, pulizia accurata e continua delle mani, attenzione a non portarsi le mani alla bocca e agli occhi, evitare abbracci tra umani.

Oltre al rispetto delle regole sanitarie è importante spostarsi solo quando strettamente necessario, e questo a tutela della salute di tutti.

Le ordinanze da rispettare

Oltre alle norme Dpcm, ordinanze del ministro della Salute e ministero degli Interni, accertarsi se nel comune e nella regione dove ci si trova e dove ci si deve recare, siano state emanate ordinanze più specifiche sugli spostamenti, distanze e modalità da rispettare

Posso uscire all’aperto con il mio cane?

Sì, purchè per lo stretto tempo necessario all’espletamento delle sue esigenze fisiologiche dell’animale, nell’imminenza dell’abitazione dove ci si trova e, qualora si incrociasse qualche altro individuo, rispettare la distanza interpersonale minima di almeno un metro.

Posso portare il mio animale dal veterinario o andarlo a visitare?

In caso di emergenza (esempio: il cane o il gatto sta male) si configura lo stato di necessità, quindi è possibile sempre avendo in tasca l’autocertificazione.

Si consiglia di contattare telefonicamente prima il veterinario per verificare l’apertura dell’ambulatorio e la possibilità di essere accolti in sicurezza.

Se invece la visita veterinaria non è una emergenza ma è indifferibile, è possibile portare l’animale, ma occorre chiedere al veterinario una dichiarazione con la quale si attesti l’indifferibilità della visita.

Durante il ricovero il nostro animale dovrà restare presso la struttura veterinaria e noi dovremmo astenerci dal fargli visite, a meno di specifiche e giustificate esigenze comprovate dal medico-veterinario.

Se, invece, si tratta di andare a riprendere il proprio animale dal veterinario dopo un ricovero, è importante allegare il foglio di dimissione del veterinario (bisognerà chiedergli di anticiparcelo tramite email).

In tutti gli altri casi, bisogna restare a casa.

In caso di ricovero urgente per presunto contagio da coronavirus, cosa succederà ai miei animali?

Gli animali di proprietà di un ricoverato devono poter venire regolarmente accuditi da parenti, vicini o da amici incaricati, i quali si tuteleranno con i normali dispositivi di protezione non dagli animali, che notoriamente non veicolano il virus, ma dall’ambiente in cui essi vivono.

In caso di impossibilità di accudimento è assolutamente necessario avvisare il servizio veterinario pubblico e/o la polizia locale riguardo alla presenza degli animali presso l’abitazione del ricoverato.

È consigliabile appendere alla porta di casa, o lasciarlo in casa ben in vista (insieme al libretto sanitario ed eventuali prescrizioni terapeutiche specifiche), un modulo che avvisi della presenza del nostro amico animale affinché qualcuno si occupi di accudirlo.

E gli animali selvatici? se la cavano da soli

 “Gli uccelli selvatici sono in grado di reperire autonomamente il cibo di cui hanno bisogno. I cittadini non devono preoccuparsi“, fa sapere la Lipu-Birdlife Italia a proposito dei timori diffusisi sul web circa la difficoltà per gli animali selvatici urbani di reperire cibo, in un periodo in cui la popolazione è fortemente limitata negli spostamenti e i turisti sono assenti.

In una fase come questa caratterizzata da strade e piazze vuote si verifica certamente una riduzione del cibo messo a disposizione dall’uomo per gli uccelli selvatici, come ad esempio i passeri, o semidomestici come i piccioni di città.

Tuttavia, questi animali hanno diverse risorse a disposizione, anche grazie alle giornate più lunghe e al cibo naturale più abbondante.

Si consideri inoltre che in primavera gli uccelli selvatici, soprattutto i passeriformi, sono maggiormente in grado di alimentarsi da soli e lo fanno nutrendosi prevalentemente di insetti, i quali offrono un apporto proteico indispensabile per nutrire la prole. Rispetto al ciclo riproduttivo, inoltre, gli uccelli si adattano quasi sempre perfettamente alle risorse disponibili.”

Quella che in generale va smentita è l’idea che gli animali selvatici non riescano mai a sopravvivere senza l’intervento e il sostegno umano, ad eccezione di casi rarissimi, come quelli degli avvoltoi.

La relazione tra esseri umani e animali selvatici è importante e preziosa per molte ragioni, ma non per questa.

 Anzi: in questa drammatica fase della storia del mondo, un aspetto positivo è proprio la tranquillità con cui gli animali selvatici possono vivere queste giornate particolari appropriandosi di spazi di cui solitamente sono privati e anche riprodursi con meno disturbo.

Dovrebbe essere così anche fuori dalla terribile emergenza che viviamo, ed è questa una delle lezioni che dobbiamo imparare dalla tragedia della pandemia da coronavirus: trattare meglio la natura, lasciarle più spazio“.

(Articolo pubblicato con questo titolo il 26 marzo 2020 sul sito online del quotidiano “la Repubblica”)

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