Nuove sfide nel campo della depurazione delle acque reflue: basta agli inquinanti organici emergenti

 

L’istituto di ricerca sulle acque del CNR sta lavorando proprio su questo: sperimentare nuove filiere depurative basate su processi a bassa produzione di fanghi.

E’ d’esempio il primo depuratore in scala reale di una nuova tecnologia che fa uso di biomasse granulari.

Sviluppata dal CNR-IRSA e denominata SBBGR (Sequencing Batch Biofilter Granular Reactor) è in grado di ridurre fino all’ 80% il quantitativo di fango che solitamente viene prodotto nella depurazione delle acque di scarico con le tecnologie tradizionali e che attualmente rappresenta la principale criticità dell’intero ciclo idrico integrato.

L’impianto è stato realizzato a Putignano, in provincia di Bari nell’ambito del progetto “TARANTO” – Tecnologie e processi per l’Abbattimento di inquinanti e la bonifica di siti contaminati con Recupero di materie prime e produzione di energia Totally green finanziato nell’ambito del Programma PON «R&I» 2014-2020.

Minimizzando la produzione fanghi, la tecnologia SBBGR è in grado di ridurre sensibilmente i costi di trattamento in quanto il conferimento dei fanghi in discarica rappresenta ancora la principale forma di smaltimento nel mondo nonché quella più impattante dal punto di vista economico e ambientale.

Inoltre, la tecnologia SBBGR può essere anche potenziata mediante processi di ossidazione avanzata basati su trattamento con radiazioni ultraviolette e acqua ossigenata o catalizzatori a base di biossido di titanio supportati su matrici solide per l’ottimale rimozione dei tanto discussi composti organici noti come inquinanti emergenti.

Questo termine si riferisce a composti, e loro metaboliti, la cui presenza negli ecosistemi acquatici e nelle acque di scarico non è oggetto di regolamentazione da parte delle normative vigenti sulla qualità delle acque.

Gli inquinanti organici emergenti comprendono diversi gruppi di composti tra cui: farmaci, prodotti per la cura della persona (PPCPs), droghe, steroidi, ormoni, distruttori endocrini, surfattanti, esteri fosforici, ritardanti di fiamma, additivi industriali e silossani.

Tali composti per anni sono stati scarsamente studiati, oggi si pensa possano costituire una potenziale minaccia per gli ecosistemi terresti e per la salute e la sicurezza dell’uomo e sono contemplati in vari programmi di monitoraggio ambientale.

Alcuni paesi, come la Svizzera, di recente hanno iniziato a introdurre nuove normative circa le concentrazioni residue di medicinali nelle acque.

Altri per ora si limitano ai monitoraggi, ma verosimilmente nei prossimi anni faranno lo stesso. 

In attesa dei limiti di legge in Italia, gli scienziati del CNR sono già all’opera.

di Istituto di Ricerca sulle Acque (IRSA) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)

(Articolo pubblicato con questo titolo il 10 aprile 2020 sul sito online “greenreport.it”)

 

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