Uragani più lenti a causa del riscaldamento globale. E non è una buona notizia

 

Quando l’uragano Dorian arrivò sopra le Bahamas, nel settembre del 2019, si fermò.

Sembrava non andarsene più.

Le acque calde dell’oceano caraibico lo avevano rinvigorito fino a fargli raggiungere categoria 5, la massima nella classificazione degli uragani, i venti superarono i 300 chilometri orari.

Stazionò sopra le isole atlantiche di fronte alla Florida per oltre 24 ore.

A causa del riscaldamento globale, scenari come questo, in futuro, potrebbero diventare molto più usuali.

Venti fortissimi e al contempo un vortice che si muove a passo d’uomo e permane su una regione a lungo, devastandola e inondandola.

Dorian, una volta centrato il suo occhio su Grand Bahama, si mosse a circa due chilometri all’ora.

L’equivalente di una passeggiata per vetrine.

Tempeste a passo d’uomo

Un team internazionale 

guidato dall’Università di Princeton si è posto questa domanda: il global warming renderà gli uragani più lenti?

La risposta è stata sì.

Ed è arrivata facendo girare simulazioni con diversi scenari, sei per la precisione, con 15 diverse condizioni di partenza per ognuno.

L’elemento comune è stato l’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera, con una temperatura di quattro gradi più alta (senza riduzione delle emissioni di gas serra).

Un futuro che potrebbe avverarsi prima della fine del secolo.

Il responso ha detto che nei prossimi decenni le tempeste diventeranno fino al 20% più lente, di circa 3,2 chilometri all’ora (si parla della velocità con cui si spostano e non quella dei venti, che potrebbero invece crescere d’intensità).

E questo avverrà “in particolare per le regioni alle latitudini medie” secondo Gan Zhang, ricercatore dell’Atmospheric and Oceanic Sciences Program della Princeton University.

Per esempio New York e Tokyo, quindi, e non ai tropici.

La spiegazione è che forti correnti delle medie latitudini si spingeranno verso i poli – sottolineano i ricercatori nello studio pubblicato su Science Advances – e le perturbazioni in queste zone saranno più deboli.

Queste condizioni potrebbero quindi rallentare il passo di uragani (come vengono chiamati nell’emisfero occidentale) tifoni e cicloni, in Asia, anche in prossimità di aree molto popolate.

Come per esempio il Giappone.

Risultato: i vortici si piazzeranno più a lungo su alcune aree, insistendo con venti che spazzano il suolo a centinaia di chilometri all’ora, piogge torrenziali inonderanno i centri abitati.

I danni lieviteranno, il numero dei morti anche. Nelle Bahamas, i decessi a causa di Dorian furono decine, i danni per alcuni miliardi di dollari, una frazione significativa del Pil locale.

Le colpe dell’uomo

Un’altra domanda che i ricercatori si sono posti è se questa tendenza sia già in atto, come nel caso di Dorian.

In questo caso la risposta è meno precisa.

Dal 1950 a oggi, è stata notata una tendenza al rallentamento ma, secondo Zhang e i colleghi, non è da attribuire con sicurezza all’incremento delle emissioni e potrebbe avere come causa piccoli cambiamenti a livello locale o sia un fattore casuale.

La tendenza rilevata per il futuro, invece, attribuisce proprio all’aumento della temperatura causata (questa sì, con quasi unanime certezza) dalle emissioni dell’uomo, il rallentamento della velocità degli uragani: “Nel dibattito tra ‘tutto è causato dal climate change’ e ‘niente è causato dal climate change’, quello che stiamo facendo è provare a suggerire che forse non tutto può essere immediatamente attribuito al cambiamento climatico – ammonisce Zhang – ma che nemmeno l’opposto è corretto“.

Tempeste più lente e più potenti

Se gli uragani saranno più lenti, al contempo, potrebbero diventare (e lo stanno già facendo) anche più violenti.

Moltiplicando il rischio per le zone sulle quali si troveranno a stazionare.

Sono diversi gli studi che lanciano l’allarme anche 

sulla maggior potenza dei fenomeni meteo e atmosferici.

Con l’aumentare della temperatura nel sistema in generale, e gli oceani in particolare, viene immagazzinata più energia (quella del Sole, intrappolata dall’effetto serra).

Questa energia sarà il motore che alimenta venti e tempeste.

Le acque calde tropicali, per fare un esempio, sono le responsabili della nascita dei fenomeni più intensi, come le tempeste tropicali e gli uragani, che in futuro potrebbero manifestarsi anche a latitudini maggiori, dove le acque si scaldano sempre più. 

Anche nel Mediterraneo.

(Articolo di Matteo Marini, pubblicato con questo titolo il 27 aprile 2020 sul sito online del quotidiano “la Repubblica”)

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