Disastro ambientale in Siberia, Putin dichiara lo stato di emergenza. Come la Exxon Valdez

 

A fine maggio, più di 20.000 tonnellate di diesel si sono sversate in diversi fiumi nei dintorni di Norilsk, nella Siberia orientale, probabilmente a causa dello scioglimento del permafrost e il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato lo stato di emergenza a livello federale.

Rispondendo a un appello del ministro per le situazioni di emergenza, Evgeni Zinitchev, durante un meeting governativo dedicato proprio all’eliminazione della sequela di sversamenti nel territorio di Krasnoiarsk, Putin ha annunciato: «Accetto la vostra proposta di decretare lo stato di emergenza a livello federale» e ha chiesto a sua volta di «prendere rapidamente delle iniziative per recuperare i prodotti petroliferi che inquinano l’ambiente».

Svetlana Radionova, direttrice del Servizio russo di controllo dello sfruttamento delle risorse naturali  (Rosprirodnadzor),  ha spiegato: «Abbiamo prelevato 25 campioni e stabilito che il tasso massimo autorizzato è stato superato di decine di migliaia di volte nei corsi d’acqua.

Lo spessore massimo dei prodotti petroliferi negli sbarramenti galleggianti raggiunge in totale i 20 centimetri, in totale, circa 20 Km dei corsi d’acqua sono inquinati tra il luogo dell’incidente e le barriere.

L’agenzia stima che circa 6.000 tonnellate di prodotti petroliferi siano sul suolo e circa 15.000 tonnellate di acqua [inquinata] sono penetrate bei corsi d’acqua.

Quasi tutti gli affluenti di questi fiumi sono pieni di prodotti petroliferi».

Gli idrocarburi sono stati trovati soprattutto nel fiume Ambarnaia che fornisce acqua potabile alla città di Norilsk, nel lago Piassino e nel fiume Piassina che sfocia nel Mar di Kara.

Anche il fiume Daldykan, un affluente dell’Ambarnaia è stato fortemente inquinato.

Greenpeace Russia fa notare che «l’incidente avvenuto alla centrale termica di Norilsk è il primo di una tale importanza nell’Artico transpolare».

In effetti, nell’Artico un incidente simile era avvenuto solo nel 1989, quando la petroliera statunitense Exxon Valdez naufragò sulle coste dell’Alaska provocando una grande marea nera.

Nell’area è arrivata un’unità di pronto intervento marittimo di Murmansk che ha partecipato alla bonifica di una cinquantina di maree nere in diverse parti del mondo e sono questi specialisti ad aver piazzato diverse barriere galleggianti sull’Ambarnaia e che hanno limitato l’ulteriore espansione dell’inquinamento.

Il 29 maggio, verso le 9 di mattina, circa 21.000 tonnellate di diesel sono fuoriuscite da un deposito della centrale termica N°3 di Norilsk, destinato all’approvvigionamento continuo della centrale in caso di interruzione dell’alimentazione a gas.  

Secondo il ministero delle situazioni di emergenza,  «la depressurizzazione del deposito si è prodotta in seguito allo scioglimento del permafrost sotto questo impianto, in grado di contenere 30.000 tonnellate di combustibile».

Zinitchev ha spiegato a Putin che «secondo le prime informazioni, il deposito si è depressurizzato in seguito allo sprofondamento dei piedi della fondazione, il carburante si è sversato su una strada poi si è infiammato.

Nello stesso tempo, il carburante ha continuato a fluire nelle acque dei fiumi  Daldykan e Ambarnaia».

Secondo Greenpeace Russia, «il danno ambientale per i corpi idrici nel solo Taimyr può superare i 6 miliardi di rubli, e questo non tiene conto dei danni al suolo e delle emissioni di inquinanti nell’atmosfera».

Vladimir Chuprov, direttore progetti di Greenpeace Russia, fa notare che «secondo il capo di Rosprirodnadzor, 15 mila tonnellate di gasolio sono finite nei fiumi. 

Se applichiamo la metodologia del Ministero delle risorse naturali per la valutazione del danno ambientale ai corpi idrici, il danno potrebbe essere superiore a 6 miliardi di rubli. 

E questo senza tener conto dei fattori emergenti. 

Con l’aiuto delle panne installate è possibile raccogliere solo una piccola parte dell’inquinamento, quindi si può sostenere che quasi tutto il gasolio rimarrà nell’ambiente».

Il gigante minerario Norilsk Nickel, proprietario dell’impresa che gestisce la centrale, ha confermato l’ipotesi dello scioglimento del permafrost sotto il deposito e ha annunciato che circa 4.500 tonnellate di suolo inquinato sono già state portate in un impianto di stoccaggio temporaneo.

La Procura generale della Russia, su richiesta di Putin, ha avviato tre indagini penali per violazione delle norme ambientali e inquinamento delle acque e del suolo.

Ma Greenpeace Russia non è molto fiduciosa: «Data la quantità significativa e la pratica prevalente di evitare di individuare la responsabilità per i grandi sversamenti, esiste il rischio che Norilsk Nickel possa evitare la piena responsabilità finanziaria. 

Abbiamo tutte le ragioni per dirlo. 

Solo nel 2018, la struttura di emergenza era stata ispezionata da Rostekhnadzor. 

Esiste il rischio che il danno ambientale non venga completamente risarcito, poiché in base alla legislazione esistente il risarcimento del danno può includere il costo della bonifica dei prodotti petroliferi, e in questo caso è importante non quante sostanze pericolose rimarranno in natura, ma quanto la compagnia spenderà per la bonifica».

Ivan Blokov, di Greenpeace Russia, conclude: «Vorrei anche ricevere dalle autorità competenti una confutazione delle informazioni che il capo di Rosprirodnadzor ha utilizzato l’aereo di Nornickel. 

Altrimenti, è qualcosa di molto simile al tentativo di influenzare il capo del dipartimento di controllo ambientale del paese in previsione di un’analisi approfondita dell’incidente, che è inevitabile in base alla sua portata. 

Questa è una situazione estremamente dolorosa che richiede chiarezza».

(Articolo pubblicato con questo titolo il 4 giugno 2020 sul sito online “greenreport.it”)

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