Il continente australiano e la regione amazzonica condividono il triste primato di essere le prime regioni al mondo per diversità culturale e linguistica in pericolo di estinzione. E se, da un lato, il dato è un indice della diversità di popoli, etnie e culture indigene che abitano queste terre, dall’altro la minaccia di estinzione e il rischio della perdita ci raccontano una storia di marginalizzazione, di conquista e di annichilimento delle identità culturali indigene. In entrambi i continenti, i popoli nativi hanno subìto il traumatico e violento processo del “contatto” con i coloni occidentali in tempi recenti. In Australia, i primi contatti sono avvenuti nel 1788, con l’arrivo sul continente della flotta inglese. Tuttavia, anche a causa dell’impenetrabilità degli aridi deserti australiani, la fase del primo contatto per i popoli indigeni del continente si è trascinata fino agli anni 80 del secolo scorso, quando un gruppo di aborigeni del clan Pintupi, che abitava la regione compresa tra il deserto di Gibson e il grande deserto sabbioso nell’Australia Nordoccidentale, venne in contatto per la prima volta con la società occidentale. In Amazzonia, si stima che esistano tutt’ora all’incirca un centinaio di gruppi indigeni in isolamento volontario, che non hanno avuto un contatto o che avendo avuto contatti violenti durante l’epoca del caucciù, rifuggono attualmente ogni incontro con il mondo esterno. La maggior parte di questi gruppi si trova in una delle ultime grandi aree di wildnerness tropicale, che costituisce il confine tra Perù e lo stato dell’Acre in Brasile. Questi gruppi si trovano in stato di particolare vulnerabilità a causa degli attacchi dei cercatori d’oro e dei madereiros (i taglialegna illegali che esplorano le foreste alla ricerca di specie arboree dall’alto valore economico, come la Ceiba e il shihuahuaco, nome con cui nell’Amazzonia peruviana ci si riferisce al genere Dipterix). Nel 2017, per esempio, nella riserva indigena Valle […]