Dopo il lockdown è un’altra spesa

 

Dopo gli anni dei mega centri commerciali, uno degli effetti più evidenti della crisi scatenata dal Covid-19 è il ritorno a far la spesa nel negozietto di quartiere, vicino casa.

Se si è trattato di una misura obbligata nei mesi dei divieti di spostamento, ora si sta trasformando in un’abitudine consolidata.

Dal 9 marzo a oggi, sono cambiati anche i consumi e le abitudini alimentari.

Gli italiani hanno reimparato a fare il pane in casa e a cucinare, mentre sono andati al supermercato, almeno nelle prime settimane, essenzialmente per fare scorta di beni a lunga conservazione, di cui hanno fatto incetta specie nelle prime tre settimane di chiusura.

Poi, quando hanno capito che non ci sarebbero stati problemi di approvvigionamento, la corsa all’accaparramento di conserve e scatolame si è placata.

Non tutte queste abitudini andranno completamente perdute.

Ora, nella fase post-lockdown, si fa un po’ meno pane in casa, si consumano meno uova ed è tornato sulle tavole degli italiani il pesce fresco.

Insomma, si riprendono pian piano le vecchie abitudini gastronomiche e si conservano le nuove acquisite durante la permanenza forzosa a casa.

È un’interessante fotografia del cambiamento delle abitudini dei consumatori durante e dopo l’emergenza coronavirus, quella scattata da Coop, che ha tastato il polso dei propri clienti, tracciato un bilancio delle diverse fasi di lockdown e presentato un piano per i prossimi mesi, che si annunciano di grave recessione economica e crisi sociale, con una crescita ancora più marcata delle disuguaglianze.

A maggio, i consumi hanno fatto registrare un aumento del 4 per cento (in linea con quello dei mesi precedenti), distribuito in particolare tra i piccoli negozi (che hanno fatto registrare un aumento del 14 per cento) e quelli di medie dimensioni (+12 per cento), mentre le vendite negli ipermercati hanno fatto registrare un -8 per cento.

In particolare, sono aumentate del 21 per cento le vendite dei prodotti a marchio Coop, anche grazie ai prezzi bloccati per 18 mila prodotti.

Si tratta di una misura che sarà mantenuta fino a fine settembre, per far fronte al calo del potere d’acquisto e per evitare possibili speculazioni.

Nella classifica dei prodotti più venduti, spiccano le farine (+68 per cento) e i lieviti (+70 per cento), seguiti dalle conserve di pomodoro (+21 per cento), dall’olio di oliva (+19 per cento), dalle uova (+18 per cento, ma erano a + 50 per cento in aprile) e da pasta e riso (+8 per cento).

In ripresa pure le vendite di pesce fresco, calate dell’8 per cento durante il lockdown e risalite del 10 per cento a maggio.

Tra i generi non alimentari, sono balzate alle stelle le vendite di creme spalmabili, colorazioni per capelli, termometri, disinfettanti e, comprensibilmente, mascherine, anche grazie al rifornimento garantito fin dai primi giorni dell’emergenza da una filiale di Hong Kong.

Sostanzialmente, la rete Coop non ha finora particolarmente sofferto le restrizioni dovute al coronavirus.

I consumatori si sono però spostati dagli ipermercati ai piccoli e medi punti vendita, e si pensa che questa tendenza a tornare al negozio di prossimità rimarrà pure in futuro.

È uno dei cambiamenti più evidenti nel comportamento degli italiani, dopo il boom degli ipermercati e dei megastore all’americana.

«Dalle aspettative dei consumatori e dei clienti Coop per il prossimo futuro emergono chiaramente: la domanda di sicurezza; la paura della povertà e le attese di convenienza; l’attenzione verso l’italianità» nonché verso «ambiente, etica e benessere», si legge nel dossier.

«La fase economica è piena di incognite.

Quale sarà sui consumi l’impatto del rallentamento economico che il Paese ha subito e subirà è un nodo rilevante.

Per i valori che la cooperazione incarna, assumendosi anche un rischio, Coop ha scelto di non aspettare e di mandare subito un messaggio alle famiglie e ai produttori.

Così facendo agiamo sia a monte (verso i fornitori), che a valle (verso i consumatori) per garantire la stabilità dei prezzi e delle remunerazioni dei diversi attori della filiera», spiega l’amministratrice delegata di Coop Italia Maura Latini.

«Non spetta solo al Governo sostenere l’economia del Paese, ma anche alle imprese più importanti, che hanno una grande responsabilità nel difendere le famiglie e le tante piccole e medie imprese a loro collegate», aggiunge il presidente Marco Pedroni.

Coop ha deciso di investire 50 milioni, che si aggiungono agli altrettanti spesi durante la crisi, per fronteggiare l’impatto economico del calo del potere d’acquisto.

Per il 2020, è previsto un calo, in generale, del 7,5 per cento dei consumi, sostanzialmente in linea con il previsto crollo del Pil.

(Articolo di Angelo Mastrandrea, pubblicato con questo titolo  l’11 giugno 2020 su “L’Extraterrestre” allegato al quotidiano “il manifesto” di pari data)

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