Lo scandalo del centro storico di Roma, sito Unesco, privo di tutela

 

Il  Centro storico di Roma conserva questo nome come sito UNESCO,  che così lo ha  inserito nel suo Patrimonio mondiale. In realtà nell’attuale Piano Regolatore di Roma viene classificato come “Città storica” insieme alle altre “Città storiche” della Capitale quelle dei preziosi Villini novecenteschi ora continuamente demoliti o stravolti da demolizioni interne come sta avvenendo con la Villa Paolina nonostante si fosse ottenuto faticosamente il vincolo. 

Come Sito UNESCO e contemporaneamente “Città storica” si estende entro le Mura Aureliane comprendendo anche l’area di Caracalla.

Nel primo Piano paesistico della Regione Lazio (PTPR) del 2007 (solo adottato dalla Giunta) benché graficamente perimetrato veniva escluso dalla normativa di tutela che era stata prescritta per gli altri Centri storici del Lazio. Infatti con l’art. 43 comma 15 si rimandava la sua tutela al Piano di Gestione previsto come Sito Unesco.

Già da allora Italia Nostra Roma denunciò al MIBACT, alla Regione e al Comune l’assurdità e gravità di tale decisione in quanto è ben noto che il Piano di Gestione Unesco non ha questo potere, formula solo linee guida.

Purtroppo  il recente ricorso alla Corte Costituzionale del Governo, sollecitato dal MIBACT, per sospendere il PTPR del Lazio privo di importanti tutele di legge non fa riferimento alla esigenza  della immediata tutela del Centro storico, sia come sito UNESCO che come appartenente alla “Città storica” insieme a tutte le altre “Citta’ storiche” della Capitale. 

Rimane solo una generica volontà di elaborare delle norme particolari da concordare col Comune, tale volontà era presente già nel 2015 nel verbale steso per la co-progettazione  tra MIBACT e Regione come prescritto dal Codice dei Beni Culturali,  ma da allora non è stato concordato nulla e non risulta neanche l’esistenza di avere iniziato un iter.

Oggi la sentenza del TAR che si pronuncia sul progetto della struttura “drive in “ di McDonald’s a Caracalla dà ragione al Direttore Generale del MIBACT che è intervenuto a sospenderlo ritenendolo un atto dovuto. 

Alcune parti della sentenza sono pesanti appunti a quanto avvenuto in tutti questi anni  e a Italia Nostra Roma basta segnalarne una in particolare: È evidente che l’obbligo sancito dal legislatore statale all’art. 146 del Codice – e ribadito dal legislatore regionale all’art. 25 della LR n. 24/1998 – di sottoporre i progetti di lavori comportanti l’alterazione dello stato dei luoghi di una località protetta alla valutazione di conformità e compatibilità della competente Soprintendenza, a salvaguardia di beni tutelati dall’art. 9 della Costituzione, ritenuti dal Ministero dei Beni Culturali di interesse assolutamente eccezionale tanto da sollecitarne l’inserimento nella lista UNESCO e da quest’ultimo dichiarati “Patrimonio Comune dell’Umanità” ai sensi della Convenzione firmata a Parigi il 10 novembre 1972 e ratificata con legge 6 aprile 1977, n. 184 (da cui scaturiscono impegni per lo Stato di appartenenza di assicurare la salvaguardia del bene dichiarato tale, come sopra ricordato), non è suscettibile di essere arbitrariamente derogato dallo strumento pianificatorio, previsto dall’art. 135 che può solo dare concreta attuazione a quelle previsioni poste da fonte di rango primario e non disattenderle.”

La sentenza di fatto sollecita in particolare la Regione Lazio ha intervenire subito ad apporre la tutela paesistica dovuta dal 2007 ma, a parere di Italia Nostra Roma è tempo che intervenga con ancora più urgenza il MIBACT a imporre la tutela negata e purtroppo anche oggi non ancora apposta.

(Comunicato Stampa di Italia Nostra del 6 giugno 2020)

 

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