Quanto vale la natura? Un nuovo parametro supera il Pil calcolando i benefici

 

Pil o non Pil, questo è il dilemma.

Scienziati ed economisti dell’Università di Stanford non hanno dubbi: il modo con cui misuriamo il benessere economico è “assolutamente fallace“.

O quantomeno imperfetto.

Il principale parametro usato oggi per descrivere il grado di prosperità economica è il Prodotto interno lordo (Pil), all’anglosassone Gross Domestic Product (Gdp).

Tuttavia, la grandezza macroeconomica regina delle statistiche, onnipresente negli editoriali e proverbiale nel discorso pubblico ha mostrato limiti fin da quando Adam Smith ne tratteggiò il concetto nella celebre ‘La Ricchezza delle Nazioni’.

Il più importante?

Non include gli apporti di natura ed ambiente al benessere economico della comunità.

Gli studiosi del Natural Capital Project di Stanford hanno sviluppato un nuovo parametro che ovvierebbe alla mancanza: il Gross Ecosystem Product.

Uno studio appena pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences ne descrive una prima proficua sperimentazione in Cina.

È possibile dare un valore economico alla natura?

Grande assente nell’equazione che calcola il Pil è l’ambiente”, spiega Gretchen Daily, professoressa di Scienze Ambientali a Stanford, tra i principali autori dell’analisi.

Il Gross Ecosystem Porduct(Gep), che potremmo tradurre ‘Prodotto Lordo dell’Ecosistema’, tiene conto del vitale contributo che la natura porta allo sviluppo della società.

In concreto, il Gep è definito come il valore d’uso totale diretto e indiretto dei prodotti e servizi che originano dall’ecosistema.

Un parametro che, una volta implementato su vasta scala, permetterà di individuare investimenti sostenibili e valutare l’operato di governi e istituzioni in campo ambientale.

Negli ultimi 50 anni il Pil globale è cresciuto del 370%, tuttavia – sottolinea Stephen Polasky, economista ambientale e coautore dello studio – insieme ad una crescente prosperità economica stiamo assistendo ad una degradazione del capitale naturale che minaccia il benessere dell’umanità“.

L’equazione che calcola il Gep ha natura analoga a quella del Pil, ma considera un enorme numero di dati ambientali relativi al Paese in oggetto, che insieme restituiscono un valore economico dei suoi ‘asset ecologici’, come foreste, terreni fertili, pulizia dell’aria e biodiversità.

Il caso della provincia cinese di Qinghai

Il team di ricercatori guidato da Zhiyun Ouyang, direttore del Centro di Ricerca Ambientale dell’Accademia delle Scienze di Cina, primo a teorizzare il concetto di Gep, ha scelto la provincia cinese di Qinghai come campo di prova per a sua applicazione.

La zona sorge sull’altopiano del Tibet, ha una altitudine media di 3000 metri ed ospita le sorgenti dei fiumi Mekong, Yangtze e del Fiume Giallo.

Nota come “la torre d’acqua dell’Asia”, a caratterizzarla è però anche una bassa densità di popolazione ed un PIL nominale pro-capite 10 volte inferiore a quello di Pechino.

Qinghai è ricchissima in capitale naturale, ma il Pil da solo non riesce a rilevarne il benessere”, osserva Ouyang.

Tramite il Gep è stato possibile dare valore ai servizi offerti dal suo ecosistema, come garantire acqua dolce a gran parte della Cina ed altri Paesi del Sud-Est asiatico”.

Il ragionamento è semplice e si basa sul concetto di “eco-compensazione”.

Qinghai genera capitale naturale che ‘esporta’ alle comunità a valle – aree urbane densamente popolate, ricche in Pil e povere in Gep.

Esse quindi compensano, secondo il controvalore quantificato con il Gep.

In sostanza, le province che beneficiano dei frutti dell’ecosistema di Qinghai, pagano per la sua salvaguardia.

Questo meccanismo è in grado di ridurre la povertà ed allo stesso tempo mantiene florido l’ecosistema che genera prosperità economica”, si legge nello studio.

In futuro il GEP accanto al PIL in macroeconomia

La natura è l’infrastruttura più importante che abbiamo e dobbiamo conservarla.

Per farlo, secondo Riccardo Valentini, professore di Ecologia all’Università degli Studi della Tuscia e membro del board dell’Ipcc, “sarà necessario superare il concetto classico di economia del Pil”.

E il Gross Ecosystem Product potrebbe essere una chiave.

Per Valentini, a cui Repubblica ha chiesto un parere sul lavoro, è assai rilevante che il parametro sia stato implementato per la prima volta proprio in Cina, “a testimonianza dell’interesse della superpotenza a passare da un’economia fossile non sostenibile, ad un approccio più attento al valore dell’ecosistema”.

L’obiettivo ora è applicare il Gep su vasta scala, dopo il successo cinese.

I ricercatori stanno infatti lavorando con la Commissione statistica delle Nazioni Unite per standardizzarlo come parametro statistico globale.

Anni fa la valutazione economica dei servizi dell’ecosistema era poco rigorosa e marginale – nota Valentini – ora grazie anche ad analisi come questa, economisti e decisori politici stanno cominciando a prenderla seriamente in considerazione”.

Il cambiamento climatico sta cambiando il mondo: il Pil da solo non basta più a descriverlo.

Misura tutto in breve, eccetto ciò che rende degna la vita”, così lo descriveva Bob Kennedy, durante il celebre Gdp speech all’Università del Kansas nel 1968.

Natura ed ambiente già allora erano percepiti come grandi assenti.

A più di mezzo secolo di distanza, con il Pianeta sottosopra, è forse arrivato il momento di dar loro valore.

(Articolo di Matteo Grittani, pubblicato con questo titolo il 22 giugno 2020 sul sito online del quotidiano “la Repubblica”)

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