Progetto eolico offshore di Rimini, c’è chi dice (e ribadisce) sì!

 

Un sì ‘senza se e senza ma’ al progetto di eolico in mare al largo di Rimini.

Lo ha ribadito Legambiente – mentre altre associazioni ambientaliste come noto lo contestano – con tanto di flash mob e dibattito in occasione della tappa in Emilia Romagna della Goletta Verde 2020.

Perché dire sì all’eolico, vuol dire “smantellare le piattaforme petrolifere nell’Adriatico”.

In Italia – ricorda Legambiente –, l’energia pulita cresce ancora troppo lentamente rispetto a quanto si potrebbe e si dovrebbe fare per rispettare gli impegni nella lotta ai cambiamenti climatici: di questo passo, gli obiettivi fissati al 2030 dal Piano energia e clima (Pniec) verrebbero raggiungi con 20 anni di ritardo.

La richiesta presentata dagli sviluppatori del progetto off-shore a largo di Rimini (per 330 MW di potenza) alle autorità competenti (richiesta per una concessione trentennale di uno specchio acqueo all’interno di un’area marina di 114 km² nel Mare Adriatico, nel tratto antistante i comuni di Rimini, Riccione, Misano Adriatico e Cattolica) è secondo Legambiente una proposta che può rappresentare un elemento importante per il settore energetico del territorio e nella riconversione del settore estrattivo, considerata la crisi del settore oil and gas e in vista dell’ormai necessario programma di decommissioning delle piattaforme estrattive inattive (esiste già un piano che prevede lo smantellamento e la messa in sicurezza ambientale nel breve periodo – 2020-2025 – di 22 relitti industriali, pericolosi per l’ambiente e la navigazione, e di altri 12 nel medio periodo).

Oggi non esistono ragioni tecniche o economiche per rinviare ancora queste scelte e disegnare uno scenario di rilancio ambientale ed economico ambizioso per il nostro Paese – dichiara il presidente di Legambiente Stefano Ciafani -. Non è neanche un problema di risorse per gli investimenti perché lo sviluppo delle fonti rinnovabili consente di ridurre fortemente le importazioni di gas e carbone, mentre il prezzo degli investimenti nell’eolico, così come nel solare, scendono anno dopo anno.

Tutto dipende dalla volontà politica del governo, dalla burocrazia e dalle preoccupazioni territoriali.

Le risorse dell’Innovation Fund – ha proseguito il presidente di Legambiente – devono essere destinate a sostenere l’efficienza energetica e le rinnovabili per accelerare la transizione verso un’Europa libera da fonti fossili e con zero emissioni nette entro il 2040, per contribuire così a contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1.5°C in coerenza con l’Accordo di Parigi.

Il denaro dei contribuenti europei deve servire per tradurre in realtà il Green Deal Europeo, non può essere sprecato finanziando progetti, come la cattura e il sequestro del carbonio, che guardano al passato e rendono più acuta l’emergenza climatica”.

Diversi soggetti stanno valutando ipotesi di eolico off-shore nell’Alto Adriatico – aggiunge Lorenzo Frattini, presidente di Legambiente Emilia-Romagna – Occorre che la politica e il dibattito locale colgano questa opportunità per il clima, inserendola in un progetto territoriale per l’economia: da una parte il settore turistico romagnolo, da sempre connotato come innovativo, potrebbe proporsi come distretto CO2 free; dall’altra l’eolico potrebbe dare nuove prospettive a un settore dell’oil and gas in crisi, i cui addetti oggi sono ormai un terzo di quelli degli anni 90”.

I dati sull’eolico in Italia raccontano, purtroppo, che il nostro impegno è largamente insufficiente.

Il Piano d’azione nazionale (Pan) individuava nel 2010 in attuazione della Direttiva 2009/28/CE un obiettivo di installazioni al 2020 pari a circa 12.680 MW di cui 12.000 MW on-shore e 680 MW off-shore.

Siamo a due mila MW in meno sulla terra ferma e il target per l’off shore è totalmente mancato.

La media di installazioni di impianti eolici all’anno, dal 2015 a oggi, è di appena 390 MW.

Nel 2019 le installazioni sono leggermente cresciute con 400 nuovi MW (meno 118 MW rispetto al 2018), arrivando a 10,7 GW di potenza complessiva.

Numeri assolutamente inadeguati per raggiungere gli obiettivi fissati al 2030 dal Piano energia e clima, e che presto dovranno essere rivisti con l’innalzamento dei target previsti a livello europeo.

L’Italia, a differenza di altri paesi europei, dovrà infatti impegnarsi a installare almeno 1 GW di potenza eolica l’anno con impianti a terra e in mare, e in parallelo realizzare investimenti diffusi per ridurre drasticamente consumi energetici e emissioni di CO2 in tutti i settori produttivi.

Uno studio di Anev stima il potenziale dell’eolico off shore italiano in almeno 950 MW, di cui almeno 650 MW tra le coste dell’Abruzzo e della Puglia e altri 300 MW tra Sardegna e Sicilia, senza considerare l’eolico galleggiante che consentirebbe di portare il potenziale a ben altri numeri.

Complessivamente, le tecnologie pulite hanno prodotto nel 2019 circa 114 TWh di energia elettrica e circa 10.661 ktep (dato al 2018) di energia termica, arrivando a coprire il 36% dei consumi elettrici e 19% dei consumi dei consumi complessivi.

A dimostrazione che la strada dell’eolico è ampiamente percorribile, basta guardare quello che succede nel mondo dove questa tecnologia continua a crescere a tassi rilevanti.

La Cina è il Paese con i maggiori investimenti nel settore, con 25,8 GW realizzati e una potenza complessiva di oltre 210 GW, mentre in Europa i paesi con più installazioni sono stati nel 2019 Germania e Francia, rispettivamente con 1.979 MW e 1.360 MW, ben lontani dai 400 MW dell’Italia.

(Articolo pubblicato con questo titolo il 20 luglio 2020 sul sito on line “greenreport.it”)

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