Altissimi livelli di microplastiche nel Tamigi. Il grosso problema delle salviette umidificate

 

Nuovi studi separati che i biologi Alex McGoran, Katharine Rowley e Katherine McCoy, tutti della Royal Holloway – University of London, hanno svolto in collaborazione con ricercatori del Natural History Museum (NHM) e della Zoological Society of London (ZSL), rivelano che «le microplastiche, sono presenti in grandi quantità in tutta la zona di marea del Tamigi e vengono ingerite dalla fauna selvatica».

Le fibre provenienti dagli scarichi delle lavatrici e delle acque reflue, vengono ingerite dalla fauna selvatica, ma frammenti più grandi prodotti dalla degradazione di plastica, come gli articoli da imballaggio, sono più abbondanti nell’acqua.

Salviette umidificate flushable sono state trovate in grande abbondanza sulla costa alla foce del Tamigi, dove formando enormi ammassi.

Alla Royal Holloway  sottolineano: «anche se l’inquinamento da metalli è ora in declino, la contaminazione da plastica del Tamigi è un problema importante».

La ricerca di McGoran (Royal Holloway e NHM), dalla Fishmongers’ Company Charitable Trust, riporta come due specie di granchio che vivono nell’estuario del Tamigi, il granchio di riva autoctono e il granchio cinese del guanto invasivo, stanno ingerendo microplastiche.

«In totale – d spiegano i ricercatori – sono stati esaminati 135 granchi e sono stati rimossi dai loro corpi 874 pezzi e grovigli di plastica, principalmente sotto forma di fibre.

Spesso queste fibre formano grovigli comprendenti fino a 100 pezzi di plastica e riempiono lo stomaco di molti granchi, il che potrebbe ridurre la loro voglia di mangiare e lasciare gli animali con meno energia per la crescita e la riproduzione».

La microplastica è stata trovata aggrovigliata nello stomaco di circa il 95% dei granchi cinesi del guanto.

Anche se in questi piccoli grovigli erano predominati le fibre, si è scoperto che contenevano altri frammenti di microplastiche provenienti da assorbenti, palloncini, elastici e sacchetti.

McGoran  commenta: «Solitamente, ‘ingestione di microplastica è bassa in molte specie, ad eccezione di alcuni gruppi, come gli uccelli marini.

Dopo aver portato questi granchi nei laboratori del Natural History Museum, è stato scioccante scoprire che erano pieni di plastica. I grovigli di plastica erano particolarmente diffusi nel granchio cinese invasivo e ancora non comprendiamo appieno quale sia il motivo».

Altri due studi sull’inquinamento del Tamigi da parte della plastica sono stati intrapresi dalla Rowley (Royal Holloway, NHM e ZSL) che si è concentrata sulla quantificazione delle microplastiche nella colonna d’acqua del Tamigi, registrando molte forme di microplastica, vanno dalle microsfere ai frammenti di plastica.

Questo studio ha scoperto che il 93,5% delle microplastiche presenti nella colonna d’acqua sono probabilmente formate dalla frammentazione di oggetti di plastica più grandi, con gli imballaggi alimentari, considerati una fonte significativa per queste materie plastiche.

Lo studio della Rowley  ha trovato alti livelli di microplastiche nel Tamigi, stimando che durante il picco delle maree, in alcune aree del Tamigi defluiscano  94 mila frammenti di microplastiche. Questo studio evidenzia «la gravità della contaminazione da microplastica nel Tamigi e la grave necessità di ridurre l’input di plastica nell’ambiente d’acqua dolce».

La Rowley, ha sottolineato che «il nostro studio fornisce dati di base per la contaminazione da microplastica nella colonna d’acqua del Tamigi.

A livello globale, rispetto alle stime pubblicate della contaminazione da microplastica in ambienti marini e d’acqua dolce, il Tamigi contiene livelli molto elevati di questo inquinante, e rappresenta potenzialmente un importante contributo per il Mare del Nord.

Con le potenziali minacce dell’inquinamento da plastica per la salute umana e l’ecosistema, è di grande importanza che l’input della plastica in ambienti marini e d’acqua dolce venga ridotto».

Il Tamigi ha una maggiore quantità di microplastiche rispetto ai livelli registrati nel Reno in Germania, nel Danubio in Romania, nel Po in Italia e nel Chicago negli Usa, i livelli sembrano da contaminazione da microplastiche sembrano inferiori solo a quelli dello Yangzte in Cina.

Altri scienziati britannici  avevano precedentemente testato sedimenti fluviali in 40 siti nella Greater Manchester e avevano trovato «microplastiche ovunque».

Lo studio della McCoy (Royal Holloway e NHM), realizzato in collaborazione con l’Ong Thames21 che si occupa di ripulire i fiumi, ha esaminato le salviette umidificate umidificate “flushable” e “non-flushable” come fonte di inquinamento da plastica nel Tamigi e degli impatti ambientali che hanno sulle vongole asiatiche invasive.

Ne è venuto fuori che le salviette umidificate che – in un Paese dove l’utilizzo del bidè è scarso – si trovano in gran numero negli effluenti fognari vengono depositate in grandi quantità sulla battigia sulla riva sud, appena a monte di Hammersmith Bridge, creando enormi barriere di rifiuti.

Questo studio ha dimostrato che «l’elevata densità di salviette umidificate è associata a un basso numero di popolazioni di vongole e viceversa».

Si è scoperto che le vongole che vivono vicino agli scarichi contengono polimeri sintetici, alcuni dei quali potrebbero aver avuto origine dagli ammassi di salviette umidificate da altri inquinanti come gli articoli sanitari.

La McCoy, ha commentato: «Questa ricerca mette in evidenza l’impatto sul nostro ambiente dello smaltimento improprio dei rifiuti, in particolare  lo scarico delle salviette umidificate.

Questi prodotti sono vengono spesso descritti flushable, ma sono noti per bloccare i tubi di scarico contribuendo a creare fatbergs e ora abbiamo visto che causano perturbazioni ambientali sulle coste del fiume Tamigi. Il nostro studio dimostra che sono necessarie norme più severe per l’etichettatura e lo smaltimento di questi prodotti.

C’è un grande margine per approfondire ulteriormente gli impatti delle microplastiche e delle microfibre sugli organismi del Tamigi».

Secondo Dave Morritt del Dipartimento di scienze biologiche della Royal Holloway,  «Questi studi hanno messo insieme quanti tipi diversi di plastica, dalle microplastiche nell’acqua agli oggetti più grandi, ai detriti che alterano fisicamente il litorale, possono potenzialmente influenzare una vasta gamma di organismi nel Tamigi.

L’aumento, durante l’attuale pandemia di Covid-19,  dell’utilizzo di oggetti di plastica monouso e lo smaltimento inappropriato di tali oggetti, tra cui maschere e guanti, insieme a prodotti per la pulizia contenenti plastica, potrebbero esacerbare questo problema. Thames Water ha recentemente segnalato un aumento delle ostruzioni dei sistemi fognari legate  alla pulizia con salviette umide e quando verranno abolite le restrizioni del Covid-19 per il lavoro sul campo, sarebbe interessante scoprire la prevalenza di questi prodotti nel Tamigi.

Non dobbiamo dimenticare che, sebbene questi studi illustrino il problema su scala locale, l’inquinamento da plastica è una questione globale».

Anna Cucknell, Project Manager ZSL per il Tamigi, ha ricordato che «l’inquinamento da plastica è devastante per gli ecosistemi acquatici e sono rimasta scioccata dalla densità che abbiamo trovato. Il nostro studio ha dimostrato che la maggior parte delle microplastiche nel Tamigi sono create da elementi di plastica più grandi che si rompono ed è per questo che la campagna di #OneLess, guidata da ZSL e dai suoi partner, sta lavorando per ridurre le bottiglie d’acqua di plastica monouso a Londra.

Ad oggi ha eliminato 4,4 milioni di bottiglie d’acqua di plastica monouso dalle catene di approvvigionamento di Londra e ne ha rimosse 114.000 dal Tamigi.

Grazie a decenni di conservazione, due specie di foche e più di 100 specie di pesci, tra cui squali, cavallucci marini e l’anguilla europea a rischio critico, perorano la casa dell’estuario del Tamigi. Non dobbiamo lasciare che l’inquinamento da plastica minacci la loro sopravvivenza».

Paul Clark, del Dipartimento di scienze della vita del NHM ha concluso: «Sono nato a Londra e da bambino ricordo il Tamigi come un fiume fortemente inquinato che ha portato al declino delle sue popolazioni ittiche.

Quando il governo ordinò la pulizia del bacino il fiume tornò in vita.

Quel che i nostri studenti hanno dimostrato in questa collaborazione è che anche se il Tamigi è certamente più pulito per quanto riguarda alcuni inquinanti chimici, ad esempio i metalli pesanti, il fiume è gravemente inquinato da plastica.

E, ancora una volta, la nostra fauna selvatica è minacciata».

(Articolo pubblicato con questo titolo il 21 luglio 2020 sul sito online “greenreport.it”)

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