Ambiente al centro, verso la Roma che vogliamo. il manifesto di Legambiente per costruire un’idea di futuro della Capitale

 

Dopo il primo appuntamento dello scorso 25 giugno, torna il percorso di Legambiente Ambiente al centro, verso la Roma che vogliamo, l’associazione ambientalista pubblica il “Manifesto per costruire un’idea di Futuro della Capitale” sul quale c’è stata subito una grande adesione.

Con il manifesto e l’elenco dei primi firmatari Legambiente lancia il prossimo appuntamento, tematico sulla mobilità sostenibile, che si terrà con modalità che verranno in seguito comunicate, il 16 settembre, primo giorno della Settimana Europea della Mobilità Sostenibile.

All’incontro parteciperanno associazioni, comitati, esperti, stakeholders della rete del Trasporto Pubblico Locale e della mobilità sostenibile romana.   

Ecco il testo integrale del Manifesto di Legambiente:

AMBIENTE AL CENTRO VERSO LA ROMA CHE VOGLIAMO  

Il Manifesto di Legambiente per costruire un’idea di Futuro nella Capitale

A Roma la chiave ambientale è il fulcro imprescindibile per una trasformazione positiva di ogni dinamica e luogo, la caratteristica principale che deve avere chi aspira al Campidoglio, la pietra angolare nella costruzione di una visione strategica sul futuro della capitale; l’unica strada possibile per restituire alla città la sua magica bellezza, accorciare le distanze tra i quartieri, le periferie, le persone, far tornare a fiorire il suo incanto immortale e disegnare l’idea di una città a misura di uomo e di bambino.

Per questo Legambiente vuole contribuire con una mobilitazione continua su Roma, fatta di un tavolo di lavoro permanete, con incontri, idee e scenari, progetti e sogni di cambiamento e sviluppo ecosostenibile; perché c’è bisogno di cancellare i disastri amministrativi che si sono avvicendati quasi senza soluzione di continuità, di riparare agli errori e ai danni da essi provocati, di dare un ruolo nuovo al Campidoglio, ai Municipi, alla Città Metropolitana intera, di restituire un’agibilità democratica cittadina, minata da atti attraverso i quali, associazioni di attivismo culturale e del terzo settore sono state mandate via dagli spazi pubblici.

L’emergenza sanitaria ha fermato il tempo, l’ambiente sia la scintilla dalla quale ripartire e sulla quale chi andrà a governare dovrà costruire il futuro di Roma.

Il 2021, sarà perciò un anno cruciale dopo il Covid, con un voto amministrativo e con, alle spalle, un secolo e mezzo da Capitale.

150 anni iniziati con i muraglioni del Tevere e solcati da uno sviluppo urbanistico tale da far esplodere dimensioni e contraddizioni, grandi errori funzionali e amministrativi ma anche progetti di recupero strutturale e sociale per periferie ed ex borgate; errori come lo smantellamento di una rete tranviaria che nel 1930 correva per 140 km e oggi solo 36, e scelte vincenti come quelle di metà anni novanta, quando le ferrovie regionali furono trasformate nella rete di treni metropolitani con decine e decine di nuove stazioni, quando prese corpo la costruzione di una nuova rete culturale diffusa con la nascita di luoghi straordinari come il MAXXI, il Teatro di Tor Bella Monaca, l’Auditorium o la Città dell’Altra Economia, quando si inventarono le domeniche ecologiche o quando si istituirono i parchi regionali, dando vita a quelle magnifiche contro-conurbazioni verdi, polmone immenso della capitale.

Si è poi arrivati agli ultimi anni durante i quali sembra non essere avvenuto niente di determinante in positivo, e quando nessuna opportunità sembra sia stata realmente colta.

Basti pensare al GRAB, progetto di rigenerazione urbana pronto, finanziato, pluripremiato e mai realizzato per chiara scelta dell’amministrazione; assurdo ancor di più se si pensa alla corsa di queste settimane nel disegnare strisce ciclabili utili in funzione di distanziamento sociale.

Il GRAB va fatto e deve nascere la più bella ciclovia del mondo.

E basti pensare alla sacrosanta chiusura di Malagrotta del 2013, dopo 38 anni di vita della discarica più grande d’Europa doveva essere l’occasione per far nascere un ciclo sano dei rifiuti, invece si è visto il peggio del peggio: il recente ritorno dei cassonetti dove c’era il porta a porta e lo stop all’aumento della differenziata, nulla di buono nella riduzione e al posto dei proclami Rifiuti Zero la capitale sprofondata all’Anno Zero dei Rifiuti; differenziata piantata al 45%, sporcizia sempre in strada e un milione di tonnellate annue per discariche o termovalorizzatori.

Elemento peggiore poi, la totale e perdurante mancanza di impianti romani per la gestione del ciclo che ha creato, da un lato disastri e tensioni in ogni angolo del Lazio con lo spauracchio di progetti per ricevere i rifiuti romani, dall’altro l’alibi dietro il quale l’amministrazione si nasconde mentre lascia le strade in condizioni inverosimili, sdoganando l’opzione della monnezza a invadere piazze, aree verdi o treni, per mancanza di idee su come gestirla.

Sui rifiuti è in campo l’idea di Legambiente con una visione realistica, ecosostenibile, e con radici ben salde su numeri, certezze scientifiche, modernità di una nuova impiantistica necessaria per entrare nel futuro che immaginiamo.

Porta a porta ovunque e via i cassonetti, tariffa puntuale, politiche di riuso, riduzione dei rifiuti e raddoppio delle isole ecologiche, ridisegno totale di AMA e trasformazione in bioplastica di ogni prodotto monouso, realizzazione di almeno 10 impianti a biometano con dimensioni medio-piccole per la biodigestione anaerobica dell’organico raccolto, e in grado di recepire complessivamente oltre 700mila tonnellate annue della frazione, fino al 40% dei rifiuti prodotti oggi, individuando le aree idonee con i cittadini, in una distribuzione equa e con il recupero di edilizia abbandonata.

Il saldo zero del consumo di suolo deve essere infatti garantito, nella capitale più verde d’Europa dove, parchi e natura possono e devono essere sempre più considerati valore aggiunto nelle sfide contro i mutamenti climatici, per la resilienza e l’adattamento al clima che cambia.

Il verde e il capitale naturale, boschi urbani, sistemi agro-forestali, fiumi, aree di esondazione, coste, dune, devono essere il centro di una nuova idea di vivibilità, anche nel rispetto del distanziamento sociale oggi necessario, e a Roma ci sono 14 parchi urbani della rete di RomaNatura, l’area marina protetta delle Secche di Tor Paterno; il Parco dell’Appia Antica; le ville storiche, l’agro romano, il Tevere, l’Aniene e il reticolo fluviale secondario, ma anche gli oltre 20 chilometri di costa, gran parte nella Riserva Statale Litorale Romano.

Tutto ciò fa di Roma il comune costiero più grande del Continente, quello più verde e più agricolo: ingredienti che possono essere volàno di un nuovo sviluppo, con turismo responsabile, occupazione nelle Green economy e crescita della rete di economie solidali.

Roma rinasce se si da un nuovo impulso al suo capitale naturale, considerandolo luogo per ricucire i tessuti urbanistici e sociali sfilacciati di periferie distanti tra loro solo apparentemente, luogo di una fruibilità bella e democratica, responsabile e capace di diminuire le disuguaglianze tra i cittadini, luogo dove la parte sana della cittadinanza, in questi decenni di abbandono e nonostante tutto, ha organizzato un impagabile volontariato attivo per migliorare i quartieri dove vive.

Roma rinasce con formazione, educazione ambientale e scuole all’aperto, conoscenza e ricerca ma anche con la rigenerazione dei suoi oltre mille edifici scolastici e rinasce se si sostengo le aziende agro-silvo-pastorali che nella multifunzionalità gestiscono i propri terreni, se si riqualificano e rinaturalizzano le sponde fluviali facendo i fiumi accessibili e fruibili, se si abbatte il Lungomuro restituendo alla città il suo mare.

E nel verde, lungo i fiumi o attraverso le aziende agricole, si può immaginare una mobilità nuova, grazie alla quale, in bici o a piedi e in sicurezza, gli spostamenti quotidiani possano avere spazio, con una rete che colleghi i parchi, i quartieri e le persone.

Mobilità sostenibile è un’idea che si schianta contro il muro dell’insostenibile immobilità del trasporto pubblico e dell’immobilità nel traffico di quasi 3 milioni di auto private.

Due linee e mezza di metropolitane con 73 stazioni e 59,4 km, solo 6 tram, 3 ferrovie urbane (Roma Lido, Roma Nord e Termini Centocelle) tra le peggiori d’Italia e le 8 Ferrovie Laziali nei tratti metropolitani.

Limitazione del traffico veicolare privato e rilancio del mezzo pubblico collettivo, ripartendo con la cura del ferro ferma da venti anni, questi gli assi per la trasformazione.

O le auto o le persone!

Bisogna aprire cantieri per prolungare le metropolitane esistenti, avviare la costruzione di quelle nuove, chiudere l’anello ferroviario e realizzare il progetto Metrovia; e poi stendere nuovi binari tranviari e corsie preferenziali in ogni strada, ammodernare il trasporto pubblico collettivo scardinando l’irrazionale dominio di quello automobilistico privato, togliere spazio alle macchine e restituirlo alle persone.

Corsie per ciclisti e micromobilità elettrica, sicurezza per i pedoni, car e bike sharing, chiusura più ampia e determinata del centro per le vetture private, pedonalizzazione dell’Appia Antica e di una strada in ogni quartiere, zone 30 e zone 20, marciapiedi da ampliare o realizzazione dove non ci sono: tutto ciò deve far immaginare un futuro con aria salubre, energie da fonti rinnovabili e una città più “raggiungibile”, connessa con le sue periferie e capace di affascinare non solo per il passato ma anche per una sua ritrovata modernità.

Questi elementi costruiscono una prospettiva di città all’avanguardia nella lotta contro la crisi climatica e dove si potrà abbattere la produzione di gas climalteranti, grazie alla sinergia tra storia, ambiente e innovazione, in una visione d’insieme che negli ultimi anni è mancata, più di tutto, su come Roma dovrà trasformarsi.

Il Campidoglio dovrà scegliere di portare avanti progetti alti e lungimiranti, ben più seri ed importanti di uno stadio con quartiere annesso, riprendendo il filo di quelle trasformazioni ambientali positive che ci sono state: come quella del 30 dicembre 1980 quando il sindaco Petroselli tolse le auto tra Colosseo e Arco di Costantino, creando la prima isola pedonale d’Italia.

Decisiva sarà la ripresa del Progetto Fori che iniziava allora, proseguiva con le domeniche ecologiche e veniva suffragato dalle firme raccolte da Legambiente, a sostegno di una delibera per la pedonalizzazione approvata dall’Aula.

Nessun progetto è in grado di cambiare volto e percezione della città eterna nel Mondo come quello per liberare il Colosseo dalle auto, togliendole dall’intera Piazza, Via di San Gregorio e Via dei Fori, e permettendo una meravigliosa invasione di pedoni e ciclisti, di turisti e romani, migliorando radicalmente l’emblema fisico della capitale, mostrandola con un’immagine nuova, bella, sana e vivibile, con l’ambiente al centro.

I Primi Firmatari del Manifesto di Legambiente per costruire un’idea di Futuro nella Capitale:

Stefano CIAFANI, Presidente nazionale di Legambiente

Roberto SCACCHI, Presidente di Legambiente Lazio

Cristiana AVENALI, Responsabile Piccoli Comuni e Contratti di Fiume della Regione Lazio

Francesca DANESE, Portavoce Forum regionale del Terzo Settore

Monica Di SISTO, Vicepresidente di Fairwatch

Milvo FERRARA, Borgo Urbano dell’Agricoltura

Maurizio GUBBIOTTI, Presidente di RomaNatura

Tommaso MACINA, Presidente Beer Park Festival Roma

Paola MICHELOZZI, Dipartimento Epidemiologico del Lazio

Rossella MURONI, Deputata Vicepresidente Commissione Ambiente della Camera

Ermete REALACCI, Presidente Fondazione Symbola

Claudio ROSI, Segretario generale della Scuola di Servizio Civico

Guendalina SALIMEI, Professoressa di progettazione architettonica Università “La Sapienza” e fondatrice del Studio

Maria Grazia SGRICCIA, Presidente Parsec Agri Cultura

Ginevra ZOLLI, DemoS Sapienza associazione universitaria

Per aderire al Manifesto inviare email a posta@legambientelazio.it o SMS/Wathsapp al 3335687925

(Articolo pubblicato con questo titolo l’11 agosto 2020 sul sito online “greenreport.it”)

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