Il camoscio appenninico è salvo, ma non per molto. Entro il 2070 la sua popolazione potrebbe subire una forte diminuzione a causa dei cambiamenti climatici, stano a quanto denuncia uno studio pluridecennale (“Climatic changes and the fate of mountain herbivores”) pubblicato su Climatic Change e condotto da Sandro Lovari, Sara Franceschi, Lorenzo Fattorini, Niccolò Fattorini e Francesco Ferretti dell’Università di Siena e da Gianpasquale Chiatante dell’Università di Pavia nell’habitat storico della specie, il Parco nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise. I prossimi 50 anni vedono dunque un rischio di estinzione anche per l’animale che negli anni 90 l’ha scampata grazie al progetto di ripopolamento e di tutela condotto nell’Appennino centrale. “Le montagne sono habitat fortemente stagionali che richiedono adattamenti speciali per gli animali selvatici che vi abitano – spiegano i ricercatori dell’Università di Siena – La dinamica della popolazione degli erbivori di montagna è in gran parte determinata dalla disponibilità di ricche risorse alimentari per sostenere l’allattamento e lo svezzamento durante l’estate“. L’aumento della temperatura, infatti, “influisce sulla stagionalità e sulla locale qualità nutrizionale delle piante: le specie vegetali adattate a un persistente manto nevoso e che attualmente vivono a quote inferiori sono destinate a spostarsi verso quote più alte, ove queste siano disponibili“. Sulla base di quanto avvenuto nel corso degli ultimi decenni, dall’inizio del cambio climatico a oggi, il team di ricercatori suggerisce cosa potrà avvenire alle popolazioni di ungulati di montagna sulla base di quanto i cambiamenti climatici avranno alterato la distribuzione e la qualità della vegetazione di alta quota. Dagli anni Settanta l’aumento delle temperature primaverili (ben 2°C) nell’area di studio, nel cuore dell’areale storico del camoscio nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, ha anticipato di quasi un mese l’inizio della stagione vegetativa nelle praterie d’altitudine più basse, comprese tra 1700 e 2000 metri, e fortemente ridotto la vegetazione pascolabile dal camoscio, influenzando negativamente la sopravvivenza invernale dei piccoli. Inoltre, […]