«Ho ritrovato la politica a tavola con Francesco»

 

Carlo Petrini durante una presentazione di Terra madre © LaPresse

Dice ridendo Carlo Petrini che, dopo papa Francesco, lo ha chiamato un altro Francesco che di cognome fa Guccini e di mestiere il cantautore e pure lo scrittore.

«Mi ha detto Carlìn, l’avresti mai detto che io e te avremmo fatto questa fine?»

L’uno a conversare con Bergoglio, più profondamente di quanto il tono apparentemente leggero dei dialoghi appena pubblicati in Terra futura (Giunti editore -Slow Food) faccia sembrare, l’altro a frequentare cardinali.

In altri tempi, non sarebbe stato pensabile. Invece, accade che il fondatore di Slow Food, figlio di un socialista che fondò il partito comunista a Bra, nel cuneese, si trovi oggi a definire l’enciclica Laudato sì come «uno straordinario documento politico» e a sostenere l’idea di «ecologia integrale» che questa ha delineato.

In nome delle comuni radici piemontesi, Petrini, o di cos’altro?

Alla fine di uno dei dialoghi, papa Francesco ha affermato: mi è sembrato di essere a tavola.

Dove, lui ricorda, la nonna italiana gli preparava la bagna cauda ed era espertissima nel fare a mano i cappelletti.

Fino a 500-600 al giorno, preparati con grande velocità e particolare maestria.

A tavola torna il Piemonte.

Di sicuro siamo accomunati dalle radici, ma al di là di questo io ho letto nelle sue parole sulle origini una profonda riflessione sulla questione dei migranti.

Lui ricorda quando andava a vedere i film del neorealismo italiano, a partire da quelli di Vittorio de Sica, o quando la madre lo portava all’opera e gliela spiegava.

È il processo formativo di un bambino figlio di migranti ed è in fondo quello che avviene in tutti i processi migratori, dove le tradizioni dei paesi di provenienza si mescolano a quelle dei luoghi di arrivo.

Tutto ciò parla dell’immigrazione di oggi.

Alla fine, vi siete trovati a parlare di tutto.

Non poteva che essere così, quando ti trovi di fronte una persona che cerca il dialogo.

Non si poteva pretendere che io diventassi un teologo e lui un gastronomo, però ci siamo intesi.

Non solo.

La pensate allo stesso modo sui temi dell’ecologia.

Sono d’accordo con lui nel ritenere che la Laudato sì non sia un’enciclica ecologista. Interpretarla in questo modo è un errore madornale.

La corretta lettura è che essa ha portato nell’ecologia le questioni sociali, in particolare l’attenzione per i più deboli. Questo non era nel dna di gran parte degli ecologisti.

Il papa durante il terzo incontro con i movimento popolari nel 2016, foto LaPresse

Così come l’attenzione per le tematiche ambientali non lo era per la Chiesa cattolica.

È vero, su queste questioni i vertici vaticani sono sempre stati defilati. Bergoglio spiega che anche lui la pensava allo stesso modo.

Mi ha ricordato che, quando era vescovo a Buenos Aires e incontrava i vescovi dell’Amazzonia brasiliana, pensava: ma questi cosa stanno dicendo?

Non se ne può più di questa storia delle foreste e dei fiumi.

Poi si è convertito.

A me la cosa che piace di più è che afferma serenamente di aver cambiato idea.

Papa Francesco introduce il concetto di «ecologia integrale».

Cosa vuol dire, in poche parole?

Che tutto è connesso.

L’idea che se fai male alla Terra fai male a te stesso, e soprattutto ai più poveri, è rivoluzionaria.

Com’è stata accolta, a suo parere, nel mondo cui appartiene, quello dell’associazionismo laico, ecologista e tendenzialmente di sinistra?

Il mondo laico non l’ha capito, ha pensato che si trattasse di un documento del magistero cattolico, invece si tratta di uno straordinario documento politico.

D’altronde, il papa stesso ha ammesso che non l’ha scritta tutta lui, ma vi hanno contribuito molte teste forti dell’ambientalismo tedesco.

Una particolare attenzione è dedicata al tema della biodiversità.

Certo, ma va intesa come biodiversità non solo ambientale, ma culturale.

Ad esempio, c’è un cambio di modalità radicale rispetto alle culture indigene, con l’idea che la Chiesa debba interagire con una spiritualità millenaria, la stessa che ha da sempre tentato di sopprimere.

È una cosa che se qualcuno l’avesse proposta cinquant’anni fa lo avrebbero preso per matto.

Si tratta di un cambio di impostazione a trecentosessanta gradi.

Non da ultimo, c’è l’ambiente.

Sì, pensiamo a come questa enciclica spiega le radici della pandemia da Covid-19, sostenendo che esse vanno cercate nei disastri ambientali che stiamo provocando, con la perdita di biodiversità sia nel mondo vegetale che in quello animale.

Il concetto di ecologia integrale è molto efficace nello spiegare tutto ciò.

Lei e papa Francesco avete un’altra idea in comune: quella che le buone pratiche individuali, anche i piccoli gesti, possano contribuire a salvare il mondo.

Molti invece pensano che sia troppo poco, o che si tratti di un modo per ripulirsi la coscienza senza aggredire alla radice i problemi strutturali della società in cui viviamo.

Insomma, si sostiene che non è diventando consumatori verdi che si cambia il mondo.

Io invece le ritengo uno degli elementi della politica, che appartiene alla grande tradizione del movimento operaio e della sinistra italiana.

Le cooperative degli inizi del Novecento avevano questa dimensione etica.

Mio nonno, socialista e poi fondatore del Partito comunista a Bra, fondò una cooperativa di questo tipo.

Lo stesso si può dire dei più recenti movimenti ambientalisti.

Pensa ai ragazzi dei Fridays for future, per loro non esiste denuncia senza coinvolgimento.

Questi giovani alla Greta Thunberg consumano in un certo modo, sono attenti a come si spostano, ripuliscono i boschi, cercano di avere uno stile di vita ecocompatibile.

Sono comportamenti che possono sembrare marginali, ma non è così.

Papa Francesco sostiene che nessuno può portare avanti delle idee se non le mette in pratica nel suo vissuto personale.

Se non lo fa, non è credibile.

Carlo Petrini, foto LaPresse

È stato invitato al sinodo dei vescovi amazzonici.

Come l’ha trovato, da laico?

Di un livello politico tale che da tempo non vedo nella mia sinistra.

Può fare qualche esempio?

Ho ascoltato più di un vescovo denunciare il comportamento delle multinazionali in America Latina, lo sfruttamento delle terre e l’uccisione degli indigeni.

Il tutto con argomentazioni di alto livello, che non sentivo da tempo.

Sembrerebbe l’impostazione della vecchia sinistra terzomondista o dei movimento nati alla fine del millennio, quelli di Seattle e del G8 di Genova, per intenderci, al quale parteciparono diversi movimenti cattolici di base.

Solo che all’epoca questi non erano ascoltati dai vertici della chiesa.

Oggi invece le questioni che questi ponevano entrano nell’agenda ufficiale vaticana e nel dibattito politico.

A me farebbe piacere far capire al mondo laico che è importante guardare a questa riflessione che si sta realizzando nel mondo cattolico grazie a questo pontefice.

Un dialogo costruttivo con chi non è come te possa aiutarci a risolvere le grandi sfide che abbiamo di fronte, sia ambientali che sociali. Credo sia questa la lezione più importante di papa Francesco.

Leggi il libro Terra, casa, lavoro di papa Francesco, in vendita sullo store de il manifesto

 (Intervista di Angelo Mastrandrea, pubblicato con questo titolo il 10 settembre 2020 su “L’Extraterrestre” allegato al quotidiano “il manifesto” di pari data)

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