La tutela della biodiversità ha impedito l’estinzione di almeno 28 specie di uccelli e mammiferi

 

Lo studio “How many bird and mammal extinctions has recent conservation action prevented?”, pubblicato su  Conservation Letters da un folto team ingternazionale di ricercatori, è proprio una boccata di ossigeno in un mare di notizie negative per l’ambiente e la biodiversità.

Infatti ha stimato il numero di specie di uccelli e mammiferi che sarebbero scomparse per sempre senza il lavoro fatto dagli ambientalisti negli ultimi decenni. 

Tra queste specie salvate ci sono anche il pappagallo amazzone di Portorico (Amazona vittata), il cavallo di Przewalski (Equus ferus), il cinghiale nano (Porcula salvania), lo Scricciolo formichiero d’Alagoas (Myrmotherula snowi), la lince iberica (Lynx pardinus) e il cavaliere nero (Himantopus novaezelandiae).

I ricercatori hanno scoperto che dal 1993 è stata prevenuta l’estinzione di  21 – 32 specie di uccelli e 7 -16 di mammiferi, «con gli intervalli che riflettono l’incertezza inerente alla stima di ciò che potrebbe essere accaduto in circostanze ipotetiche».  

Lo studio ha evidenziato anche quali sono  le azioni più frequenti per prevenire l’estinzione di queste specie di uccelli e mammiferi: «21 specie di uccelli hanno beneficiato del controllo delle specie invasive – spiegano all’università di Newcastle che ha guidato lo studio –  20 della conservazione in zoo e collezioni e 19 della protezione del sito. 14 specie di mammiferi hanno beneficiato della legislazione e 9 della reintroduzione e della conservazione delle specie negli zoo e nelle collezioni.»

Il team di ricerca, Guidato da Rike Bolam e da Phil McGowan, della School of Natural and Environmental Sciences della Newcastle University, e dal Stuart Butchart, Chief Scientist di BirdLife International, che ha coinvolto, tra gli altri, Marco Angelico dell’Università La Sapienza di Roma, ha identificato le specie di uccelli e mammiferi che erano elencate come minacciate nella Lista rossa dell’International union for the conservation of nature.

Per stimare la probabilità che ciascuna specie si sarebbe estinta senza intervento, sono state raccolte informazioni da 137 esperti informazioni sulla dimensione della popolazione, tendenze, minacce e azioni attuate per gli uccelli e i mammiferi più minacciati. 

I risultati dimostrano che «Senza azioni di conservazione, i tassi di estinzione sarebbero stati circa 3 – 4 volte maggiori.

Alla Newcastle University fanno l’esempio dell’amazzone di Portorico, un piccolo pappagallo endemico del territorio Usa dei Caraibi e la cui popolazione, una volta abbondante, nel 1975 era scesa al livello più basso, con soli 13 individui erano rimasti allo stato selvatico. 

Dal 2006, sono state effettuate reintroduzioni della specie nel Rio Abajo State Park a Puerto Rico. 

Nel 2017, gli uragani hanno spazzato via la popolazione originaria, lasciando solo la popolazione reintrodotta a Rio Abajo. Senza le iniziative  di reintroduzione, questi pappagalli si sarebbero estinti in natura.

Altre specie sopravvivono solo in cattività, ma c’è speranza che vengano reintrodotte in natura. 

Il cavallo di Przewalski si estinse in natura negli anni ’60, negli anni ’90 sono iniziati i lavori di reintroduzione e nel 1996 è nato il primo puledro allo stato selvatico. 

Ora nelle steppe della Mongolia galoppano più di 760 cavalli di Przewalski. 

I ricercatori evidenziano che «questo fa sperare che altre specie che ora si trovano solo negli zoo, nelle collezioni o, per le piante ,nei giardini botanici e nelle banche dei semi, in futuro vengano restituite con successo allo stato selvatico».

Tuttavia, alcune specie comprese nello studio, come la Vaquita (Phocoena sinus), il cetaceo più piccolo e raro del mondo, sono ancora in rapido declino.

E anche se le iniziative di conservazione possono aver rallentato con successo il declino di specie che sembravano destinate a scomparire, i ricercatori avvertono che «senza risorse, azioni e volontà politica sostanzialmente maggiori, potrebbe non essere possibile prevenire l’estinzione nel prossimo futuro».

Bolam, ha sottolineato che «è incoraggiante che alcune delle specie che abbiamo studiato si siano riprese molto bene. 

Le nostre analisi forniscono quindi un messaggio sorprendentemente positivo, che la conservazione ha sostanzialmente ridotto i tassi di estinzione per uccelli e mammiferi. 

Anche se nello stesso periodo di tempo si sono verificate estinzioni, il nostro lavoro dimostra che è possibile prevenire le estinzioni».

McGowan, che guida una task force dell’IUCN Species Survival Commission, che fornisce un contributo scientifico ai negoziati in corso alla Convention on biological diversity (Cbd) per una nuova serie di impegni intergovernativi sulla biodiversità, aggiunge: «Anche se questo è un barlume di speranza – che se agiamo possiamo prevenire la perdita irreversibile degli ultimi individui di una specie – non dobbiamo dimenticare che nello stesso periodo 15 specie di uccelli e mammiferi si sono estinte o si sospetta fortemente che si siano estinte.

Di solito sentiamo brutte storie sulla crisi della biodiversità e non c’è dubbio che stiamo affrontando una perdita di biodiversità senza precedenti a causa dell’attività umana. 

La perdita di intere specie può essere fermata se c’è sufficiente volontà di farlo. 

Questo è un invito all’azione: mostrare la portata del problema e cosa possiamo ottenere se agiamo ora per sostenere la conservazione e prevenire l’estinzione».

I risultati sono molto rilevanti per la Cbd Onu, entrata in vigore proprio nel 1993 e per l’attuazione degli “Obiettivi di biodiversità di Aichi”, adottati nel 2010, che impegnavano i Paesi ad affrontare la perdita di biodiversità. 

Il 15 settembre la Cbd presenterà il suo “Global Biodiversity Outlook” e tutti sanno che dirà che la maggior parte degli obiettivi di Aichi non è stata raggiunta. 

Lo studio fornisce un test quantitativo dell’obiettivo 12, che puntava a prevenire l’estinzione di specie minacciate conosciute entro il 2020, e ha rilevato che «in questo periodo di tempo sono state prevenute 11 – 25 estinzioni di specie di uccelli e mammiferi e che i tassi di estinzione sarebbero stati 3 – 4 volte superiore senza azione».

Attualmente, sono in corso negoziati per definire un nuovo quadro per affrontare la perdita di biodiversità entro il 2030.

Butchart conclude: «Questi risultati dimostrano che, nonostante il mancato raggiungimento degli obiettivi per la conservazione della natura fissati dalle Nazioni Unite dieci anni fa, è stato ottenuto un successo significativo nella prevenzione delle estinzioni. 

Questo dovrebbe incoraggiare i governi a riaffermare il loro impegno a fermare le estinzioni e recuperare le popolazioni di specie minacciate nel quadro globale della biodiversità post-2020 attualmente in fase di negoziazione. 

Un tale impegno è sia realizzabile che essenziale per sostenere un pianeta sano».

(Articolo pubblicato con questo titolo l’11 settembre 2020 sul sito online “greenreport.it”)

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