L’economia delle finestre rotte e del PIL non serve per il mondo post Covid-19

 

Oggi è stato inviato ai presidenti della Commissione europea e del parlamento europeo, ai primi ministri degli Stati membri dell’Ue, ai presidenti di Usa e Russia e ai primi ministri degli altri Stati Ocse un appello sottoscritto da quasi 100 economisti di diversi Paesi del mondo che chiedono che la crisi generata dalla pandemia di Covid-19 sia l’occasione per riorientare l’economia.

Per i 100 economisti «è sempre più urgente abbandonare un sistema fondato sulla produzione di beni che diventano in fretta rifiuti per andare verso un’economia a basse emissioni e che metta meno a rischio l’umanità.

Soprattutto oggi è possibile un cambio di rotta per uscire dalla fallacia della finestra rotta (Bastiat 1850) e sostenere con efficacia i bisogni e il benessere.

Occorre ristrutturare l’economia e uscire dall’ossessione del PIL come unico indicatore cui guardare.

Gli economisti sanno bene che il PIL nasconde gravi inefficienze nell’allocazione del lavoro e delle risorse: che lo dicano!».

L’appello è stato promosso da Tommaso Luzzati, Tiziano Di Stefano e Simone D’Alessandro del Dipartimento di economia e management dell’università di Pisa.

Ha raccolto l’adesione, come primi firmatari, di personalità di spicco a livello mondiale in tema di sviluppo sostenibile tra cui Tim Jackson, direttore del Centre for the Understanding of Sustainable Prosperity dell’Università del Surrey.

Ecco il testo della lettera – appello:

Un appello ai politici: chiedete agli economisti di dire la verità

Economisti, governi e media si concentrano sul PIL per misurare le conseguenze economiche della pandemia di Covid-19. 

Le politiche di ripresa mirano principalmente a sostenere la domanda e sostenere la struttura produttiva esistente. 

Allo stesso tempo, almeno da 100 anni, la teoria economica ha dimostrato che i mercati non regolamentati producono una quantità eccessiva di alcuni beni e non abbastanza di altri, rispetto a ciò che vorremmo avere. 

Le ragioni di tutto questo sono nella società competitiva che normalizza lo spostamento dei costi sugli altri per realizzare profitti (le cosiddette “esternalità” negative).

Come è ben noto agli economisti, ci sono molte buone ragioni per criticare l’uso del PIL al di là del suo dominio tecnico economico. 

Tuttavia, il presente appello vuole ricordare agli economisti e ai responsabili politici che,  anche da un approccio economico standard e tradizionale, guardare al PIL può nascondere gravi allocazioni errate di posti di lavoro e altri fattori di produzione.

Lo stesso livello di PIL può essere associato a livelli di benessere molto diversi.

Ad esempio, le automobili causano incidenti stradali, inquinamento atmosferico urbano e gas serra, ma piuttosto che affrontare le cause profonde di questi problemi attraverso modalità di trasporto alternative o nuove modalità di lavoro, le risorse vengono destinate a risolvere i problemi in seguito. 

Sarebbe più economico trattare le cause degli incidenti automobilistici in modo che possano essere evitati, invece di stanziare denaro per curare le persone coinvolte negli incidenti e per riparare le auto. 

Il lock-down ci ha insegnato che il lavoro a distanza è possibile, comportando meno tempo e denaro spesi per il pendolarismo, meno incidenti stradali e minore inquinamento. 

Questo è uno dei tanti esempi che rivelano che viviamo in un’economia delle “finestre rotte”, nella quale rompere le finestre ha senso dal punto di vista economico perché porta a più riparazioni di finestre. 

Il PIL si nutre della cattiva allocazione delle risorse, dello spostamento dei costi sociali e dei danni che ne derivano.

Il potenziale di ristrutturazione a seguito della pandemia di Covid-19 offre a ogni Paese un’opportunità unica per promuovere la riallocazione di posti di lavoro da attività economiche inutili e dannose verso attività di valore. 

Ogni persona può ora immaginare molti esempi di come possa avvenire tale ristrutturazione e ogni comunità ha la possibilità di riflettere sulla trasformazione più adatta. 

Possiamo passare a un’economia che produce meno rifiuti e utilizza meno sostanze tossiche, impiega più persone in lavori dignitosi che promuovono la sostenibilità locale, con settimane lavorative più brevi, che è più resiliente e ha più spazio per l’etica, la giustizia e l’equità.

Il principio guida generale per qualsiasi politica economica, come sottolineato da Ecological Economics and Industrial Ecology,  dovrebbe essere quello di ridurre al minimo i flussi di materia dell’economia (inclusa l’energia). 

Aumentare la velocità con cui i materiali estratti diventano rifiuti aumenta il PIL ma degrada il nostro ambiente, influendo negativamente sul nostro benessere e felicità e costringendoci a lavorare molto più del necessario per ottenere lo stesso livello di servizi.

Chiediamo ai governi e alle istituzioni di riorientare le nostre economie per allontanarle da un modello basato sulla produzione di beni che diventano rapidamente spazzatura.

Abbiamo urgentemente bisogno di un’economia meno pericolosa e low-carbon che sostenga in modo efficiente ed efficace i bisogni e il benessere umano.

Gli economisti dovrebbero seguire la propria logica e chiedere di trasformare l’economia per migliorare il benessere e compiere progressi verso la sostenibilità.

(Articolo pubblicato con questo titolo il 18 settembre 2020 sul sito online “greenreport.it”)

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