Discariche, il recepimento italiano della direttiva Ue tra «errori e refusi»

 

Appena varato e già da rifare: appare davvero paradossale la vicenda che vede protagonista il decreto legislativo 121/2020 che, recependo la direttiva UE 850/2018, ha assemblato in un’unica norma le disposizioni in materia di discariche contenute precedentemente in due decreti (D.lgs. 36/2003 e DM 27 settembre 2010).

Entrato in vigore il 29 settembre, il decreto è stato infatti passato al vaglio da Assoambiente – l’Associazione nazionale delle imprese di igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali ed attività di bonifica – che lancia oggi l’allarme: «Nella riscrittura del testo nuove disposizioni, non coordinate tra loro, e diversi refusi (tra cui il riferimento errato alla tabella 5a) mettono ora a serio rischio il proseguimento del conferimento dei rifiuti in discarica soprattutto per i rifiuti urbani e per i rifiuti non pericolosi».

«In particolare – spiegano le imprese di settore – nelle disposizioni relative ai criteri di ammissibilità dei rifiuti nelle discariche per non pericolosi si rimanda a valori limite per l’accesso all’impianto che si riferiscono ad altra tipologia di rifiuti: invece di richiamare la tabella 5 si fa riferimento alla tabella 5a che interessa invece i rifiuti pericolosi stabili e non reattivi.

L’errato richiamo alla tabella 5a non prevede peraltro le deroghe (contenute nella tabella 5) per il  parametro DOC (carbonio organico disciolto), già previsto nel DM 27 settembre 2010».

Che fare, dunque?

Al fine di «evitare importanti criticità nello smaltimento in discarica dei rifiuti che attualmente non trovano altri sbocchi», Assoambiente chiede «un urgente intervento da parte del ministero dell’Ambiente sul nuovo decreto, sia a livello normativo (con la correzione di alcuni refusi e di disposizioni non coordinate tra loro), sia a livello di indirizzo verso le Regioni al fine di definire eventuali ordinanze volte a superare le criticità evidenziate».

Di certo non si tratta di una buona partenza, soprattutto alla luce delle stringenti necessità in termini di investimenti e politica industriale che necessita l’economia circolare italiana, messe in luce proprio da Assoambiente e dal laboratorio Ref ricerche nei giorni scorsi: non solo nel nostro Paese continua ad aumentare la produzione di rifiuti mentre dimuiscono gli impianti per gestirla, ma normative confuse e contraddittorie continuano a pesare sul regolare funzionamento di quelli (sempre meno) già esistenti e autorizzati ad operare.

A tutto vantaggio dell’illegalità.

(Articolo di Luca Aterini, pubblicato con questo titolo il 1 ottobre 2020 sul sito online “greenreport.it”)

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