In Polonia il carbone finisce in tribunale

 

In un periodo storico in cui il diritto di respirare abbraccia significati più ampi, da Black Lives Matter alle condizioni che favoriscono l’insorgere di pandemie, le parole di un giudice del tribunale di Lodz, Polonia, pesano come un macigno: «Siamo tutti testimoni dei danni causati dal cambiamento climatico.

Respiriamo tutti la stessa aria».

NEL SETTEMBRE 2019, l’organizzazione ClientEarth ha mosso una causa legale nei confronti della centrale a carbone di Belchatow.

L’impianto è di proprietà di Pge, la più importante società energetica polacca, controllata dallo Stato, ed è assicurata dal colosso italiano Generali.

La causa si fonda su un utilizzo innovativo del codice civile polacco, con la possibilità di ispirare simili strategie legali anche in altri paesi.

Considerando l’ambiente come un bene comune da tutelare, la società civile ha la possibilità di proteggerlo finanche nelle aule dei tribunali.

La richiesta del team di legali di ClientEarth è quella di spegnere 11 delle 12 unità di Belchatow entro il 2030, e quella rimanente entro il 2035.

RICONOSCENDO GLI IMPATTI devastanti sull’ambiente e sulla salute delle persone derivanti dalla crisi climatica in corso, il giudice ha invitato le parti a trovare un accordo entro tre mesi dal suo pronunciamento.

La replica di Pge non si è fatta attendere.

Ha difeso a spada tratta il suo operato per ridurre le emissioni di Belchatow e delle altre centrali a carbone, all’interno di un processo che dovrebbe trasformare completamente la sua produzione di energia entro il 2050.

Tuttavia non manca la puntualizzazione sull’utilizzo del gas fossile durante la fase di transizione, nel solco di altre società energetiche europee, che riconoscono la crisi climatica solo a parole.

Insomma, non sarà facile per ClientEarth strappare un accordo favorevole al clima, con la possibilità che fra tre mesi si torni in tribunale.

CONTROLLATA DALLO STATO, PGE non è altro che la cartina di tornasole delle ambizioni del governo polacco in materia di clima.

Di recente, la Polonia ha superato per la prima volta la Germania per elettricità prodotta dal carbone, una quantità superiore alla somma degli altri paesi dell’Unione Europea (escludendo la Germania).

Se ciò non bastasse, il surplus di carbone estratto – cioè quello rimasto inutilizzato e invenduto – è aumentato del 74% rispetto allo scorso anno.

Le cause sono da ricercare innanzitutto nella diminuzione della domanda di energia elettrica, in seguito alle chiusure imposte per contrastare la diffusione della pandemia; in seconda battuta, nelle importazioni di carbone russo, che hanno un costo molto inferiore di quello polacco.

Mettendo per un attimo da parte le considerazioni su ambiente e salute, è chiaro che il settore del carbone non può produrre altro che perdite economiche.

Chiaro a chiunque, tranne che al governo di Jacek Sasin.

PER QUESTE RAGIONI, IL RECENTE aggiornamento della strategia energetica al 2040 lascia non pochi dubbi: il gas fossile per la transizione, il nucleare per il futuro e il carbone che continuerà a far parte del mix energetico, tanto che le miniere saranno chiuse solo nel 2049, in aperto contrasto con quanto richiesto dalla scienza per limitare il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C.

Un aggiornamento che ha tutte le sembianze di uno specchietto per le allodole, volto a fare incetta di fondi europei – compresi quelli del Just Transition Fund – che rischiano di sovvenzionare controllate e altre società del settore del carbone, la cui transizione è un miraggio…a gas.

LA CAUSA MOSSA DA CLIENTEARTH nei confronti di Pge ruota intorno alla pericolosità di Belchatow, in quanto centrale a carbone più inquinante d’Europa.

Già nel 2016, erano attribuibili alle sue emissioni di CO2 489 morti premature e 205 casi di bronchite asmatica, con costi per la salute stimati intorno al miliardo di euro.

Con l’aggravarsi della crisi sociale ed economica legata alla pandemia, in Polonia è a rischio il benessere di migliaia di persone: quelle colpite dall’inquinamento delle centrali e quelle che operano nel settore del carbone, che arranca fino a lasciarle indietro, in un futuro segnato dalla disoccupazione.

GENERALI CONTINUA A SUPPORTARE economicamente Pge e, di conseguenza, l’operatività di Belchatow e il settore del carbone polacco.

Nonostante gli introiti derivanti da questo sodalizio siano una quota infinitesimale del volume di affari complessivo della compagnia, il Leone di Trieste non vuole mollare il suo partner polacco, ritenendosi soddisfatta dei progressi di Pge in materia climatica e ambientale.

Proprio per il carattere economico risicato, il supporto è da leggersi in una cornice più ampia, di natura anche politica.

Dietro la real politik ci sono però comunità che continuano ad ammalarsi e un Pianeta sempre più fragile.

È arrivato il momento per Generali di aprire gli occhi, altrimenti il suo motto «partner di vita» rischia di apparire ingannevole.

* Re:Common

 (Articolo di Simone Ogni, pubblicato con questo titolo  l’8 ottobre 2020 su “L’Extraterrestre” allegato al quotidiano “il manifesto” di pari data)

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