Tutto sulla Pac, la riforma della politica agricola europea che non piace a tutti

 

La Politica agricola comune, detta PAC o CAP, è stata approvata dopo una lunga serie di discussioni il 23 ottobre.

Per la Ue è più “equa e più verde” e andrà a favorire e sostenere gli agricoltori in crisi, mentre per buona parte dei movimenti ambientalisti, come per Greta Thunberg e i giovani di Fridays For Future che la criticano, è una riforma “con poca attenzione all’ambiente, che penalizza la biodiversità, i piccoli agricoltori e non è in linea con il New Green Deal” affermano chiedendo di “ritirarla”.
Scopo della riforma è quello di aumentare la produttività dell’agricoltura, garantire un tenore di vita equo per tutta la popolazione agricola, rendere stabili i mercati e assicurare la sicurezza degli approvvigionamenti, così come garantire prezzi ragionevoli per i consumatori.

Chi critica la riforma, sostiene però che le scelte prese continueranno per esempio a favorire le grandi aziende e gli allevamenti intensivi senza così contribuire a diminuire le emissioni climalteranti.

Cos’è la PAC. 

Nel dettaglio la PAC, 

politica agricola comunitaria, rappresenta il 34,5% del bilancio dell’Unione Europea 2020 (58,12 miliardi di euro) e circa il 70% del bilancio della PAC “sostiene il reddito di 6-7 milioni di aziende agricole in Europa“, precisa l’Ue.

Si tratta dell’insieme di regole che la Ue si è data per regolamentare le politiche agricole e per uno sviluppo equo e stabile di ogni paese europeo: in questi giorni è stata al centro del dibattito politico e si è arrivati all’approvazione della “posizione negoziale” dei ministri dell’Agricoltura al Consiglio di Lussemburgo e al voto del Parlamento europeo, che dopo 2.000 emendamenti ha dato il via libera alla riforma.

Adesso inizierà il “trilogo“, ovvero il il negoziato a tre fra la Commissione, il Consiglio e i rappresentanti del Parlamento europeo per arrivare a un accordo definitivo sul pacchetto (piani strategici nazionali, organizzazione comune di mercato e governance).

La riforma dovrebbe entrare pienamente in vigore dal 2023 e sino al 2027 (in totale sul piatto 357,485 miliardi di euro), dopo due anni di periodo di transizione (2021 e 2020).

Il programma coinvolgerà 9 milioni di agricoltori europei.

I punti della riforma. 

L’Ue spiega che la nuovo PAC si basa su un “maggiore sostegno per chi adotta pratiche rispettose del clima e dell’ambiente” e prevede “più aiuti alle piccole e medie imprese” oltre che “misure ad hoc per sostenere gli agricoltori durante le crisi” e sanzioni più severe per infrazioni ripetute come quelle per esempio su norme ambientali e benessere animali. 

Gli stessi eurodeputati hanno chiesto che almeno il 35% del bilancio sia dedicato a misure per clima e ambiente e che il “30% del bilancio per i pagamenti diretti sarà destinato a regimi ecologici volontari che potrebbero aumentare il reddito degli agricoltori“.

Il Parlamento europeo e il Consiglio accettano inoltre che almeno il 5% della “superficie arabile” dell’Ue sia dedicata al set-aside, ovvero aree incolte e non produttive, libere da pesticidi e fertilizzanti, dove dar vita a piccole oasi di habitat naturali.

La proposta iniziale della Commissione non precisa la percentuale, ma prevede che gli Stati membri definiscono una quota minima della “superficie agricola” e non delle “zone arabili“.

Respinte invece per esempio le proposte per modificare le norme attuali per i nomi dei prodotti con carne a prodotti “contenenti carne” e dunque continueranno ad esistere appellativi come hamburger vegetariani o bistecche di tofu.

Previste inoltre sanzioni più severe nel caso di infrazioni per chi non rispetta benessere degli animali o qualità degli alimenti.

I nodi controversi. 

Nelle misure agro alimentari proposte ci sono diversi punti di disaccordo fra Commissione e Consiglio europeo.

Alcuni di questi riguardano differenti percentuali da dedicare ai fondi per lo sviluppo rurale e ai pagamenti diretti, ma anche agli “eco-schemi“,  oppure il Consiglio non accetta per esempio la proposta della Commissione di rendere obbligatoria con la riforma, per le aziende agricole sovvenzionate, la rotazione delle colture, invece della loro “diversificazione” prevista dalla attuale Pac per rimediare all’impoverimento dei suoli derivante dalle monocolture.

In questo caso la diversificazione comporta l’obbligo di avere almeno tre colture diverse, ciascuna delle quali deve occupare minimo il 5% e massimo il 70% delle zone arabili di una azienda mentre la rotazione comporterebbe invece la sostituzione annuale delle colture nella stessa area.

Poi, ci sono alcune proposte del Parlamento europeo, come l’obbligo di spendere il 60% del totale dei sussidi in pagamenti diretti per il sostegno al reddito degli agricoltori non legati agli obiettivi ambientali o l’eliminazione del divieto di prosciugare le torbiere (fondamentali per lo stoccaggio del carbonio) che hanno sollevato critiche fra gli ambientalisti.

Le critiche degli ambientalisti. 

La riforma, come detto, ha ricevuto diverse critiche soprattutto in chiave ambientale.

Una di queste riguarda per esempio il fatto che la PAC non cambia il parametro in base a cui vengono assegnati i fondi, proporzionale all’estensione in ettari delle aziende.

Questo sistema a “ettaro” secondo gli ambientalisti comporta il fatto che le grandi aziende, anche quelle inquinanti e che contribuiscono a molte emissioni, come per esempio quelle con allevamenti intensivi, possano comunque ricevere fondi a discapito delle piccole e medie aziende, oggi in declino e in crisi.

Diverse critiche sono anche legate al fatto che nella riforma non si tenga conto e non vengano integrate a pieno le strategie e gli obiettivi fissati nel New Green Deal, come quelli relativi alla strategia sul sistema di produzione alimentare (Farm to Fork) e quella per la Biodiversità.

Fra i più critici alla riforma ci sono i ragazzi di Fridays For Future che hanno lanciato l’hashtag e la campagna #WithdrawThisCAP per chiedere ai leader europei di ritirare la nuova PAC.

Le polemiche riguardano soprattutto una mancata svolta nella tutela della biodiversità, della lotta alle emissioni e del sostegno necessario a piccoli agricoltori.

Secondo Greta Thunberg “la nuova Pac alimenta la distruzione ecologica.

Undici mesi dopo che il Parlamento europeo ha dichiarato l’urgenza climatica, lo stesso organismo ha votato il proseguimento di un politica agricola che, riassumendo, finanzia la rovina ecologica con circa 400 miliardi di euro mostrando una volta ancora l’ampiezza del fossato che separa le politiche attuali da ciò che occorrerebbe fare per conformarsi all’Accordo di Parigi“.

Secondo Legambiente, “serviva una profonda e radicale riforma della Pac, e non un compromesso al ribasso.

Si continuerà a finanziare  un modello agricolo che porta  alla perdita di biodiversità, contribuendo alla crisi climatica.

Ci aspettavamo invece una Pac ambiziosa che puntasse alla riduzione delle emissioni e degli impatti, intraprendendo un cambiamento radicale del sistema agricolo e alimentare.

Chiediamo che  vengano incorporate nella PAC e nella sua attuazione italiana, in maniera vincolante le strategie dell’Unione europea Farm to fork e Biodiversità che prevedono entro il 2030 una riduzione del 50% dell’uso dei fitofarmaci e del 20% dei fertilizzanti, oltre ad un taglio del 50% dei consumi di antibiotici per gli allevamenti, il 40% di superfici agricole italiane convertite a biologico e la trasformazione del 10% delle superfici agricole in aree ad alta biodiversità ed habitat naturali” ha dichiarato il presidente di Legambiente Stefano Ciafani.

Infine, anche per Greenpeace  si tratta di “una condanna a morte per le piccole aziende agricole e l’ambiente. Così com’è la proposta della PAC tutela solo gli interessi dei maggiori produttori industriali e dei proprietari terrieri più ricchi.

Miliardi di euro di denaro pubblico spingeranno ulteriormente l’agricoltura verso la catastrofe climatica, a meno che la Commissione europea non cestini questa proposta e ricominci da zero“.

(Articolo di Giacomo Talignani, pubblicato con questo titolo il 3 novembre 2020 sul sito online del quotidiano “la Repubblica”)

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