Se una circolare aggira la legge

 

Le leggi si applicano, non si interpretano.

Accade invece spesso in Italia, che quando una legge piace poco, si ricorra ad una circolare interpretativa per lenirne gli effetti.

E’ il caso della recente circolare a doppia firma del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e del ministro per la Pubblica Amministrazione tesa a fornire chiarimenti interpretativi sugli effetti dell’articolo 10 del decreto-legge 16 luglio 2020, n.76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, anche conosciuto come decreto semplificazioni.

La norma in questione ha introdotto, fra le misure finalizzate alla semplificazione e all’accelerazione delle procedure amministrative per il rilancio delle attività economiche e produttive, numerose modifiche al testo unico dell’edilizia – DPR 6 giugno 2001, n.380 – in particolare sul tema della disciplina delle distanze tra edifici, in caso di demolizione e ricostruzione – articolo 2-bis comma 1-ter – e sulla definizione degli interventi di ristrutturazioni edilizia – articolo 3, comma 1, lettera d) – del medesimo testo unico, con specifico riguardo sempre agli interventi di demolizione e ricostruzione.

Le semplificazioni introdotte determinano una più articolata previsione del nuovo organismo edilizio, che può essere diverso per sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planovolumetriche e tipolgiche, rispetto al preesistente, con eventuali incrementi volumetrici per promuovere interventi di rigenerazione urbana.

Riguardo poi alle distanze tra edifici, l’edificio ricostruito, qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime, può essere riedificato nell’osservanza delle distanze legittimamente preesistenti, anche se in deroga da quelle minime fissate dal DM 1444/68.

Anche in questo caso gli eventuali incrementi volumetrici riconosciuti possono avvenire anche fuori dalla sagoma dell’edificio originario e con il superamento dell’altezza massima, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti.

L’articolo 10 del decreto ha inteso invece introdurre un maggior rigore per ciò che riguarda gli interventi sugli immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio – d.lgs. 42/2004 nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici vigenti, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al DM 1444/68 o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico.

In questo caso gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell’ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatti salvi le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti e rientrano tra gli interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planovolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi volumetrici.

La Circolare interpreta questa volontà del legislatore tentando di attenuarne il maggior rigore.

Innanzitutto obiettando che se tale regime ha senso e valenza per gli edifici vincolati ai sensi del d.lgs. n. 42/2004, altrettanto non può dirsi per gli edifici ubicati nelle zone omogenee A e in zone a queste assimilate dai piani urbanistici comunali, nei centri storici ovvero nelle aree comunque di particolare pregio storico o architettonico, atteso che in questo caso l’equiparazione voluta dal legislatore al regime degli edifici vincolati sarebbe solo tendenziale, essendo peraltro fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici.

E poi interpretando quest’ultima clausola di “salvezza” come validità di eventuali disposizioni di leggi regionali e previsioni di strumenti urbanistici sia generali che attuativi, che consentano interventi di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzioni con limiti meno stringenti di quelli ordinariamente stabiliti dalla norma primaria in esame.

Gli autori della Circolare sembrano ignorare il costante orientamento della giustizia amministrativa, da ultimo richiamato e condiviso dalla Corte Costituzionale (Sentenza n. 31521 del 21/10/2020), secondo cui le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi urbani, laddove rientranti nell’ambito dei Centri Storici, ai sensi del comma 1 e del comma 4, lettera g), dell’articolo 10 del D.lgs. 42/2004, sono qualificabili come beni culturali indipendentemente dall’adozione di una dichiarazione di interesse storico-artistico ai sensi degli articoli 12 e 13 del codice.

Tali beni sono quindi da considerarsi beni culturali ope legis, rispetto ai quali trovano necessaria applicazione le norme di tutela di cui alla parte II del Codice, fino a quando non intervenga una espressa verifica di interesse in senso contrario ex art.12 (TAR Veneto Sez. III n.927 del 8 ottobre 2018; Cons. Stato VI, sent. 5934/2014; Cons. Stato VI, sent. 482/2011; id VI sent. 4010/2013; id. VI, sent. 4497/2013).

Dunque le norme di tutela e conservazione dei beni culturali e paesaggistici trovano applicazione non solo per gli immobili storici direttamente vincolati ma anche per quegli aggregati edilizi le cui caratteristiche tipologiche, morfologiche, costruttive ed architettoniche risultano fortemente connotative di un insediamento urbano storico.

Ed essendo tale legislazione in materia esclusiva competenza dello Stato, le regioni e i comuni possono adottare norme e provvedimenti più restrittivi ma non meno stringenti della legge primaria.

In conclusione, la Circolare, che non vede peraltro alcun coinvolgimento del Mibac, rischia solo di produrre nuovi dubbi ed interpretazioni, solo forieri di possibili contenziosi amministrativi nei quali comuni e regioni rischiano di incorrere, se decidessero di non applicare la norma così come pubblicata in Gazzetta Ufficiale.

(Articolo delle sen. Loredana De Petris e Paola Nugnes, pubblicato con questo titolo il 16 dicembre 2020 sul sito online del quotidiano “il manifesto”)

 

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