A Taranto il laboratorio del «green deal» europeo

 

Aironi, fenicotteri e garzette sfilano sul mare calmo, alcuni cormorani si tuffano in picchiata per pescare piccoli pesci davanti alla rigogliosa foce di un fiume.

Il fruscio dei canneti che costeggiano i corsi d’acqua, i profumi della terra e del mare, gli accesi colori.

Raggiunto il mare aperto, i colori si fanno più intensi e i delfini ti salutano con un salto fuori dall’acqua.

Tanta bellezza ci è donata da una perla del Mediterraneo, da un luogo conosciuto però come uno dei più inquinati d’Italia.

Le ciminiere dell’Ex-Ilva stridono fortemente con l’immagine che oggi Taranto vuole restituire al mondo intero.

La comunità è sempre più orientata a ridisegnare la città e la sua economia, la spinta ecologica che si registra sembra essere il grande volano per il futuro.

Oggi Taranto si candida a diventare un vero e proprio laboratorio per il Green New Deal europeo.

ED E’ PROPRIO IN VISTA DELLA TRANSIZIONE ecologica su cui punta Taranto che sono stati già attivati numerosi processi di innovazione per la valorizzazione del paesaggio, del territorio e della comunità locale.

Esempio ne è il progetto della «Foresta Urbana», firmato dal noto studio di architettura del paesaggio Land, che nascerà proprio nel quartiere più a ridosso del siderurgico, ovvero nel quartiere Tamburi.

Questa «Foresta Urbana» è il primo esempio nel Sud Italia di bonifica ambientale dei suoli attraverso l’azione filtrante delle piante e degli alberi in cui ogni essenza piantumata è stata scelta per la sua capacità di assorbire e «metabolizzare» un singolo agente inquinante attraverso l’azione filtrante delle piante e degli alberi.

Questo processo è fondamentale se si pensa che al quartiere Tamburi la polvere dei minerali ricopre ogni cosa e ai bambini è proibito giocare perché il terreno è contaminato da piombo, Pcb, berillio, mercurio, nichel e cadmio.

Ma il progetto ideato dal sindaco Rinaldo Melucci è molto più ampio e prevede la realizzazione di una «Green Belt», ovvero di una cintura verde che coprirà l’intero perimetro del territorio comunale.

Un piano sistematico di ambientalizzazione, rinaturalizzazione di aree pubbliche ed implementazione del verde che fungerà anche da sistema di attenuazione degli agenti inquinanti e che costituirà una vera e propria «infrastruttura ecologica connettiva», non solo fisica ma anche sociale.

L’obiettivo è aumentare il numero di alberi di almeno un milione di unità in 10 anni e per raggiungerlo è stata avviata una collaborazione con Arbolia, società benefit creata su iniziativa di Snam e Cassa Depositi e Prestiti, che ha l’obiettivo di supportare le amministrazioni nel percorso di decarbonizzazione e che per la prima volta opera nel Sud Italia.

LA «GREEN BELT» E’ UN PROGETTO strategico in linea con il Piano Aree Verdi messo in campo dal Governo all’interno del Cis (Contratto Istituzionale di Sviluppo) che vede la partecipazione di vari stakeholder locali, uniti dall’idea di migliorare la qualità della vita degli abitanti di Taranto e contribuire in maniera concreta alla lotta contro i cambiamenti climatici.

Altri progetti messi in campo dall’attuale Amministrazione Comunale che vedono al centro il «verde pubblico» riguardano l’implementazione e la valorizzazione di aree naturali quali ad esempio l’Eco Palude La Vela, il Parco Mar Grande e Il Parco del Mirto.

Inoltre il quartiere Salinella-Solito entro il 2026, in vista dei Giochi del Mediterraneo, diventerà un quartiere dello Sport immerso nel verde.

IL FERMENTO E LA VOGLIA DI RISCATTO della città, tuttavia, non bastano a risolvere il problema delle emissioni del siderurgico.

Lo Stato, tramite Invitalia, ha firmato un nuovo accordo con il colosso indiano Arcelor Mittal per acquisire il 50% dello stabilimento (per poi prendere la maggioranza dopo il 2022), ma nell’accordo non si fa cenno alla valutazione di impatto sanitario, richiesta da molti anni, in grado di escludere danni per i cittadini e per i lavoratori.

La Regione Puglia e il Comune di Taranto chiedono un accordo di programma per la chiusura dell’area a caldo dell’acciaieria, il riassetto e lo sviluppo di lavorazioni siderurgiche carbon free.

Le associazioni ambientaliste spingono per una linea più dura: «Chiusura di tutte le fonti inquinanti».

I sindacati, invece, chiedono garanzie occupazionali e certezza sui piani ambientali.

«Dopo decenni di violenza contro la terra ionica e il suo mare – dice il sindaco Melucci – stiamo finalmente lavorando, tutti insieme almeno a livello locale, per avvicinarci il più possibile a quella che Papa Francesco ha definito l’ecologia integrale, un perfetto equilibrio con l’ecosistema ed uno stile di vita non orientato al consumo irrazionale o al semplice Pil, irriguardoso degli effetti sulla salute della comunità, perché bisogna cambiare e si può farlo, con la necessaria dose di coraggio ed impegno, non ultimo quello programmatico e finanziario.

Noi resistiamo con una visione di transizione ben precisa e chiediamo che si piantino alberi, che lo stabilimento siderurgico restituisca spazio alla città, che gli esuberi vengano impiegati nelle bonifiche, che i cittadini non debbano più ammalarsi perché l’Italia non ha la forza di sviluppare tecnologie innovative, in grado di modificare il nostro posto nel mondo e le nostre politiche.

Le rivoluzioni epocali non sono mai indolori, ma se non interveniamo oggi quelle trasformazioni le subiremo nel giro di pochi anni.

Taranto lo deve ai suoi figli, a ogni tentativo di imporre ancora ingiurie all’ambiente risponderà ogni volta con la piantumazione di nuove aree».

SI DOVRA’ ATTENDERE IL 2021 per conoscere la decisione del Tar di Lecce sui ricorsi presentati da Arcelor Mittal e Ilva in amministrazione straordinaria contro l’ordinanza n.15 del 27 febbraio 2020 firmata dal sindaco di Taranto con la quale ordinava la fermata degli impianti se non fossero risolti i problemi legati alle emissioni inquinanti.

Intanto l’Associazione genitori tarantini, in una lettera aperta del 14 dicembre, chiede al sindaco e al presidente della Regione Puglia di attivarsi con azioni legali, e ai cittadini di organizzare settimanalmente manifestazioni di protesta per tenere sempre alta l’attenzione.

Dai dati emersi dall’ultimo rapporto «Sentieri», lo studio epidemiologico promosso dal Ministero della Salute, si evince come l’inquinamento e le bonifiche mancate abbiano prodotto, e continuano a produrre, forti eccessi di malformazioni congenite, di ricoveri, di nuovi casi di tumori e di morti precoci.

Ma se da un lato la risoluzione del problema non può essere più rinviata, dall’altro non è chiaro come l’ex-Ilva possa continuare a produrre così come annunciato dal governo.

(Articolo di Gemma Lanzo, pubblicato con questo titolo il 17 dicembre 2020 su “L’Extraterrestre” allegato al quotidiano “il manifesto” di pari data)

******************************

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Vas